venerdì 30 novembre 2012

Farfalle con funghi chiodini.

Quest’anno la stagione della raccolta dei funghi non è stata particolarmente ricca come gli anni passati. Nel periodo tra giugno e settembre, in quella parte di Trentino dove abbiamo la casa in affitto (Carisolo), l’alternanza di piogge e sole, tanto importanti per la crescita dei funghi, non è stata ottimale: lunghi periodi siccitosi seguite da poche piogge.

Funghi di montagna

Un altro motivo del calo di presenza dei funghi è dovuto al lento, ma progressivo, abbandono dei boschi che, a parte le zone del parco, vengono lasciati a se stessi: alberi caduti, sottobosco sempre più invaso da vegetazione infestante (rovi, ortiche, erbacce, ecc.).
Ciò nonostante, sono riuscito a raccogliere dei gallinacci (1) e dei clavatus (2) da conservare surgelati e una buona quantità di porcini (3), con i quali ho preparato delle conserve sott’olio ed una piccola scorta di funghi secchi per l’inverno.
Dal mese di ottobre, la ricerca dei funghi (chiodini) di è spostata in Lombardia e Piemonte. Anche in questo caso, la stagione non è stata un granché: le piogge sono arrivate tardi e il periodo di raccolta, normalmente di 2-3 settimane, si è dimezzato.

Chiodini

Questo tipo di funghi, come già accennato nel mio post precedente, si presta molto bene ad essere consumato in umido, si consiglia però di sottoporlo ad una cottura prolungata per renderlo così più digeribile. E' buono anche conservato avendo l’accortezza di farli bollire per 15-20 min. prima di surgelarli;
questo perché sembra che alcune sostanze nocive presenti nel fungo si fissino in modo permanente con la congelazione e anche una cottura prolungata dopo lo scongelamento pare non sia sufficiente ad eliminare queste sostanze. Per questo motivo si sconsiglia di cogliere i chiodini dopo eventuali gelate notturne.
Ho tolto dal congelatore una vaschetta di questi chiodini e volevo cucinarli diversamente dal solito umido con polenta.
Dopo qualche ricerca in rete, alla fine, ho trovato questa ricetta; l’ho provata e devo dire che il risultato è stato buono; da tener presente per il futuro.

Farfalle con funghi chiodini, pancetta e fontina

Ingredienti (per 4 persone)
380 g di farfalle;
500 g di funghi chiodini freschi o 300 g surgelati;
120 g di pancetta;
100 g di fontina;
1 scalogno;
½ bicchiere di vino bianco secco;
20 g di pinoli tostati;
1 ciuffo di prezzemolo;
50 g di burro;
sale e pepe q.b.

1 – Preparazione.
Pulite accuratamente i chiodini e tagliateli a pezzetti, lavateli ed asciugateli bene. Nel mio caso ho utilizzato i chiodini raccolti a ottobre scottati in acqua leggermente salata e, una volta freddi, surgelati.
Tagliare a dadini la pancetta.
Tostate per alcuni minuti i pinoli
Lavate, mondate il prezzemolo e tritatelo finemente.
Utilizzando una grattugia a fori larghi, grattugiare la fontina.
Tritate finemente lo scalogno.

2 – Cottura.
In una casseruola fate fondere il burro e soffriggetevi lo scalogno, unite i funghi e bagnateli col vino bianco lasciandolo sfumare. Salate, pepate e cuocete per 15 minuti, spolverizzando con il prezzemolo tritato.
In una padella antiaderente, fatela rosolare la pancetta con i pinoli; trasferite poi il tutto nella casseruola dei funghi.
In una pentola portate a ebollizione l'acqua e lessate le farfalle; una volte cotte al dente, scolatele e trasferitele nella casseruola dei chiodini; mescolare con cura, aggiungete la fontina, coprite con il coperchio e lasciate riposare per 3-4 min.

3 - Presentazione. 
Rovesciate la pasta in un piatto di portata e servite aggiungendo una spolverata di fontina grattugiata.


(*) Nota: nel calcolo del costo di questa ricetta, i funghi chiodini, avendoli raccolti io, non entrano nel bilancio; non ho idea di quanto possano costare, non avendoli mai comperati, ma penso abbiano avuto un prezzo compreso tra i 15 e i 18 €/kg



mercoledì 28 novembre 2012

Risotto con limone e gamberi.

In Italia si producono circa 1.500 tonnellate/anno di riso con 126 varietà diverse iscritte al registro nazionale e il consumo procapite di questo alimento si aggira attorno ai 5 Kg all'anno.

