venerdì 29 maggio 2015

Pasta alla carbonara.....un po' diversa!!

Lo stracchino (dal lombardo stracch con il significato di stanco) è un formaggio italiano a pasta molle e di breve stagionatura prodotto con latte vaccino intero.

Stracchino.

Lo stracchino è un formaggio a pasta cruda e può essere a latte crudo (tipicamente, quelli prodotti in malga o alpeggio) oppure a latte pastorizzato, comunque sempre intero. La crescenza è uno stracchino, come la robiola, il taleggio, lo strachitunt, il Gorgonzola, il Salva Cremasco e tanti altri. 
Si presenta come un formaggio grasso e cremoso, con crosta spesso sottile e tenera (buccia), dal colore bianco. Prodotto originariamente in Lombardia, l'etimologia del nome viene riferita all'utilizzo del latte proveniente da mucche "stanche" per la transumanza al fondovalle dopo l'alpeggio estivo. 
In Valtellina, nell'alto Verbano e nelle province di Pavia, Piacenza e Cremona il nome di "stracchino" viene usato anche per indicare il gorgonzola. Oltre alla Lombardia, anche la Toscana ha inserito lo stracchino nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani. 
Il formaggio prende il suo nome dal fatto che le mucche, tornando stanche dal pascolo estivo negli alpeggi, essendo quindi "stracche" (stanche, in lombardo e Toscano), producevano poco latte, con il quale i pastori facevano appunto questo formaggio, lo stracchino.

mercoledì 27 maggio 2015

Confettura di pesche, amaretti e mandorle.

Il pesco (Prunus persica) (L.) Batsch è una specie del genere Prunus che produce un frutto commestibile chiamato pesca.

Pesco.

Il pesco è un albero originario della Cina, dove fu considerato simbolo d'immortalità, e i cui fiori sono stati celebrati da poeti, pittori e cantanti.
Dall'oriente il pesco giunse in Persia da dove giunse in Europa; dalla Persia deriva quindi il nome della specie, (ripreso ancor oggi in molti dialetti italiani). In Egitto, la pesca era sacra ad Arpocrate, dio del silenzio e dell'infanzia, tanto che ancora oggi le guance dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e carnosità. Il frutto arrivò a Roma nel I secolo d.C. e grazie ad Alessandro Magno si diffuse in tutto il bacino del Mar Mediterraneo. Pare infatti, secondo lo scrittore romano Rutilio Tauro Emiliano Palladio, che esso ne fosse rimasto affascinato quando lo vide per la prima volta nei giardini di re Dario III, durante la spedizione contro la Persia.
A testimonianza del fatto che in Cina la Pesca è simbolo di vita eterna troviamo la presenza, in alcune tombe cinesi, di ciotole contenenti pesche poste in prossimità del defunto come segno di buon auspicio.
Il consumo annuo è di circa a 6,8 kg per abitante.

Fiori di pesco.

Ogni anno, gli accordi interprofessionali fissano una data associata alle norme dei calibri, tasso di succo e peso da rispettare per poter commercializzare questi frutti. Più del 60% della produzione e commercializzazione avviene tra i mesi di luglio e agosto. Il profumo della pesca è dovuto alla combinazione di più di 80 sostanze, più o meno volatili.
La coltivazione delle pesche ha avuto una grande espansione, a cui sono succeduti momenti di crisi.
Il pesco, cresce in zone dal clima mediterraneo, quindi ben si adatta all’Italia. 
Il genere Persica comprende diverse specie, anche ornamentali, ma tra quelle coltivate più importanti sono:
Persica vulgaris , dai frutti a buccia vellutata, da consumo fresco o da industria, come le pesche comuni e le percoche o duracine; queste ultime hanno una polpa soda e consistente, adatta ad essere utilizzata per la produzione di pesche sciroppate e macedonie.

Percoche.

