domenica 9 novembre 2014

Fette biscottate con orzo.

Con il passare del tempo, coltivando la passione per la cucina, mi sono reso conto che conoscere gli ingredienti che lavoravo per la preparazione di un piatto (storia, provenienza, proprietà, ecc.) era molto importante: un piatto era il risultato di estro e fantasia ma, molto spesso, la necessità di soddisfare un bisogno, colmare una mancanza, di legami con la storia, le tradizioni, ecc.
Questo è il motivo che, da oltre un anno, mi ha portato a mettere nei post che pubblico il risultati di una serie di ricerche sugli ingredienti impiegati, sulla storia del piatto nel tempo e la sua evoluzione, ecc.

Orzo.

L’orzo comune (o orzo coltivato, o semplicemente orzo, per antonomasia) è tra le specie del genere Hordeum, quella economicamente più importante, da cui si ricava l'orzo alimentare da cui dipende una considerevole parte dell'alimentazione mondiale.
L’orzo coltivato deriva dall’orzo selvatico Hordeum spontaneum, con il quale conserva una grande affinità, tanto che alcuni studiosi li considerano un’unica specie in quanto interfertili.
L’area di origine delle forme ancestrali può essere individuata nel Vicino Oriente, più precisamente nell’area compresa nelle attuali Israele, Giordania, Siria e nella parte sud dell’Anatolia. Secondo altre fonti invece, l’ancestrale selvatico è originario del Tibet. Tutt’ora in Etiopia e i Tibet si trovano molte specie spontanee. Le forme a cariosside nuda, che perdono facilmente le glumette a maturazione, sembrano invece essere originarie della Cina.
Si tratta con molta probabilità del cereale che per primo sia stato coltivato dall'uomo: le testimonianze più antiche di coltivazione risalgono al 10.500 a.C., nel Neolitico. Sicuramente tipi polistici erano coltivati in Mesopotamia nel 7.000 a.C. mentre nel 5000 a.C. l’orzo era diffuso in Europa centrale e in Egitto, dove già nel 3000 a.C. avveniva la trasformazione in birra. Intorno al 1000 a.C. aveva raggiunto la Corea. Fino al XV secolo era tra i cerali più diffusi per la panificazione.
L'orzo è una pianta erbacea annuale, che a maturità può raggiungere un'altezza di 60-120 cm, a seconda delle cultivar.
L’apparato radicale è fascicolato, formato da radici seminali (radici primarie) che si sviluppano alla germinazione del seme e radici avventizie derivanti dai culmi di accestimento che si formano dalla base del fusto nella zona detta corona. In terreni idonei può raggiungere, nella pianta, adulta la profondità di 2 metri.
Il culmo (fusto delle graminacee) è cilindrico, suddiviso in 5-8 internodi cavi, separati da setti trasversali ai nodi. Gli internodi basali sono generalmente più corti. Grazie all’accestimento da ogni culmo si originano, mediamente, 2-3 culmi secondari, numero che può aumentare se si innalza la spaziatura alla semina, riducendo così il numero di piante a metro quadrato.
La pagina inferiore della lamina fogliare è liscia, mentre in quella superiore sono presenti scanalature in cui sono presenti cellule epidermiche igroscopiche.

Orzo.

L'infiorescenza è una spiga composta caratterizzata da rachide breve, a zig-zag, ai cui nodi (in numero variabile da 10 a 30) sono inseriti tre spighette uniflore.

lunedì 3 novembre 2014

Confettura di cachi e ribes rossi.

Il cachi (o kaki), frutto paffuto e fragile, è divenuto simbolo di pace nel secondo dopoguerra: infatti, solo pochi di questi alberi sopravvissero coraggiosamente alla devastante esplosione atomica di Nagasaki.

Albero di cachi.

In Cina, la leggenda narra che la pianta del cachi incarna l'albero dalle sette virtù, riferite sostanzialmente alla dolcezza dei frutti, al legno robusto, alla longevità della pianta, all'impiego decorativo delle sue foglie, al fuoco prodotto dall'ardore dei suoi rami, alla possibilità data agli uccelli di nidificare tra i rami, ed alla sagoma ombreggiata creata dall'imponente albero.
Attualmente, il cachi è il frutto più colorato che simboleggia l'autunno.
Tra i vari nomignoli con i quali viene ricordato il cachi, non può mancare “Mela d'Oriente” (essendo tipico dei paesi orientali) e “loto del Giappone”.
Inoltre, fu definito in passato “cibo degli dei”, per merito del suo sapore dolcissimo e - è il caso di dirlo - unico ed originale.
Il cachi è noto in botanica con il nome Diospyrs kaki: il genere deriva dal greco ed è costituito da un accostamento di due parole “Diòs” (riferito al dio Giove) e “pyròs” (frumento); letteralmente, quindi, il cachi viene definito il frumento di Giove. La specie “kaki” fa riferimento, invece, al colore aranciato del frutto, tipico della terra arida e siccitosa dalla quale si sviluppa la pianta.
Sebbene i cachi, in una nota canzone, simboleggino l'Italia, questi frutti sono, in realtà, nativi dei Paesi d'Oriente.
L'origine del cachi risale a tempi antichissimi: tant'è che la pianta, essendo una delle più antiche ad essere coltivate dall'uomo, vanta una tradizione millenaria.