lunedì 20 novembre 2017

Gambetto di prosciutto crudo sott'olio.

Il pepe (Piper nigrum L.) è una pianta della famiglia delle Piperacee, coltivata per i suoi frutti, che vengono poi fatti essiccare per essere usati come spezie. Lo stesso frutto, attraverso procedimenti di lavorazione diversi, è utilizzato per produrre il pepe bianco, il pepe nero e il pepe verde.

Il pepe

La pianta è nativa dell'India del sud ed è coltivata in modo estensivo sia in India che nei paesi tropicali. Il frutto maturo si presenta come una bacca color rosso scuro, ha un diametro di circa cinque millimetri e contiene un solo seme.
Il pepe è una delle spezie più comuni nella cucina europea ed i suoi derivati sono conosciuti ed apprezzati sin dall'antichità sia per il loro sapore che per il loro impiego nella medicina ayurvedica. Il suo gusto piccante è dato dalla piperina.
La pianta del pepe è una liana legnosa perenne che raggiunge i quattro metri di altezza. Le sue foglie, alterne, coriacee, ovali, sono lunghe dai cinque a dieci centimetri e larghe da tre a sei. I fiori sono piccoli e sbocciano su un gambo pendulo, lungo circa otto centimetri, legato all'attaccatura delle foglie. Le infiorescenze portano fiori sessili, a perianzio nullo, che possono essere unisessuali od ermafroditi. Il frutto è una drupa, contenente un solo seme, di circa 5 mm di diametro, prima verde, poi rossa, a maturità. Il gambo raggiunge la lunghezza di sette/quindici centimetri quando i frutti sono maturi.

Pianta di pepe.

L'albero del pepe cresce in terreni né troppo secchi né allagati, quindi in terreni umidi e ben concimati con materiali organici.
Le piante si propagano per talea (si usano i rami vegetativi e non quelli fruttiferi perché radicano male in quanto meno ricchi di carboidrati) di circa 50 centimetri che si aggrappa agli alberi vicini o che si arrampica a sporgenze dei muri. Favoriscono questa azione gli alberi dal tronco grinzoso. Le piante non devono essere molto folte ma tali da favorire l'ombra e permettere la ventilazione. Le radici vanno coperte di strame ed i germogli vanno potati due volte l'anno. Su suoli secchi le piante devono essere irrigate ogni due giorni, per i primi tre anni, nella stagione calda. Le piante producono frutti dal quarto/quinto anno e continuano a fruttificare per circa sette anni.
Le varietà vengono scelte per la qualità del frutto e per la loro longevità.

Pianta di pepe.

Un singolo ramo produce in media dai 20 ai 30 germogli. La raccolta inizia appena una o due bacche alla base del peduncolo diventano rosse e prima che i frutti arrivino a maturazione. I frutti che restano sulla pianta cadono da soli e sono perduti per il raccolto. Le drupe raccolte vengono messe al sole per l'essiccazione e quindi vengono sgranate per estrarre i frutti.

martedì 31 ottobre 2017

Muffin con uvetta e cioccolato.

In caso di intolleranze o di dimenticanza al supermercato, ecco come sostituire il lievito per dolci con 5 facili alternative! Il lievito per dolci, in alcune circostanze, è indispensabile per la corretta riuscita delle ricette, le sostanze lievitanti infatti permettono di ottenere consistenze soffici e leggere per torte, muffin e tante altre preparazioni. Il principio che fa “gonfiare” i dolci è appunto il lievito, che a contatto con il caldo aumenta di dimensione e leggerezza. L’agente lievitante entra in funzione quando vengono a contatto due sostanze opposte, una basica e una acida messe in azione dal contatto con l’acqua e con il calore!


