sabato 30 gennaio 2016

Sformato con funghi, salsiccia, scamorza e zola.

In cucina la quiche, equivalente dello sformato italiano, è un tipo di torta salata della cucina francese. Si prepara principalmente con uova e crème fraîche avvolti da un impasto a base di farina che si cucina al forno. La possibilità di includere altri alimenti permette di cucinare innumerevoli varianti a base di carne e vegetali (sedano, peperoncino, cipolle, porri, scalogni ecc.).
La parola quiche deriva dal tedesco Kuchen che vuol dire torta.
 La quiche lorraine (originaria della regione francese della Lorena) è la varietà più conosciuta di quiche. Contiene assieme all'uovo e alla crème fraîche, la pancetta. Se si aggiunge il formaggio (generalmente quello svizzero, perché fonde meglio), non presente nella ricetta originale, si parla di quiche vosgienne. Quando si aggiunge la cipolla si chiama quiche alsacienne.
La pasta brisèe è una delle paste base della cucina classica francese. Ha un gusto neutro, tuttavia è possibile darle un gusto dolce aggiungendo zucchero o darle alcuni aromi specifici, ad esempio aggiungendo cacao amaro. È estremamente friabile e assume un colore giallo meno intenso della pasta frolla, dal momento che non contiene uova.
Si chiama brisèe, cioè spezzata, perché si impasta prima la materia grassa (burro) con la farina nella quantità sufficiente ad ottenere un impasto di pezzettini staccati l'uno dall'altro; poi si aggiunge la quantità di acqua ben fredda (a cucchiaiate, una alla volta) necessaria per ottenere una pasta omogenea; nella pasta brisèe si mette sempre il sale ed è tradizionalmente una pasta per torte salate (la pasta per le torte dolci è sempre stata la pasta frolla che, in origine, era anch'essa una pasta neutra).
Per donare un colore dorato alla pasta bisogna spalmarne la superficie con del tuorlo d'uovo sbattuto prima di farla cuocere in forno.
Per le varianti dolce e salata aggiungere due cucchiaini di zucchero o di sale prima di aggiungere l'acqua fredda.
  • I suoi utilizzi in cucina sono molteplici:
  • base per torte salate o quiche;
  • base per tartellette per antipasti;
  • base per torte alla frutta o alle creme.

Sformato con funghi, salsiccia, scamorza e zola.

Ingredienti (per una teglia con Ø 24-26 cm.).
Per la pasta brisèe. 
200 g di farina tipo “0”;
70 g di olio EVO;
80 g di acqua fredda;
½ cucchiaino di sale.
Per la farcia 
3 uova;
200 ml di panna fresca;
100 g di salsiccia;
150 g di funghi puliti (pioppino o champignon);
100 g di scamorza affumicata;
100 g di gorgonzola dolce;
1 pizzico di sale;
1 pizzico di pepe nero macinato fresco;
1 mazzetto di prezzemolo fresco.

1 – Preparazione.
In una ciotola sbattete le uova con la panna e un pizzico di sale.
Prepariamo la brisèe all’olio. 
In un mixer a lama grande disponete la farina, sale e l’olio.
Fate fare un giro ad alta velocità per pochi secondi e vi troverete una granella.
Aggiungete quindi l’acqua fredda, fate fare ancora qualche giro ad alta velocità e in pochi secondi sino alla formazione di una palla.
Rovesciate l’impasto su un piano di lavoro, possibilmente freddo, come marmo, alluminio o plastica, evitate il legno che incolla la pasta. Lavoratelo poco, giusto il tempo necessario di formare una pasta liscia e compatta.
Avvolgete il panetto in una pellicola per alimenti, appiattitelo leggermente e lasciate riposare in frigo per almeno 30 minuti.
Trascorso il tempo di raffreddamento, tirate l’impasto fuori dal frigo, adagiatelo e stendetelo su un foglio di carta da forno; cercate di fissare, in qualche modo, il foglio di carta da forno al piano di lavoro con dei mollettoni, in modo che resti fermo quando andate a stendere la pasta.
Stendente con l’aiuto di un matterello energicamente dello spessore di circa 5 mm circa.
La pasta brisée all'olio è pronta per essere utilizzata.