Persica laevis , dai frutti a buccia liscia e da consumo fresco, come la pesca noce o nettarina. 
Le varie specie di pesco, in relazione alla specie di appartenenza e al tipo di prodotto fornito, vengono distinte in:
- cultivar da consumo fresco (bianche e gialle);
- nettarine (bianche e gialle);
- percoche (da industria).
La maturazione delle pesche in Italia avviene a seconda della loro varietà: quella molto precoce avviene verso la fine di maggio (specie nelle zone meridionali), la precoce verso luglio-agosto e la tardiva a settembre. 
Tra le pesche a pasta gialla, le più famose e coltivate sono: le Collins, le Gialle di Padova, Haleaven, Elberta, June gold; tra quelle a pasta bianca: le Fior di Maggio, Veronese, Fertile del Pitou, Michelini e K2;

Pesche gialle.

tra le pesche noci: le Indipendence, Fantasia e Stark red gold.
Quando acquistate le pesche, dovete tenere presente che quelle a polpa gialla sono generalmente più acide, mentre quelle a polpa bianca sono quasi sempre più dolci e saporite in quanto più ricche di zuccheri.

martedì 12 maggio 2015

Confettura di nespole, arance e noci.

Il Nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica (Thunb.) Lindl., 1821) è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosacee. 
Esistono due differenti frutti che vengono indicati con il nome di nespola: il frutto di Eriobotrya japonica (nespolo giapponese) appunto che è quello ad oggi maggiormente commercializzato e conosciuto; ha avuto però importanza nella cultura europea anche il frutto del comune nespolo europeo.

Nespole.

Si ritiene che il nespolo del Giappone sia originario della Cina, dove sono presenti una notevole gamma di varietà in tutte le taglie, anche a frutto piccolo ed a minore interesse commerciale, in Giappone in epoca precedente al contatto con l'Europa furono selezionate diverse varietà di Eriobotrya che sono di norma a frutto più grande di quelle selvatiche cinesi, di norma le varietà cinesi sono a polpa più compatta, mentre le giapponesi sono a polpa più acquosa.
Il frutto iniziò la diffusione in Europa all'inizio del 1800, il primo esemplare infatti fu impiantato nel giardino Botanico di Parigi nel 1784, ed in seguito, ai Kew Gardens di Londra nel 1787.
Il nespolo del Giappone è un albero di medie dimensioni, (fino ad otto dieci metri di altezza ed altrettanto in larghezza,) che normalmente è coltivato e condotto a dimensioni più modeste. L'albero è sempreverde e le foglie sono molto grandi (lunghezza fino a 25 cm, larghezza fino 10 cm), di consistenza molto robusta, simile al cartone, con superficie dorsale colore verde carico, lucide, mentre al verso sono colore verde pallido, biancastro e fortemente pelose.

Fiore del Nespolo.

La pelosità riguarda tutte le parti giovani ed erbacee della pianta.
Il fatto che l'albero assuma un portamento tondeggiante, ed i frutti siano portati alla estremità dei rami, rende problematica la raccolta; di norma la conduzione sul terreno e la potatura inducono un portamento seminano o a spalliera che favorisce la raccolta.
Addirittura nelle Filippine i nespoli del Giappone sono coltivati a bassa siepe, (non più di due metri di altezza) per evitare i danni recati dai tifoni; essendo infatti una pianta sempreverde con foglie grandi e rigide è soggetta a danni se sottoposta a venti violenti, o al carico della neve.
I frutti del nespolo del Giappone sono di colore giallastro chiaro, giallo o arancione, maturano in primavera, o inizio estate, e sono immediatamente commestibili. Essi contengono uno o due grossi semi che sono in peso una parte considerevole del frutto; per la riproduzione per seme, i semi devono essere immediatamente seminati, dato che perdono rapidamente vitalità, disidratandosi. Con i semi è possibile fare un liquore analogo al Nocino, il Nespolino.

lunedì 11 maggio 2015

Sarde fritte.