Il lievito può essere però un alimento che provoca intolleranze o allergie e quando questo accade, le strade da intraprendere sono due: rinunciare ai dolci oppure trovare alternative naturali.
La seconda opzione è senza dubbio quella migliore! Uno dei metodi più efficaci per sostituire il lievito per dolci è quello dell’utilizzo della pasta madre, per un impasto da 420 gr di farina (una torta del diametro di 24 cm), aggiungete 150 gr di lievito madre abbastanza liquido e 10 gr di bicarbonato di sodio oltre agli altri ingredienti. Otterrete una torta soffice e morbida!
Di seguito vengono elencati altri possibili modi per sostituire il lievito per dolci.

mercoledì 25 ottobre 2017

Salsiccette con mele.

Le mele sono fra i frutti più popolari nel nostro paese, merito del loro sapore dolce ma non in misura eccessiva, del loro ridotto contenuto calorico al quale si accompagna un elevato apporto di vitamine, della lunga e semplice conservazione, grazie cui è possibile farne grandi scorte, e della grande varietà.

Mele Renetta.

In base ai gusti personali e all'impiego possiamo, infatti, scegliere tra molte varietà di mele, fra le quali le renette dalle note leggermente aspre, le dolci annurche, le Granny Smith un poco acidule, le mele delizia dall'intenso profumo e le amatissime renette.
La mela renetta è il frutto carnoso per eccellenza, appartenente alla famiglia delle Rosacee e alla specie Malus Domestica.
Di origini quasi certamente francesi, pare infatti che provenga dalla Valle della Loira, al giorno d'oggi la sua coltivazione è ampiamente diffusa soprattutto nei paesi mediterranei, mantenendo comunque nella sua madrepatria il primato di bontà e apprezzamento. 
Il suo nome deriva dal francese reine, letteralmente regina, tradotto in italiano con il termine Renetta.
In Italia le regioni in cui è diffusa maggiormente la produzione di Renette è il Piemonte e la Valle D'Aosta, luoghi in cui questo frutto è particolarmente consumato.
Questa varietà predilige un clima fresco e si è ben adattata anche al clima alpino delle regioni settentrionali italiane.
La raccolta delle mele Renetta avviene generalmente a settembre, tutti i frutti vengono poi riposti in apposite dispense e lasciati maturare fino alla primavera.

Mele Renetta.

La mela dunque cambia il suo aspetto e alcune delle sue caratteristiche a seconda del livello di maturazione.
Il frutto a livello generale si presenta di media grandezza, dalla forma tondeggiante e dal peso medio di 200 grammi, buccia giallo verdognola, a seconda del livello di maturazione, punteggiata di un color ruggine e caratterizzata da polpa chiara.
La Renetta ben matura d'inverno è contraddistinta dalla buccia liscia e dalla polpa morbida e consistente, dal sapore aromatico, dolce ma leggermente aspro.
Le mele primaverili sono invece caratterizzate da una buccia un po' rugosa e dalla polpa meno compatta e più zuccherina.
Quelle invece che troviamo d'estate restano pastose e molto dolci e anche se all'esterno appaiono leggermente avvizzite.
La mela è un prodotto molto apprezzato, mangiato sia fresco che cotto, da solo o in elaborate ricette, insomma un frutto sempre verde che continua a raccogliere consensi in tutte le sue varianti.

Ho sempre consumato le mele come frutto di fine pasto, come snack taglia fame, come ingrediente per dolci.
Da quando, io e il mio "clan", abbiamo iniziato a venite tra queste montagne Trentine (ormai da più di 20 anni) ho avuto modo di conoscere più a fondo questo meraviglioso frutto scoprendo un sacco di utilizzi in ricette salate: questa è una delle tante.

Salsiccette con mele.

Ingredienti (per 4 persone). 
12 Salsiccette piccole (circa 400 g);
3 mele renetta (circa 340-360 g); 
20-30 g di pinoli;
Succo di ½ limone;
1 bicchiere di Brandy (circa 100 ml);
1 cucchiaino di senape (facoltativo);
½ cucchiaino di pepe rosa macinato fresco + qualche grano per decorazione;
2-3 cucchiai di olio EVO;
Sale q.b.

1 – Preparazione.
Sbucciate le mele, eliminate il torsolo, tagliatele a cubotti di 2-3 cm. di spessore e mettetele in una ciotola con acqua con del succo di limone; in questo modo non diverranno scuri ma resteranno belli chiari.
Con i rebbi di una forchetta (o con uno stecchino), praticate dei buchi tutt'attorno alle salsiccette.