2 – Cottura.
Levate la pelle alla salsiccia, sbriciolatela e fatela rosolare in una padella antiaderente senza aggiungere grassi.
Dopo averla ben rosolata, aggiungete i funghi puliti sminuzzati, metà del prezzemolo tritato finemente, salate e pepate.
Fate cuocere finché i funghi saranno teneri e avranno eliminato tutta l’acqua di vegetazione: ci vorranno circa 15-20 minuti.
Foderate una teglia con carta da forno e inserite il disco di pasta brisèe facendo in modo di farla aderire bene ai bordi; con un coltellino rifilate la pasta in eccesso.
Sequenza sformato.
Distribuite sul fondo la salsiccia con i funghi; spolverate con il resto del prezzemolo tritato, ricoprite il tutto con il preparato di uova e panna, i cubetti di scamorza e infornate, in forno preriscaldato, a 180-190 °C per 30 minuti o, comunque, sino a doratura (2).

3 - Presentazione.
A cottura ultimata, sfornate e lasciate raffreddare; servite tiepida o a temperatura ambiente (3).

Riepilogo costi-Kcal.

giovedì 28 gennaio 2016

Risotto con semi di girasole.

Il nome generico del girasole (Helianthus) deriva da due parole greche ”helios” (sole) e ”anthos” (fiore) in riferimento alla tendenza di questa pianta a girare sempre il capolino verso il sole, comportamento noto come eliotropismo. Il nome specifico (annuus) indica il tipo di ciclo biologico (annuale).

Girasole.

Anche il nome comune italiano (Girasole) deriva dalla rotazione in direzione del sole. Il termine “girasole” è anche usato per indicare le altre piante appartenenti al genere "Helianthus", molte delle quali sono perenni.
Quello che viene definito il fiore è in realtà il capolino (chiamato in generale infiorescenza), composto da un insieme di numerosi fiori. Il capolino per ogni pianta generalmente è unico; se presenti altri capolini (eventualmente pochi, al massimo fino a 9), quelli laterali sono più piccoli.
La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo ingrossato sorregge un involucro emisferico villoso composto da più brattee (o squame, generalmente da 20 a 30) a disposizione embricata e poste in diverse serie che fanno da protezione al ricettacolo lievemente convesso e munito di pagliette avvolgenti i semi, sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni, chiamati "fiori dei petali" (da 17 a 30), ligulati che possono essere gialli, o eventualmente marroni, arancioni o di altri colori (specialmente nei cultivar) e sono disposti in un unico rango; quelli interni, chiamati "fiori del disco" (fino a 150, ma anche di più), sono tubulosi di colore arancio scuro-bruno.

Campo di girasoli.

Quando i fiori del disco maturano, diventano semi. Tuttavia ciò che è comunemente chiamato seme è in realtà il frutto (un achenio) della pianta, con i veri semi circondati da pula indigeribile e provvisto di un pappo formato da due squame (o denti) lineari-acute e precocemente caduche. La forma degli acheni va da ovale a oblunga ed è compresso longitudinalmente. Il colore è variabile da nero a grigio chiaro. La superficie è vellutata. I semi hanno colori e dimensioni diverse: si distinguono in corti, medi e lunghi (in quelli medi la lunghezza è il doppio della larghezza, mentre quelli più corti contengono più olio); i colori vanno dal bianco, al giallo-paglierino, al grigio e fino al nerastro. Dimensioni del frutto: 8–15 mm. Lunghezza delle squame/denti: 1–3,5 mm.

martedì 26 gennaio 2016

Torta di albumi e mandorle.

Se è vero che i cibi più buoni sono anche quelli più pericolosi per la salute, il cioccolato sembra essere la classica eccezione che conferma la regola, o almeno in parte. Chi vuole beneficiare a pieno del suo prezioso carico di antiossidanti deve infatti abituarsi ai risvolti amarognoli del fondente, rinunciando al gusto cremoso del cioccolato bianco e a quello vellutato delle barrette al latte.

Cioccolato.