La sardina (Sardina pilchardus) è un pesce della famiglia dei Clupeidi, fra i più diffusi nel mar Mediterraneo, della stessa famiglia dell'aringa. È l'unica specie del genere Sardina.


Sardine.

Si rinviene nell'Oceano Atlantico orientale tra l'Islanda (rarissima) ed il Senegal. È comune nel mar Mediterraneo (soprattutto la parte occidentale e l'Adriatico) e nel mar Nero.
È una specie pelagica e si può trovare tanto lontano dalle coste quanto in pochi centimetri d'acqua (soprattutto durante la buona stagione).
Vive in banchi molto fitti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di individui.
Per le sue qualità viene consigliata dai nutrizionisti nella dieta mediterranea e dai cardiologi nella prevenzione delle cardiopatie specie nelle persone affette da ipercolesterolemia, in quanto particolarmente ricca di acidi grassi essenziali omega 3.
È molto usata a Palermo e nel resto della Sicilia per preparare la famosa ricetta della pasta con le sarde alla palermitana oppure la sarda a beccafico alla catanese.
In Veneto è usata per la ricetta delle “sarde in saor”, piatto tipico veneziano; in provincia di Treviso vi è la sagra la festa “dea sardea”.
La sardina è tra i pesci più comuni nel mediterraneo. Fa parte del gruppo del pesce azzurro e proprio per questo, contiene molti più grassi, ma nello stesso tempo è più energetica e possiede una maggiore quantità di vitamine rispetto al pesce bianco.
Per farci un’idea dei benefici derivanti dal consumo di sardine è sufficiente dire che le stesse contengono per il 18% proteine, vitamina D, A, B2, B3 e B12, oltre a oligoelementi come il ferro, il fosforo, il sodio, il magnesio e il calcio. 100 gr di sardine ci apportano approssimativamente 150 calorie.
Per quanto riguarda il contenuto di grassi va segnalato che questo varia moltissimo, dato che molti sono i fattori che influiscono; tra questi anche l’epoca dell’anno in cui sono state pescate, dato che durante l’estate le sardine sono più grasse ma sono anche più saporite. Per questo motivo tra le sardine si possono trovare esemplari molto magri ed altri con una maggiore quantità di grassi. Per delineare una media si può dire che 100 gr di sardine contengono circa 9,4 gr di grassi, dei quali 2,6 gr sono grassi saturi, 2,8 sono grassi monoinsaturi e 2,9 gr sono polinsaturi. Tuttavia, se ci riferiamo esclusivamente alla qualità della carne, questa dipende essenzialmente da quanto fresco è il pesce.

Sardine.

In via generale si può affermare che le sardine sono un alimento altamente raccomandabile, dato che l’elevato contenuto di acidi grassi insaturi produce effetti positivi sui livelli di colesterolo (aumentando il cosiddetto colesterolo buono ed equilibrando gli effetti negativi del colesterolo cattivo). In questo modo, mangiare sardine ci aiuta a prevenire l’arteriosclerosi e riduce le probabilità di soffrire di una malattia cardiovascolare. Inoltre, le sardine si convertono in un alimento ideale per gli adolescenti, le donne in gravidanza e per gli sportivi o per le persone in convalescenza, dato che le stesse apportano una gran quantità di vitamine e minerali.
Tuttavia, le sardine hanno anche dei lati negativi. Per esempio, le persone che soffrono di gotta ne devono limitare il consumo, dato l’alto contenuto di purina. D’altra parte, chi sta seguendo una dieta per perdere peso dovrebbe evitare le sardine sott’olio, per l’alto contenuto di grassi.

venerdì 1 maggio 2015

Penne con piselli, speck e zenzero.

I piselli, come del resto la maggior parte dei legumi, affondano le radici nel Neolitico, età corrispondente al 7.000 a.C.. Si ritiene che il pisello sia originario dell'India, malgrado l'ipotesi non sia ancora completamente accreditata.