2 – Cottura.
In una padella antiaderente, fate scaldare l’olio EVO (1); aggiungete le salsiccette, fate rosolare rigirandole spesso (2), coprite con coperchio e fate cuocere, a fuoco moderato, per 20 minuti rigirandole ogni tanto (2).
Una volta cotte, toglietele dalla padella, adagiatele in un piatto con della carta da cucina per assorbire il grasso in eccesso e mettetele da parte tenendole al caldo.
Nella stessa padella, col fondo di cottura delle salsiccette, aggiungete i pinoli e fateli tostate per 2-3i minuti mescolando continuamente (4); dovranno colorarsi un po’ ma non troppo.
Scolate le mele, unitele ai pinoli, salate, spolverate con pepe rosa macinato, aggiungete anche qualche grano di pepe rosa intero (5) e cuocete per 5-6 minuti mescolando di tanto in tanto.
Rimettete nella padella le salsiccette, unite la senape (6) e mescolate bene; bagnate con il Brendy (7) e fate evaporate la parte alcolica mescolando per 2 minuti.

3 - Presentazione.
Distribuite la preparazione in piatti caldi e servite.

Riepilogo costi-Kcal.


lunedì 23 ottobre 2017

Risotto con la trippa....avanzata.

Nella tradizione gastronomica Lombarda e in particolare in quella milanese, sono spesso presenti preparazioni storiche dalle umili origini contadine: una delle ricette più famose è la trippa alla milanese che viene anche chiamata "busecca".
Sembra che in passato i milanesi ne fossero dei grandi consumatori, tanto che venivano chiamati scherzosamente “busecconi”.
Da buon milanese, come io mi sento, quando le temperature si fanno un po’ più “freschine” ogni tanto mi preparo un buon piatto di trippa: alla milanese o “a modo mio” (una mia personale interpretazione).
Spesso però non mi rendo conto di “esagerare” nelle quantità e inevitabilmente ne “avanza” un po’. La trippa è molto buona appena preparata, riscaldata e mangiata, magari il giorno dopo, non è un granché!
Ho voluto quindi utilizzare questo "avanzo" per realizzare un risotto e devo dire che il risultato mi è piaciuto molto!

Riso con la trippa....avanzata.

Ingredienti (per 4 persone).
180 g di riso Vialone Nano (o Carnaroli);
250-300 g di trippa bovina già pronta (quella avanzata);
500-600 ml di brodo vegetale o di carne;
30 g di Formaggio grana grattugiato;
1 cucchiaio di olio EVO;
Pepe nero macinato fresco e sale q.b.
1/2 bicciere di vino bianco secco.

1 – Preparazione.
Preparate il brodo vegetale. 
Il brodo, sia esso vegetale, di carne, di pesce o altro tipo, è una preparazione di base, a parer mio, fondamentale in cucina; quindi, la prima cosa da fare, dovendo realizzare dei piatti che prevedono l’utilizzo di un brodo, è proprio preparare il brodo.
In una padella mettete 1-1,5 litri di acqua con le verdure lavate e spezzettate grossolanamente: 1 carota, 1 gambo di sedano (comprensivo delle foglie), qualche gambo di prezzemolo, 1 scalogno piccolo, 1 spicchio d’aglio, 1 patata media e 2 foglie di alloro.
Se, per scelta, avete deciso di utilizzare nella vostra cucina solo verdure BIO non trattate, il brodo potete realizzarlo con gli scarti, che avrete messo da parte e congelato, delle verdure impiegate in altre preparazioni (gambi, bucce, spuntature, ecc.).
Mettete sul fuoco (non aggiungete sale), coprite, portate a bollore e cuocete a fuoco moderato per 30-40 minuti (se cuoce anche per più tempo, non succede nulla). 
Trascorso il tempo, potete eliminare le verdure usando un colino; è fondamentale mantenere il brodo sempre “bollente” durante tutta la preparazione del risotto.
In alternativa, potete preparare il brodo vegetale, con un dado o del granulato per brodo di “ottima” qualità.
Mettete a riscaldare la trippa in modo che, al momento dell'uso, sia ben calda.