Riso

La coltivazione del riso in Italia, introdotta dalla Spagna ove era stata portata dagli arabi verso il VI secolo, venne favorevolmente accolta dagli agricoltori per la possibilità di usare non solo i terreni paludosi ma anche quelli incolti e sterili, comprese le baraggie e le brughiere, tanto il cereale si adatta ad ogni terreno purché allagabile.
La coltivazione di riso era sicuramente presente nel quattrocento nelle zone paludose della Lombardia e del Veneto, come testimoniano due lettere del duca Galeazzo Maria Sforza che nel novembre del 1475, concedevano l'autorizzazione a esportare dal ducato di Milano 12 sacchi di riso da semina verso il Ferrarese. Se ne deduce con certezza che la coltivazione di riso fosse da tempo già in atto in Lombardia e probabilmente anche nel Novarese e nel Vercellese.
Una disposizione emanata dal duca Lodovico il moro nel 1498 riguardava gli operai che lavoravano alla pilatura del riso nel contado novarese, il che significa che il cereale aveva un certo rilievo nell'economia della zona e del tempo, tale da richiedere norme per la gestione politica.
Anche le contese giuridiche per la gestione delle acque si moltiplicano: alle liti sulle acque per i mulini e per l'agricoltura si aggiungono quelle per la fornitura di acqua per le risaie.
Nel censimento economico effettuato nel 1710, sotto il regno di Giuseppe I, appare che l'estensione delle risaie era di 9533 ettari nel contado di Novara e di 2574 ettari in quello di Vigevano, su un totale di 38664 ettari di risaia censita nella Lombardia austriaca.
Stando ai successivi dati del 1851 nel circondario novarese la risaia, in poco più di centoquarant'anni era salita a 13640 ettari, 13 anni dopo raggiungeva 22.405 ettari, dei quali oltre 19.200 nel basso novarese.
È da notare che nel 1870 la produzione di riso italiana superava i 48 milioni di quintali, ottenuti su 232.670 ettari di superficie.

Lavoro in risaia inizio '900

Le regioni più interessate alle risaie erano il Piemonte e la Lombardia, seguite dal Veneto e l'Emilia. Riso era coltivato anche in Sicilia (600 ettari), Toscana (480), Abruzzo (70) e Campania (30).
Particolarmente estesa la produzione risicola nell'allora provincia di Novara, che comprendeva anche la provincia di Vercelli: da 50 mila ettari del 1860 giunse 11 anni dopo a oltre 70 mila, continuando a salire anche negli anni successivi raggiungendo oltre i 90 mila ettari nel quadriennio 1879-83; e questo proprio quando in tutta Italia gli impianti a risaia diminuivano di 30mila ettari, in gran parte a causa dell'apertura del canale di Suez che consentiva la concorrenza dei risi asiatici sui mercati europei.
Il sistema di coltivazione in provincia di Novara e di Pavia era prevalentemente a risaie stabili; a fine ottocento raggiungevano ancora il 21% dell'intera superficie coltivata a riso, fatto questo che non solo limitava i rendimenti unitari produttivi ma contribuiva anche, a detta di alcuni, a rendere malsano l'ambiente favorendo il diffondersi della malaria che in quegli anni mieteva numerose vittime. Le autorità sanitarie premevano perciò, ma senza risultato, per una riduzione della coltivazione del cereale.

Allagamento della risaia

In passato gli spagnoli per mezzo del loro governatore, marchese di Ayamonte, avevano già nell'anno 1575 emesso una grida che impediva di coltivare riso a meno di cinque miglia dalla città, per impedire il rischio della malaria.

sabato 24 novembre 2012

Menù d'autunno (3) - Crostata di castagne e cioccolato.

La crostata è uno dei pochi dolci che amo gustare ma anche preparare; pur lasciando inalterata la composizione della pasta frolla e variando, anche di poco gli ingredienti della farcitura,  si ottiene ogni volta un dolce differente ma sempre di effetto e, soprattutto, squisito.
Castagne e cioccolato: io credo che si possa definire “un matrimonio” ben riuscito e questa ricetta lo ha dimostrato, provatela.
Non ricordo in quale blog o sito ho preso l’idea, ho cercato ma non sono più riuscito a trovare la fonte; mi dispiace perché avrei voluto, visto il risultato, citare l’origine. Non è una ricetta propriamente “dietetica” ma, ogni tanto, fa bene al corpo e all’anima trasgredire !

Crostata di castagne e ciccolato

Ingredienti
Per la pasta frolla:
200 g di farina tipo “00”;
100 g di burro;
100 g di zucchero;
1 uovo;
1 pizzico di sale.

Per la farcitura:
300 g di castagne lessate al dente;
200 g di latte;
100 g di cioccolato fondente;
200 g di zucchero;
100 g di panna fresca;
100 g di sciroppo d'acero;
1 uovo;
50 g di burro;
100 g di mandorle;
qualche goccia di succo di limone.