Baccello di pisello.

Attualmente, la pianta del pisello è ampliamente coltivata in Asia e nei Paesi del Mediterraneo. I piselli sono coltivati principalmente per l'alimentazione umana, ma sono largamente utilizzati anche come foraggera da erbaio.
Fu proprio a partire dai piselli che G. Mendel iniziò lunghi ed approfonditi studi su ibridazione e trasmissione dei caratteri, formulando successivamente le note leggi della genetica, tuttora accettate e del tutto accreditate dal mondo della scienza.
Ma l'importanza dei piselli non si ferma solo alla genetica: questi legumi hanno trionfato nelle tavole italiane, non solo per il loro sapore delicato e dolce, ma anche per il buon apporto nutrizionale e le proprietà terapiche.
In botanica, la pianta dei piselli è nota sin dalla metà del Settecento come Pisum sativum, la cui nomenclatura deriva da Carl von Linnè, famoso naturalista svedese al quale si deve l'attuale classificazione scientifica degli organismi viventi.
I piselli appartengono alla famiglia delle Fabaceae (chiamate anche Leguminose o Papilionacee); ne fanno parte tra l'altro il fagiolo, il pisello, la fava, il lupino, il cece, l'arachide, la soia, la lenticchia, la cicerchia e alberi come la mimosa (Acacia), la sofora, la robinia (Robinia pseudoacacia), il carrubo.

Fiore di pisello.

La caratteristica comune a tutte le specie della famiglia è la presenza del legume o baccello: si tratta del frutto della pianta, formato da un carpello che racchiude i semi. Alcune volte presenta strozzature che lo suddividono in camere: in questo caso il legume è detto lomento (per es. il frutto dell'arachide). Giunto a maturità il baccello si apre in corrispondenza delle due suture, dorsale e ventrale, rilasciando i semi.
La pianta del pisello è erbacea, glabra ed annuale: presenta un unico stelo, sottile e fragile, la cui lunghezza varia dai 30 cm ai 3 metri; in funzione delle dimensioni e delle caratteristiche morfologiche della pianta, si distinguono piselli nani, rampicanti e semirampicanti.
La radice della pianta di pisello è fittonante e raggiunge anche gli 80 cm di profondità scavando nel terreno per nutrirsi di acqua e sali minerali. Il fittone è un tipo di radice che affonda verticalmente nel terreno. Si presenta come un grosso corpo cilindrico a carattere legnoso che scende verticalmente dal fusto della pianta, assicurando ancoraggio e stabilità alla pianta; Un esempio di fittone è la parte gialla delle carote.

Marmellata di arance e noci.

L'uva passa (chiamata anche uvetta o uva sultanina) è uva sottoposta a un procedimento di essiccazione. Viene ricavata dall'uva sultanina, una varietà di vite usata prevalentemente per produrre l'uva passa in quanto, essendo priva di semi e ricca di zuccheri si presta bene a questo scopo. Può essere mangiata così com'è o utilizzata per cucinare, specialmente dolci.

Uva passa.