2 – Cottura.
In una casseruola, fate scaldate 1 cucchiaio di olio EVO, aggiungete il riso e fatelo tostare, a fuoco moderato, per alcuni minuti mescolando di continuo.
Potete considerare tostato il riso una volta che questo inizierà a fare un certo attrito con la padella o anche quando appoggiando il dorso di un dito sul riso questo risulterà “bollente”. A questo punto, aumentate la fiamma e sfumate con il vino bianco senza smettere di mescolare delicatamente per altri 2 minuti.
Dopo che il vino sarà evaporato aggiungete la trippa (ben calda) e brodo bollente sino a coprire il riso: come fosse un normale risotto.
Cuocete il riso per 12-15 minuti, a fuoco moderato, aggiungendo altro brodo (sempre bollente) ogni volta che tenderà ad asciugarsi troppo e mescolando solo al momento dell’aggiunta del brodo.
A cottura ultimata, alzate la fiamma per far eventualmente evaporare il liquido in eccesso; aggiustate di sale e pepe (se necessario), quindi togliete dal fuoco e mantecate con il formaggio grana grattugiato mescolando energicamente; coprite e lasciate riposare per 3-4 minuti.

3 - Presentazione.
Servite il vostro risotto ben caldo e, se gradito, con una generosa spolverata di grana grattugiato.


Riepilogo costi-Kcal.

sabato 21 ottobre 2017

Castagnaccio.

Il castagnaccio (localmente conosciuto anche come castignà, migliaccio, baldino, ghirighio o patona) è una torta di farina di castagne tipica delle zone appenniniche di Piemonte, Liguria, Toscana, Emilia e Romagna, Calabria silana e crotonese (prende il nome di "pani i castagna", cioè pane di castagna). Inoltre, viene preparato nell’isola di Corsica.
Si tratta di un piatto tipicamente autunnale che si ottiene facendo cuocere nel forno un impasto di farina di castagne, acqua, olio extravergine d'oliva, pinoli e uvetta. Varianti locali prevedono l'aggiunta di altri ingredienti, come rosmarino, scorze d'arancia, semi di finocchio o frutta secca. Accompagnamento ideale del castagnaccio sono la ricotta o il miele di castagno, il vino novello, o i vini dolci come il vin santo.

Il castagnaccio.

Vi sono più nomi e ricette per i dolci fatti con farina di castagne. Ne esistono infatti almeno tre diversi tipi: una torta molto sottile (diffusa soprattutto in Lunigiana, dove viene chiamata patona o castignà a Fosdinovo); una torta più spessa (diffusa in Toscana e in particolare a Lucca, dove viene chiamata torta di neccio, a Livorno il castagnaccio, se fatto alto tre centimetri e denso, è chiamato toppone ed è considerato di qualità inferiore) e una sorta di polenta dolce (diffusa anch'essa in Toscana e chiamata pattona). Il castagnaccio più noto popolarmente, una torta sottile, viene chiamato a Firenze "migliaccio".
Il castagnaccio è un piatto "povero" nel vero senso della parola, diffusissimo un tempo nelle zone appenniniche dove le castagne erano alla base dell'alimentazione delle popolazioni contadine. Dopo un periodo di oblio, iniziato nel secondo dopoguerra e dovuto al crescente benessere, è stato riscoperto e oggi è protagonista nel periodo autunnale di numerose sagre e feste.

venerdì 20 ottobre 2017

Tranci di tonno su insalata di fagioli e maiale.


