giovedì 31 luglio 2014

Pappardelle con fichi d’india.

Fresca, secca, all'uovo o ripiena, la regina incontrastata della gastronomia italiana e' la pasta. Fra i tipi di pasta la parte del leone la fa certamente la pasta secca, che in percentuale ai consumi ne copre una quota pari all'80%. La pasta secca e' fabbricata con semola di grano duro e acqua. Fondamentale e' l'acquisto e l'utilizzo di un prodotto di buona qualità che mantenga bene la cottura e che dia una buona resa. Essendo le paste di semola molto differenti, con colorazioni più o meno pronunciate, assorbimenti dell'acqua e tempi di cottura diversi, bisogna porre molta attenzione all'acquisto, per poter ottenere un buon risultato e' preferibile rivolgersi verso quei prodotti che diano le migliori garanzie di qualità.

Vari formati di pasta.

La parola "pasta" deriva probabilmente da un termine greco che significa "farina mista a liquido"ed è un impresa assai poco immaginabile attribuire a qualcuno la paternità di avere per primo mescolato grano polverizzato ad acqua così da ottenerne un impasto per uso alimentare. È più realistico pensare che i popoli antichi abbiano scoperto ciascuno a modo suo come utilizzare questo cereale, spinti da esigenze ed abitudini diverse. Un dato certo è che la diffusione degli spaghetti in Italia non fu merito di Marco Polo, di ritorno dalla Cina, fatto che ne avrebbe accreditato la paternità ai Cinesi. La pasta secca era già conosciuta in terra italica con certezza molti anni prima del rientro di Marco Polo. Un documento notarile del 1279 descrivendo l'inventario di un'eredità cita "una cestella piena di maccheroni". Doveva trattarsi certamente di pasta "secca". Col termine maccherone, trovato già in uno scritto del Basso Medio Evo, si denominava in quel tempo ogni tipo di pasta, lunga e corta e "maccarones" in Sicilia definiva le paste ripiene che oggi chiamiamo ravioli. È possibile che la pasta seccata sia di origine araba. Danno credito a questa ipotesi i nomi arabi itryia e fad attribuiti ai fili di pasta di forma cilindrica e ai "fidelini". In terre come la Sicilia e la Spagna, che hanno subito la dominazione araba, l'uso dei due termini continua, trasformati in "trii", "fideli" ed in "tria" e "fidear". Impastare la farina di grano con l'acqua ed essiccarla forse fu la soluzione ideale per conservare a lungo questo alimento, altrimenti deperibile durante i lunghi viaggi delle carovane nel deserto. E dalle carovane alle navi, risolto il problema della conservazione, la pasta così trattata si diffuse per i porti del Mediterraneo. Viaggiando a ritroso nel tempo arriviamo in epoca romana, durante la quale la pasta fresca era conosciuta ed apprezzata. Il termine antico lagano, di uso romano è ancora usato nel sud d'Italia per descrivere la "pasta a nastro", laganella o leganaca; altrove conosciuta come lasagna e tagliatella. Ne parla Orazio nelle Satire. 300 anni a. C., Aristofane, sommo commediografo greco, in una descrizione di taglio gastronomico accenna ad una pasta di frumento che ricorda l'attuale raviolo. Un altro passo indietro ci porta tra gli Etruschi del IV secolo a. C. A Cerveteri, sulle colonnette che sostengono gli spioventi del tetto della "Tomba dei rilievi", sono raffigurati i vari utensili da cucina necessari per la preparazione delle lasagne (*).
Dalla metà di agosto iniziano a comparire sui nostri mercati i fichi d’india. I frutti di prima fioritura (agostani) mentre da settembre a dicembre quelli di seconda fioritura chiamati scozzolati o bastardoni.A causa delle minuscole spine sulla buccia e dei tantissimi semi coriacei presenti nella polpa, non incontra il favore di molti.
Ogni anno, in questo periodo, consumo frequentemente questo frutto così al naturale; quest’anno però ho voluto cimentarmi in qualche cosa di diverso e, oltre a questo primo piatto, ho preparato della confettura e, con le bucce dei frutti utilizzati, un ottimo liquore che saranno argomento di prossimi post.
Il fico d’india, per la sua capacità di svilupparsi anche in presenza di poca acqua, si rivela una pianta di enormi potenzialità per l'agricoltura e l'alimentazione dei paesi aridi. Ha un notevole valore nutrizionale essendo ricco di minerali, soprattutto calcio e fosforo, oltreché di vitamina C; avrò modo di parlarle più diffusamente nei prossimi post in lavorazione.