Non a caso, il cioccolato fondente rappresenta una delle più generose fonti alimentari di flavonoidi, rinomati antiossidanti presenti negli alimenti di origine o derivazione vegetale, come il tè, il vino rosso, gli agrumi ed i frutti di bosco.
Tanto maggiore è la percentuale di cacao nell'amata tavoletta e tanto superiore è la presenza di flavonoidi. In media, 100 grammi di fondente ne contengono 50-60 mg, mentre in un'analoga quantità di cioccolato al latte ne ritroviamo soltanto una decina di mg. Addirittura nulla è invece la percentuale di flavonoidi nel cioccolato bianco.
Dal punto di vista quantitativo, il contenuto in flavonoidi del fondente si avvicina a quello dei frutti di bosco (alimenti antiossidanti per eccellenza), mentre sotto il profilo qualitativo rispecchia, con le sue catechine, il potere antiossidante del the verde.
Ma perché i flavonoidi del cioccolato sono così importanti per la nostra salute?  Questi antiossidanti naturali limitano gli effetti negativi associati ad elevati livelli plasmatici di colesterolo ed in modo particolare della sua frazione "cattiva", data dalle lipoproteine LDL. Così facendo, grazie anche all'effetto antinfiammatorio dimostrato in vitro, i flavonoidi proteggono le arterie dai danni dell'aterosclerosi e prevengono malattie cardiovascolari come l'infarto e l'ictus. Il consumo quotidiano di piccole quantità di cioccolato fondente è inoltre in grado di abbassare lievemente la pressione arteriosa.

Cioccolato bianco.

Nonostante questo alimento sia ricco di sostanze importanti per la nostra salute, è comunque buona regola non lasciarsi prendere da un eccessivo entusiasmo nei suoi confronti. I flavonoidi, infatti, non cancellano grassi e calorie, che nel cioccolato la fanno da padrone. Una tavoletta da 100 grammi fornisce poco meno di 500 calorie, coprendo, in un sol boccone, da 1/4 ad 1/6 del fabbisogno calorico quotidiano (a seconda dell'età, del sesso, della stazza fisica e del grado di attività sportiva).

lunedì 25 gennaio 2016

Capesante con dadolata di verdure.

Pecten jacobaeus, volgarmente noto come capasanta, cappasanta, pettine di mare o conchiglia di San Giacomo, è un mollusco bivalve a struttura inequivalve (conchiglia in cui le due valve sono sensibilmente diverse.), provvisto di 14-16 costole striate che si irradiano dalla cerniera. 
La valva inferiore, con cui l'animale si appoggia al fondo, è molto convessa e di colore chiaro, mentre quella superiore è pianeggiante e di colore bruno. Raggiunge le dimensioni di 12-14 cm circa.

Capesante.

La riproduzione ermafrodita di questo mollusco avviene nei mesi di maggio e giugno e dà luogo a una piccola larva planctonica.
In Europa vivono nel Mediterraneo. In Normandia, in Bretagna, in Scozia, in Irlanda e in Inghilterra è la specie differente Pecten maximus. In Italia vivono pressoché in tutti i mari (condizione essenziale è che siano arenosi o sabbiosi e ricchi di detriti), tra i 25 e i 200 metri di profondità. I giovani esemplari vivono ancorati al fondale mediante dei filamenti, mentre gli adulti si spostano liberamente sul fondale aprendo e chiudendo repentinamente le valve per consentire una rapida fuoriuscita d'acqua: tale metodo consente all'animale di spostarsi con estrema velocità, anche per lunghi tratti.
La capasanta è un essere vivente ermafrodita e viene particolarmente apprezzato quando le gonadi dei due sessi, una arancio corallina e una avorio, sono ben evidenti.
Le carni sono gustose, sia crude sia cotte, anche se è sconsigliato il consumo crudo come del resto tutti i bivalvi (essendo animali filtratori), per motivi d'igiene e di rischi di contatti con malattie infettive.
I mesi consigliati per il consumo di questo gustoso mollusco vanno da maggio ad agosto compresi, anche se la pesca può avvenire durante tutto l'anno, particolarmente nei mesi invernali.
Il sistema utilizzato per la pesca del mollusco è quello delle reti a strascico (quali il rapido).

Penne al tonno.

Col termine generico tonno si identifica un gruppo di grosse specie ittiche, pelagiche e a sangue caldo, che colonizzano quasi tutti i mari del pianeta; il tonno è anche considerato un "pesce azzurro". In particolare, col nome "tonno" vengono raggruppate varie Specie della Famiglia delle Scombridae e del Genere Thunnus, quali: tonno alalunga, tonno albacares (pinna gialla), tonno atlanticus, tonno maccoyii, tonno obesus, tonno orientalis, tonno thynnus (tonno rosso) e tonno tonggol.

Banco di tonni.