Tra gli alimenti che sono alquanto salutari per l'organismo umano ritroviamo i fagioli cannellini, questi appartengono alla categoria dei legumi e sono molto consigliati da mangiare in qualsiasi tipo di dieta. I fagioli cannellini derivano da una coltivazione tipicamente toscana, presentano una forma sottile e allungata, sono di colore bianco lucido, è alquanto facile trovarli in commercio. Quello ovviamente che consente ai fagioli cannellini di essere molto salutari è l'ottimo bagaglio di proprietà nutrizionali che portano con sé. Si tratta di legumi che contengono poche calorie, ma soprattutto sono praticamente privi di grassi. 100 grammi di fagioli cannellini contengono circa 91 calorie. Vediamo però nel dettaglio perché i fagioli cannellini sono considerati così importanti per la nostra alimentazione.

Fagioli cannellini.

Bisogna innanzitutto dire che sono ricchi di glucodrine, si tratta in modo particolare di una sostanza in grado di ridurre la glicemia, quindi chi soffre di diabete potrà sicuramente contare sui fagioli cannellini per ristabilire il giusto equilibrio del valore della glicemia. Esiste all'interno di tale alimento anche una sostanza piuttosto tossica, la fasina, ma essa durante la classica bollitura viene praticamente del tutto eliminata.
Altra sostanza invece del tutto positiva per il nostro organismo contenuta nei fagioli cannellini è la lecitina, questa contribuisce alla rapida emulsione dei grassi, in questo modo si eviterà che questi si accumulino nel sangue. Proprio per questo una dieta ricca di fagioli è consigliata a chi tende ad avere un costante accumulo di colesterolo nel sangue. I fagioli cannellini sono anche ricchi di proteine e carboidrati, riescono quindi a fornire all'organismo la giusta energia, il contenuto lipidico invece è bassissimo e questo consente di poter mangiare tale ingrediente senza preoccuparsi troppo della linea. Altre proprietà importanti dei fagioli cannellini riguardano sicuramente il loro effetto diuretico, sono infatti ricchi di fibra insolubile e solubile tra cui ritroviamo la pectina e l'inulina che garantiscono la produzione di importanti acidi grassi. In misura piuttosto elevata troviamo poi i sali minerali: fosforo, calcio, zinco e ferro. Spazio anche ad alcune vitamine come la B1, B2 e B3.

venerdì 6 ottobre 2017

Penne con peperoni e salmone affumicato.

L'affumicatura o affumicamento è un'antica tecnica di conservazione, cottura e insaporimento degli alimenti. Questa tecnica consiste nell'esporre un prodotto alimentare al fumo provocato dalla combustione di legno avente una bassa quantità di resina.
Carne e pesce sono gli alimenti più comunemente affumicati, come anche formaggi e verdure.
Alcuni ingredienti utilizzati per bevande come il whisky, la birra affumicata (Rauchbier), ed il tè Lapsang Souchong vengono fatti affumicare prima di essere utilizzati.
Alcuni cibi affumicati
Vi sono due principali tipi di affumicature: a freddo e a caldo. Inoltre, una tecnica di più recente introduzione è l'affumicatura a liquido.
Nell'affumicatura a freddo, il processo richiede da circa 24 a 48 ore (a seconda del cibo) e la temperatura deve essere mantenuta fra i 16 e i 26 °C. Questo tipo di processo viene utilizzato per conferire agli alimenti un'alta capacità di conservazione.
Nell'affumicatura a caldo, la temperatura dev'essere compresa fra i 60 e i 75 °C. Solitamente si esegue prima l'affumicatura a freddo e poi a caldo.
Questa forma di conservazione degli alimenti ha origine nell'antichità.
Questo processo di conservazione, confrontato con la messa sotto sale si distingue per la grande efficienza e si differenzia in quanto il sale assume l'umidità dai cibi senza intaccarne le qualità organolettiche originali, mentre nell'affumicatura i sapori vengono fortemente alterati.
Nell'affumicatura a liquido, i cibi non vengono a diretto contatto con il fumo: esso viene condensato e distillato in acqua, per poi essere unito in questa forma agli alimenti, che ne assumono il sapore, senza esserne esposti.
In Europa, l'ontano era il legno impiegato tradizionalmente per l'affumicatura, ma ora è la quercia la più utilizzata, insieme al faggio, in misura minore. In Nord America, il noce bianco americano, la mesquite, la quercia, il pecan, l'ontano, l'acero e alberi da frutto come il melo, il ciliegio e il pruno, sono comunemente utilizzati per produrre il fumo.
Oltre al legno, è possibile impiegare altri combustibili, talvolta aggiungendo anche ingredienti aromatizzanti. Alcuni produttori nordamericani di prosciutto e pancetta fanno affumicare i loro prodotti bruciando pannocchie. La torba viene bruciata per asciugare e affumicare il malto d'orzo usato per fare whisky e alcune birre. In Nuova Zelanda, la segatura dalla nativa manuka (albero da tè) è comunemente utilizzata per affumicare il pesce. In Islanda, viene utilizzato lo sterco di pecora essiccato per affumicare a freddo pesce, agnello, montone e balena.