L'uva passa è molto dolce per l'elevata concentrazione di zuccheri. Se viene conservata per lunghi periodi gli zuccheri si cristallizzano all'interno degli acini. Ciò rende i frutti 'sabbiosi', ma non incide sull'utilizzabilità del prodotto: per decristallizzarla è sufficiente immergerla per qualche minuto in un liquido (alcol, succo di frutta o acqua bollita) al fine di sciogliere lo zucchero. Nel caso si desideri farle acquisire morbidezza, ossia ottenere una parziale reidratazione degli acini, per l'uso in cucina e pasticceria, va immersa solo in acqua, in quanto l'uso di liquori a forte gradazione alcolica impedisce la reidratazione.
La varietà a chicchi più piccoli e neri, ricavata dal cultivar Corinto Nero (Vitis apyrena L.) è detta uva o uvetta di Corinto e, negli USA, Zante currants (uvetta d Zante). 
L'uva sultanina è una varietà d'uva di origine greca, turca o iraniana e particolarmente nota per il fatto che viene utilizzata, attraverso un processo di essiccazione, per ottenere l'uva passa.
È un'uva bianca caratterizzata dal possedere acini piccoli, senza semi ed alto contenuto di glucidi. Gli acini si presentano di colore verde chiaro sebbene, giunti ad un elevato grado di maturazione, possano assumere una colorazione ambrata ed un elevato grado di contenuti zuccherini. 
L'uva era tradizionalmente importata nei paesi anglosassoni dai territori dell'impero ottomano, da cui il collegamento del nome dell'uva con la figura del sultano. In base alla tradizione dell'impero ottomano, il nome dell'uva fu inventato dopo che il sultano fu costretto a lasciare esposta al sole l'uva per sfuggire ad un attacco di una tigre, da cui derivò il nome sultana.

Uva sultanina.

Attualmente la Turchia e l'Australia sono i maggiori produttori di questa uva.
Negli Stati Uniti l'uva sultanina è conosciuta anche con il nome di Thompson Seedless, dal nome di William Thompson, il primo viticoltore a coltivarla in California.
L’uva passa fa bene proprio a tutti. Non è soltanto un alimento comodo da portare con se ma è anche un ottimo alleato per coloro che praticano sport in quanto è un’ottima riserva energetica che va dunque a favorire l’attività motoria.
Come? Grazie alle proprietà contenenti all’interno come i carboidrati per dare al fisico posto sotto stress una maggiore energia ed il potassio per migliorare la prestazione favorita dalla presenza di glucosio utile soprattutto ad evitare i crampi.
Le sue proprietà nello specifico sono:
- proprietà depurativa;
- proprietà disintossicante;
- proprietà tonificante e ricostituente.
Inoltre la sua assunzione è ottima negli anziani perché combatte l‘ipertensione, l’arteriosclerosi, l’artrite e gotta. Inoltre è anche un ottimo lassativo e stimolante della diuresi. Insomma fa proprio bene a tutti.
L’uva sultanina ha un valore calorico che si aggira intorno alle 60-80 calorie per ogni 100 gr.

Uva passa.

Pensate alla sua comodità: facile da trasportare, non necessita di conservazione speciale ed è una riserva energetica preziosa per chi fa sport. È l’uva passa, un alleato degli sportivi e un ottimo complemento per la dieta di chi fa attività fisica anche a livello amatoriale. 
L’uva passa oltre ad essere uno snack salutare utilissimo al nostro organismo in quanto è un alimento ricco di antiossidanti volti a prevenire le malattie cardiovascolari può essere il rimedio naturale volto a favorire la salute dei nostri denti.
Recenti ricerche infatti hanno constatato l’utilità della masticazione dell’uva passa, dovuta alle sue proprietà antibatteriche, per contrastare la carie. Una masticazione lenta dell’uva passa inibisce infatti lo sviluppo di alcuni tipi di batteri che attaccano il cavo orale per proteggere la salute dei nostri denti. 
Esistono in commercio diversi tipi di uvetta:

  • uva sultanina: piccola e dolce, dal colore biondo-dorato, senza semi, si trova più comunemente;
  • uva di Corinto, piccola, bluastra, senza semi, importata di solito dal Medio Oriente;
  • uva "di Smirne", grossa, scura, anch'essa senza semi;
  • uva “di Malaga", grossa, chiara, con pochi semi.