Il tonno è un prodotto della pesca molto pregiato, che costituisce buona parte delle risorse economiche di alcune nazioni (ad es. il Giappone); non potendo essere allevato in cattività, il tonno viene catturato in mare aperto o intrappolato nelle tonnare (presenti anche sul territorio italiano, in Sicilia e Sardegna) dove subisce un prelievo "teoricamente" razionalizzato.
Ovviamente, il sapore della carne di tonno non è uniforme tra le varie Specie; quello più pregiato è senz'altro il tonno rosso del Mediterraneo, mentre il "famoso" pinne gialle è destinato prevalentemente all'inscatolamento.
Il tonno è un predatore che si nutre prevalentemente di altri pesci (soprattutto azzurri) e molluschi cefalopodi (in particolare seppie e calamari); grazie a questo regime alimentare, la carne del tonno è ricchissima di acidi grassi essenziali della famiglia ω3 (in particolare EPA e DHA), anche se, per le sue dimensioni (rapportate all'anzianità), è più soggetto ad accumulo di metalli pesanti (come il mercurio) e tossine algali rispetto ai pesci di minori dimensioni.

Tonno pinna gialla.

Essendo un pesce dalle caratteristiche organolettiche e gustative eccellenti, il tonno si presta a numerosissime preparazioni culinarie. Tra l'altro, in virtù delle notevoli dimensioni, il tonno subisce una macellazione (con accurato dissanguamento) in diverse pezzature che (per gli intenditori) necessitano peculiari accorgimenti gastronomici.

Riciclo (2) - Tiramisù con il panettone.

Il tiramisù è un dolce veneto, in particolare di origine trevigiana (in Veneto tirame sù). È un dessert al cucchiaio a base di savoiardi o altri biscotti di consistenza friabile inzuppati nel caffè, mascarpone e uova.

Tiramisù

La ricetta del tiramisù non è presente nei libri di cucina precedenti agli anni sessanta. Ciò consente di supporre che il tiramisù come lo si conosce ora sia una recente invenzione. Elemento ulteriore è la mancata identificazione del dolce nelle enciclopedie e dizionari degli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo. Il dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti fa risalire la prima menzione del nome al 1980.
Tra i dolci della tradizione pasticcera il tiramisù presenta delle similitudini con alcuni dolci, in particolare con la charlotte composta da una crema bavarese circondata da una corona di savoiardi e ricoperta da una guarnitura; con la zuppa inglese composta da strati di savoiardi inzuppati nell’alchermes e/o rosolio e crema pasticciera; con il dolce Torino composto da savoiardi bagnati nell'alchermes e nel rosolio inframmezzati da un composto a base di burro, tuorli di uovo, zucchero, latte e cioccolato fondente; inoltre con  la Bavarese Lombarda con la quale presenta affinità per la preparazione e la presenza di alcuni ingredienti come i savoiardi ed i tuorli d’uovo (assodati e non crudi in quest'ultima). Nella bavarese vengono utilizzati anche il burro ed il rosolio (o Alkermes), ma non il mascarpone e il caffè.
Affascinante è la storia di questo dolce che nacque proprio in Italia, forse in Toscana, o nel Veneto.
Moltissime sono le leggende legate a questo dolce tanto buono quanto misterioso a cui vennero attribuite grandi virtù afrodisiache.

Tiramisù

La versione più accreditata della storia del tiramisu' colloca la sua nascita verso la fine del XVII secolo.
Il dolce nacque a Siena quando il Granduca di Toscana, Cosimo III de' Medici decise di trasferisi per qualche giorno nella città. I pasticcieri senesi decisero di realizzare, proprio in onore del granduca un dolce che rappresentasse quelle che erano le caratteristiche del nobile. Doveva essere un dolce "importante" che contenesse al suo interno ingredienti semplici ma gustosi; era importante che fosse sfarzoso e goloso poiché il nobile amava molto le dolcezze. Venne così realizzato l'attuale tiramisù che allora,in onore proprio del granduca fu chiamato "zuppa del duca".Il nobile apprezzò notevolmente l'abilità dei pasticcieri senesi e il sapore delizioso del dolce e decise di portare così la ricetta a Firenze. Fu così che la "zuppa del duca" divenne famosa, fino a oltrepassare i confini del granducato per approdare a Treviso e quindi a Venezia. La leggenda,  racconta che divenne il dolce prediletto dai cortigiani, poiché attribuivano proprietà eccitanti e afrodisiache. Si diffuse l'abitudine di consumarne abbondanti porzioni prima di ogni incontro amoroso. Ed ecco che la "zuppa del duca" cambiò nome e prese quello decisamente allusivo di "tiramisu".