Mi hanno regalato del salmone affumicato che però non era già affettato ma si trattava di un filetto intero.
Invece di preparare la “classica” pasta al salmone, ho voluto realizzare questa ricetta semplice e rapida esecuzione ma, a parer mio, molto gustosa!


Penne con peperoni e salmone affumicato.

Ingredienti (per 4 persone). 
320 g di penne (o altro tipo di pasta a Voi gradita);
60 g burro;
150 g Salmone affumicato (non a fettine, meglio se filetto);
1 peperone rosso + 1 giallo;
1 scalogno;
1 bicchierino Vodka (o ½ bicchiere di vino bianco secco);
3 cucchiai di olio EVO;
Sale e pepe nero macinato fresco q.b.
1 mazzetto di prezzemolo fresco (opzionale). 

1 – Preparazione. 
Pulite e tritate finemente lo scalogno.
Lavate accuratamente i peperoni e, dopo aver eliminato il picciolo i semi ed i filamenti bianchi, tagliateli a listarelle.
Tagliate il salmone a dadini non troppo grandi. 

2 – Cottura. 
In una padella, abbastanza ampia da poter far saltare la pasta, fate sciogliere il burro, aggiungete lo scalogno e fate rosolare, a fiamma bassa, per qualche minuto facendo attenzione che lo scalogno non bruci; se necessario, aggiungete 1 cucchiaio di acqua calda.
Quando lo scalogno sarà diventato “trasparente”, unite i peperoni, salate, pepate e continuate la cottura per circa 10 minuti assicurandovi che la preparazione non si asciughi troppo; nel caso, aggiungete un po’ di acqua calda.
Unite ora il salmone, mescolate bene, fate rosolare per 2-3 minuti e sfumate con la vodka (o il vino bianco).
Proseguite nella cottura per altri 10 minuti.
Nel frattempo, portate ad ebollizione abbondante acqua salate e lessate la pasta.
Scolate la pasta “al dente”, versatela nella padella col resto degli ingredienti e fatela “saltare” per un paio di minuti; non fatela asciugare troppo e, se necessario, aggiungete 1 cucchiaio di acqua di cottura della pasta.
Spegnete il fuoco, aggiustate di sale (se necessario), unite l’olio EVO e mantecate per 1 minuti.

3 - Presentazione. 
Impiattate con una spolverata di pepe nero macinato fresco e, se gradito, del prezzemolo tritato finemente.
Servite la pasta ben calda.

Riepilogo costi-Kcal.

mercoledì 4 ottobre 2017

Mousse dolce di zola, ganache al cioccolato e cachi.

Lo ammetto: amo formaggio! Di qualsiasi tipo, forma e origine; potrei fare a meno di molti alimenti, ma non del formaggio; lo dimostra il fatto che, da 2-3 anni ho iniziato a farlo in casa e mi sono “attrezzato” con tutto il necessario occorrente.
Nonostante il mio colesterolo mi stia limitando nei consumi, a fine pasto non manca mai un “pezzettino” di qualche tipo di formaggio.
Tra i tanti, due sono i formaggi che prediligo: il taleggio e il gorgonzola.
Negli anni ho avuto modo di utilizzare, nelle mie ricette, questi due splendidi e cremosi prodotti caseari ma, nonostante ciò, non sapevo che potevano essere degli ingredienti utilizzati nella preparazione di gustosi e accattivanti dolci; questa, che vi propongo oggi, ne è un classico esempio di impiego di zola nei dolci.
La ricetta l’ho presa tra quelle proposte, qualche tempo fa su Alice TV, da Mattia Poggi e ve la propongo così come lo capita; provatela!