Le varietà "sultanina" e "Malaga", vengono prodotte anche in Italia.
L’uvetta in cucina può essere utilizzata per piatti dolci, ma anche per preparazioni salate. Nei dolci la troviamo spesso nei biscotti, nelle ciambelle, nei ripieni (strudel), nelle frittelle, e anche nel famosissimo Panettone.
Molte cucine regionali inseriscono l’uvetta in piatti salati, come in Sicilia (in diverse ricette con le sarde e lo stoccafisso) e in Campania (in molte ricette col baccalà), Veneto (sarde in saor) e Liguria (in molte preparazioni assieme ai pinoli).
L'uva sultanina si raccoglie a settembre e viene fatta essiccare al sole, dopo di ché assume il caratteristico colore bruno.
Oltre che secca può essere conservata in vari modi sia in marmellate che gelatine, oppure sotto spirito. L’uvetta è un’ottima fonte di potassio, fibre, calcio e ferro.

Il periodo delle arance sta per finire; infatti, la stagionalità questo fantastico agrume va da ottobre-novembre sino a marzo-aprile. Anche se, in un’economia globalizzata come la nostra, è possibile reperire questo frutto per quasi 10 mesi all’anno, io preferisco consumare arance durante il periodo invernale: da novembre a marzo in cui si trova il prodotto migliore ad un prezzo più contenuto.
Per poter usufruire più a lungo della bontà di questi frutti, un metodo è quello di preparare delle marmellate da consumare alla mattina per colazione.
L’idea di questa marmellata l’ho avuta dopo aver visto la trasmissione di Benedetta Parodi (I Menù di Benedetta) del 26/11/2012; mi è piaciuta, l'ho provata e, con qualche modifica, la propongo oggi.

Marmellata di arance e noci.

Ingredienti (per 4 vasetti da 250 ml) 
1 Kg di arance non trattate; 
400 g di zucchero di canna;
120 g di uva passa o sultanina;
80 g di gherigli di noci;
2 mele renetta;
50 ml di rhum.

1 – Preparazione.
Sgusciate le noci e tritate grossolanamente i gherigli ottenuti.
Mettete l'uvetta nell'acqua tiepida con il rhum e lasciate in ammollo per almeno 1 ora.
Con l’ausilio di un pelapatate, pelate 2 arance avendo l’accortezza di prelevate solamente la parte arancione. Tagliate le bucce, così ottenute, a striscioline sottili.
In un padellino, portate a bollore 2 bicchieri d’acqua; immergete le scorzette d’arancia e fate bollire per 2-3 min.; scolatele e, dopo aver portato a ebollizione altri 2 bicchieri d’acqua, rimettete le scorzette e fate bollire per altri 2-3 min.
Ripetete questa operazione per altre 2 volte mettendo poi da parte le scorzette.
Prendete tutte le arance, pelatele a vivo in modo da eliminare tutta la parte bianca della buccia ed eliminando anche i semi.
Trasferite le arance in una pentola con le mele tagliate a dadini, metà dello zucchero di canna, mescolate bene e lasciatele macerare a per almeno un’ora.

2 – Cottura.
A questo punto accendetela fiamma e, raggiunto il bollore, cuocete per 20-30 min.
Trascorso il tempo indicato, togliete il tegame dal fuoco e, utilizzando un passaverdura setacciate tutto in composto; aggiungete le scorze d’arancia (messe da parte), l’uvetta strizzata, il restante zucchero, portate nuovamente a bollore e fate cuocere per altri 20-30 min. Questo tempo potrà essere allungato, a vostro piacimento, in funzione della consistenza che desiderate ottenere per la marmellata finale: più lungo sarà il tempo di cottura più compatta risulterà la marmellata.
Unite a questo punto anche le noci tritate in maniera grossolana e fate saltare per 5-10 minuti a fiamma alta.
Trasferite poi la marmellata bollente nei vasetti, puliti e sterilizzati, poneteli capovolti su un tagliere e lasciandoli in questa posizione per almeno una notte.

3 - Presentazione.
Se possibile, lasciate riposare il vostro composto per 40 giorni prima di aprirli e mangiare la marmellata in modo da ottenere il mix. di sapori ottimale.