Tiramisù

Riciclo (5) - Crocchette di polenta dal cuore filante.

Dagli anni Sessanta in poi l’uso della polenta, un tempo particolarmente diffusa nelle zone rurali del Nord Italia, purtrop­po si è notevolmente ridotto. Dico purtroppo poiché, visto che uno dei principi cardine del­l’alimentazione equilibrata è la varietà, questo alimento andrebbe riscoperto e reintrodotto nelle proprie “abitudini alimentari“. Chi ha la neces­sità di dimagrire, può di certo utilizzare setti­manalmente la polenta, tenendo conto di al­cuni suggerimenti qui proposti.

Farina per polenta.

Mangiare polenta anche solo una volta la settimana ci dà la possibilità di gustare un piatto unico e altamente saziante che introduce varietà nella dieta e fa bene al metabolismo. In particolare, l’uso della farina di mais (priva di glutine) consente di ridurre l’eccessivo uso di fari­na di frumento che, oltre a non essere tollerata dai celiaci (per  il suo contenuto di glutine) può, in al­cuni casi, favorire gonfiore e ritenzione idrica.
Inoltre la polenta si trasforma in una pietanza gu­stosa anche abbinata a cibi ipocalorici (per esempio le verdure), permettendoci di ottenere un piatto appetitoso ma non dannoso per la linea. E allora, come è possibile mangiare polenta un paio di volte alla settimana senza ingrassare?
  • Prima di tutto, per la preparazione delle varie ricette non bisogna superare 160 grammi di fa­rina di mais a crudo a porzione.
  • La polenta va sempre abbinata ad una buona quan­tità di verdure e ortaggi in modo da aumentare il volume e il senso di sazietà con un modesto ap­porto calorico; così facendo, si aumenta il conte­nuto di vitamine, elementi minerali (in particola­re potassio), fibra, antiossidanti e acqua che garan­tiscono la disintossicazione, la neutralizzazione dei radicali liberi e la buona funzionalità metabolica.
  • Per un piatto ancora più ricco, si abbinerà la po­lenta con tonno, sarde, salmone affumicato, petto di pollo, funghi, piselli, in modo da integrare la ca­renza di proteine e vitamine PP della farina di mais. 
Con un’ora di passeggiata al giorno e con piatti unici a base di polenta si potrà dimagrire di 700 g a settimana, recuperando la linea in 4 mesi.

Pasta alla chitarra con polpettine al sugo.

In Abruzzo sono comuni i maccheroni, o meglio maccheroni alla chitarra.
Si tratta di un formato di pasta lunga a sezione quadrata, vengono detti anche caratelle.
Ma cos’è la chitarra? E’ uno strumento, certo (ma non si può suonare), infatti, il nome deriva dal fatto che si tratta di un vero e proprio strumento a corde: un telaio rettangolare di legno di faggio prodotto artigianalmente in cui vengono tesi dei sottilissimi fili d'acciaio, alla distanza di 2 millimetri l'uno dall'altro. Non si sa chi abbia inventato la chitarra con cui vengono prodotti questi maccheroni, il piatto abruzzese per eccellenza anche se si è diffuso negli anni anche in Lazio e Molise.

Chitarra per pasta.

L'impasto, che è semplicemente un classico impasto di uova e farina, viene lavorato a lungo e quindi viene ridotto in sfoglie dette pèttole, queste vengono messe una alla volta sulla chitarra. Passandovi sopra col matterello; i fili della chitarra tagliano la pasta a striscioline dalla tipica sezione quadrata che conservano l'antico nome di maccheroni, la dizione autentica è infatti maccheroni alla chitarra. Si tratta di una pasta che ha notevoli caratteristiche: dura, elastica, di un bel colore dorato e resistentissima alla cottura.
Sull’origine dei maccheroni o della pasta in genere non ci sono molte certezze. Varie sono le ipotesi in merito. Una prima teoria vedrebbe i cinesi come inventori dei maccheroni: uno scavo effettuato in Cina portò alla luce un villaggio del neolitico e tra gli oggetti di uso quotidiano ritrovati, c’era una specie di piatto capovolto, rigirandolo vennero ritrovati dei filamenti fatti con un impasto d’acqua e farina. Non si trattava di farina di grano duro bensì di miglio; erano color giallo paglierino e lunghi anche cinquanta centimetri: erano degli antenati della pasta. Le analisi col carbonio 14 hanno dimostrato che questo piatto di pasta ha circa 4000 anni.