Mousse dolce di zola, ganache al cioccolato e cachi.

Ingredienti (per 4 persone).
2 albumi d’uovo;
120 g di zucchero;
100 g di gorgonzola dolce;
300 ml di panna fresca da montare;
1 cachi maturo.
1 baccello di vaniglia (o in alternativa una bustina di vanillina);
1 piccola noce di burro;
1 cucchiaino di succo di limone.
Per la ganache di cioccolato.
100 g di cioccolato fondente (max. 70%);
50 ml di panna fresca.

1 – Preparazione.
Preparate la crema di cachi.
Con la punta di un coltello affilato incidete, nel senso della lunghezza, il baccello di vaniglia, apritelo e, sempre con la punta del coltello, prelevate i semini al suo interno e metteteli nel bicchiere di un mixer ad immersione.
Eliminate picciolo e pellicina del cachi (il cachi deve essere molto maturo, altrimenti “lega” in bocca).
Mettete la polpa del frutto nel bicchiere del mixer con la vaniglia, aggiungete 1 cucchiaio di zucchero, qualche goccia di succo di limone e frullate sino ad ottenere una crema liscia ed omogenea che metterete da parte.
Preparate la crema di gorgonzola.
In un padellino mettete 20 ml di panna, la noce di burro, il gorgonzola dolce tagliato a dadini, mettete sul fuoco e fate fondere a fuoco dolce mescolando di continuo. Con i rebbi di una forchetta frantumate bene le muffe del gorgonzola che, a pezzettini piccoli, si distribuiranno uniformemente all’interno della crema.
Una volta fuso in formaggio, trasferitelo in una ciotola più grande (dove verrà assemblata la mousse) e mettete da parte a raffreddare.
Nel frattempo montate gli albumi a “neve ferma” aggiungendo qualche goccia di succo di limone; gli albumi montano meglio se sono a temperatura ambiente e con qualche goccia di limone.
Mettete in una ciotola “ben fredda” la panna, anch’essa ben fredda, e iniziate a montare con delle fruste elettriche; quando inizierà ad addensare, aggiungete lo zucchero e continuate a montare sino ad ottenere una massa ben ferma: non eccedete nel montare poiché si rischia che la panna diventi “burro”!
Unite gli albumi montati al formaggio fuso e, con una spatola, mescolate bene, con un movimento dal basso verso l’alto, sino a quando tutto l’albume sarà ben omogenizzato.
Aggiungete ora un terzo di panna montata e mescolate energicamente per distribuire il tutto; unite ora la restante panna e, sempre con un movimento dal basso verso l’alto, amalgamante delicatamente il composto.
Inserite la mousse in una tasca da pasticcere che vi permetterà una distribuzione più omogenea.
Preparate la ganache di cioccolato.
Fondete il cioccolato (a pezzetti) a bagnomaria o al microonde: se usate il microonde, fate molta attenzione e mescolate spesso.
Nel padellino che avete usato per sciogliere il gorgonzola, portate quasi a bollore la panna e poi aggiungetela al cioccolato fuso e mescolate bene sino ad ottenere una crema liscia e omogenea.

2 - Presentazione.
Distribuite sul fondo di coppette, o di bicchieri a calice, la crema di cachi.
Coprite con uno strato di mousse al gorgonzola.
Fate colare ora un po’ di ganache al cioccolato sulla superfice della mousse. Nel caso la mousse sia troppo densa, mescolatela energicamente e, se non bastasse, passatela qualche secondo al microonde.
Completate la coppa con la restante mousse di gorgonzola.
Volendo, potete servire guarnendo con un rametto di menta fresca e qualche scaglietta di cioccolato.

Riepilogo costi-Kcal.