1 – Preparazione.
Prepariamo le castagne: lasciate le castagne a bagno per una notte dopo aver inciso la buccia con un taglio orizzontale.
Il giorno dopo, sciacquate velocemente le castagne e tuffatele (4-5 alla volta) in acqua bollente salata per qualche minuto: grazie a questa operazione potrete sbucciarle più facilmente; eliminate anche la pellicina interna.
Lessate le castagne al dente in acqua leggermente salata utilizzando la pentola pressione (ci vorranno 20-25 min. circa).
Prepariamo la pasta frolla: in una ciotola aggiungiamo la farina setacciata, il burro morbido a cubetti, un pizzico di sale, lo zucchero e l’uovo.
Impastare velocemente con le dita amalgamando tutti gli ingredienti; la pasta non deve essere riscaldata da un lungo impasto, diventerebbe dura.
Formare una palla, infarinarla, avvolgerla con una pellicola trasparente e lasciarla riposare in frigorifero per almeno 1 ora (può restare anche 4-5 ore).
Prepariamo la farcitura della torta: ponete le castagne in una casseruola, copritele con il latte e portatele a bollore. Abbassate la fiamma e fate andare a fuoco lento finché non avranno assorbito tutto il liquido, quindi passatele al passaverdura.
Versate lo zucchero in un pentolino bagnato, unitevi una tazzina di acqua calda e qualche goccia di limone e fatelo caramellare (ci vorrà almeno mezz'ora); unite poi la panna al caramello e bollite per due minuti, finché il caramello non si sarà sciolto.
Mescolate insieme la purea di castagne, il cioccolato fuso (a bagnomaria) e la panna caramellata. Unite lo sciroppo d'acero, il burro, l'uovo e le mandorle, amalgamando con cura; coprire e lasciar riposare per circa 30 min.
Assembliamo la torta:
Rivestite una teglia con cerniera, imburrata ed infarinata, con la pasta frolla spianata a uno spessore di 3-4 millimetri e fate in modo che siano rivestiti anche i bordi.

2 – Cottura.
Versate la farcia all’interno della pasta frolla, livellate molto bene, ripiegare il bordo della frolla verso l'interno e cuocete in forno preriscaldato a 180 °C per 45 min. o, comunque, sino a quando la frolla avrà preso un bel colore dorato.

3 - Presentazione.
Lasciate raffreddare/compattare bene la torta prima di servirla.

venerdì 23 novembre 2012

Menù d'autunno (2) - Involtini con castagne, prosciutto crudo, uvetta e pinoli.

Molte sono le ricette di secondi piatti con le castagne: con carene di manzo, vitello, pollo, tacchino, ecc.
Nessuna però mi entusiasmava abbastanza ma, alla fine di una lunga ricerca in rete, ho trovato una ricetta molto interessante e che poi ha ottenuto un discreto successo.


Involtini di vitello con castagne

Ingredienti (per 4 persone)
400 g di fettine di vitello (8 fettine piccole o 4 grandi);
80 g di prosciutto crudo a fette;
400 g castagne grandi o marroni (*);
20 g di uvetta sultanina;
30 g di pinoli;
1 bicchiere di vino bianco secco;
3-4 foglie di alloro;
3 cucchiai di olio EVO;
sale e pepe q.b.

1 – Preparazione.
Lasciate le castagne a bagno per una notte dopo aver inciso la buccia con un taglio orizzontale.
Il giorno dopo, sciacquate velocemente le castagne e tuffatele (4-5 alla volta) in acqua bollente salata per qualche minuto: grazie a questa operazione potrete sbucciarle più facilmente; eliminate anche la pellicina interna.
Lessare le castagne in pentola a pressione per 20-30 min. con 2 foglie d'alloro e sale.
Mettere in ammollo l’uvetta in acqua calda e ½ bicchiere di vino bianco per almeno 30 min.
Preparare gli involtini mettendo su ogni fettina di carne un po’ di prosciutto crudo, dell'uvetta ammollata e strizzata, dei pinoli e dei marroni lessati e sbucciati.

2 – Cottura.
Chiudere ogni involtino con stuzzicadenti (o spago da cucina), farli rosolare in una padella con l’olio EVO e sfumare con il vino bianco restante.
Una volta rosolati aggiungere pinoli, l'uvetta strizzata, 2 foglie d'alloro, aggiustare di sale, pepe e aggiungere dell'acqua calda per portare a cottura.
Poco prima della fine cottura (circa 20-30 min.) aggiungere anche qualche marrone sbucciato e far asciugare il tutto a fuoco medio.

3 - Presentazione.
Eliminare gli stuzzicadenti (o lo spago), adagiare nel piatto 1 o 2 involtini (a seconda delle dimensioni) con un paio di cucchiai del fondo di cottura con castagne, uvetta e pinoli.

(*) Anche in questo caso, non avendo a disposizione le castagne fresche, è possibile utilizzare quelle precotte e surgelate. Si salta, quindi, tutta la parte della cottura delle castagne e si prosegue dalla preparazione degli involtini.