Pappardelle con fichi d’india.

Ingredienti (per 4 persone) 
360 g di pappardelle all’uovo;
6 fichi d’india;
6 filetti di alici sott’olio;
1 bicchierino di Brandy;
1 scalogno;
4-5 cucchiai di olio EVO;
Prezzemolo tritato q.b.
Sale e pepe q.b. 

1 – Preparazione. 
Per prima cosa puliamo i fichi d’india.
Lavare accuratamente i fichi d’india lasciandoli a bagno in una bacinella colma d’acqua per qualche ora e cambiando l’acqua ogni ½ ora.
Scolate i frutti e passateli con della carta assorbente; in questo modo la maggior parte delle minuscole spine presenti nei punti scuri della buccia, dovrebbero essere state eliminate e possiamo maneggiare i frutti con le mani senza pericolo.
Un mio caro amico una volta mi disse che sua madre, quando doveva pulire i fichi d’india, lasciava i frutti a bagno tutta la notte e, il mattino successivo, li spellava tranquillamente con le mani.

Pulire i fichi d'india.

Con l’ausilio di un coltellino affilato, tagliate prima una estremità del frutto (1) e poi l’altra (2) per circa 1 cm di spessore. 
Ora, incidete la pelle del fico d’india con la lama di un coltellino, da un aestremità all’altra ma senza toccare la polpa (3). 
Tenete fermo  il lembo di buccia con la forchetta e staccate il fico d’india dalla sua pelle srotolandolo.
Fate scorrere il fico d’india lungo la sua pelle fino a staccarlo completamente (4).
Ripetete questa operazione per tutti i fichi d’india; degl’ultimi 2, dopo aver tolto i punti scuri, tagliare la buccia a listarelle e tuffatele per alcuni secondi nell’acqua bollente e poi in un padellino con poco olio e fatele dorare; mettetele da parte, eliminando l’olio in eccesso con carta assorbente.


Mettete in una ciottola la polpa dei fichi d’india e con una forchetta schiacciatela, molto bene, sino ad ottenere una purea; a questo punto, passare il tutto in un setaccio a maglie non troppo larghe, aiutandovi con un cucchiaio o una forchetta, per eliminare i semi (5). La stessa operazione la si può effettuare utilizzando un passaverdura; io preferisco il setaccio perché con il passaverdura è possibile che alcuni semini, rompendosi, passano nella polpa setacciata.
Al liquido e polpa così ottenuta, aggiungete un pizzico di sale. 

2 – Cottura. 
In una padella capiente, scaldare l’olio EVO con lo scalogno finemente tritato; appena comincia a dorare aggiungere un paio di cucchiai di acqua e lasciar stufare fino a che non diventa trasparente.
Sciogliere nella padella con l’olio le acciughe tagliate a pezzettini. Scolare la pasta ben al dente, spostarla in padella e aggiungere a piccole dosi la salsa di fichi d’india e il brandy, dando alla pasta il tempo di assorbire i liquidi. Si formerà una leggera crema. 

3 - Presentazione.
Servite decorando ogni piatto con la buccia dei frutti leggermente scottata e una spolverata di prezzemolo tritato.

(*) Informazioni tratte da: N. Romano: “Le ore della pasta” - Ed.Achantus – 1987.



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