Chitarra per pasta.

Secondo molti comunque i maccheroni sono nati in Italia. Della pasta ne sapevano qualcosa gli Etruschi: nella tomba della Grotta Bella, a Cerveteri (IV secolo a.C.) c’è la raffigurazione dell’interno di una casa, con tutto ciò che serve per preparare la pasta: il matterello, la spianatoia, la rotella per tagliarla. Sempre rimanendo in tempi piuttosto remoti ritroviamo la làgana. Una schiacciata di farina considerata la progenitrice della lasagna. Cicerone e Orazio se ne cibavano con piacere. Verso l’anno 1000 vengono alla ribalta i siciliani di Trabìa, vicino Palermo. Là si faceva un tipo di pasta lavorata in forma di filamenti, che avevano il nome arabo di itriyah. Questo nome è rimasto, e non solo lui, visto che ancora oggi i palermitani mangiano i vermicelli di Tria.

Dopo il limoncello: come riutilizzare le bucce e i limoni nudi.


In questo periodo dell’anno, quando gli agrumi danno il meglio di sé, inizia la preparazione dei vari liquori casalinghi: limoncello, arancello, mandarinetto, ecc.
Ecco quindi che, anche quest’anno, ho cominciato con il limoncello. La mia prima preparazione risale al 2013 con circa 1,5 kg di limoni di buona qualità.

Produzione 2016.

La ricetta utilizzata era una miscellanea di varie ricette recuperate in rete oltre che da amici e parenti. Il liquore ottenuto, contrariamente a quanto sperassi, era buono secondo il parere mio e dei molti che lo hanno assaggiato; conseguentemente, ogni anno, la quantità di limoncello prodotto è via via aumentata sino ad arrivate a quest’anno con circa 10 kg di bellissimi limoni di Sorrento (recuperati a fatica e con un certo costo) che, alla fine, mi hanno dato circa 13 litri di limoncello.
Con tutti questi fantastici e profumatissimi frutti impiegati, si è presentato un non trascurabile problema: come utilizzare i limoni dopo averli “pazientemente” pelati.
Un altro problema era quello della grande quantità di bucce che restavano dopo aver ceduto tutta la loro fragranza nell’infusione alcolica.
In passato, con meno limoni, dopo l’infusione le ho sempre gettate; quest’anno però, vista la qualità dei frutti, mi dispiaceva buttarle.
I frutti, per così dire “nudi”, li ho sempre trasformati in marmellata di qualità mediocre; infatti, una marmellata preparata con qualsiasi agrume, diviene eccezionale solo se contiene anche le bucce che danno profumo ed un gusto inconfondibile.
Dopo una lunga ricerca, ho trovato la soluzione per i frutti e anche per le bucce: i limoni ubriachi, l’aroma al limoncello e lo di limone (poi di seguito vi spiego).

domenica 10 gennaio 2016

Bocconcini di pollo con funghi chiodini.

Qualche parola sulla carne di pollo: il numero di polli destinati al consumo umano è cresciuto del 169% dal 1980 al 2010, portandosi da 7.2 miliardi di individui a 19.4 miliardi di individui.


I motivi sono molteplici: il costo abbastanza contenuto, gestione degli allevamenti più semplice, periodi di allevamento ridotti (i polli da allevamento intensivo vengono macellati dai 30 ai 60 giorni di età), buone caratteristiche nutrizionali, ecc.
La carne bianca (pollo, tacchino, coniglio) è ricca di proteine nobili (indispensabili all’organismo, per esempio, per rinnovare i tessuti e per la formazione degli ormoni, degli enzimi, degli anticorpi) e di aminoacidi ramificati (utili nel metabolismo dei muscoli e nel promuovere lo smaltimento delle tossine che si formano quando un organismo svolge un intenso lavoro atletico).
Nonostante l’aspetto bianco della carne, 100 grammi di pollo e tacchino contengono rispettivamente 1,5 e 2,5 grammi di ferro, valori più o meno equivalenti alla carne di bovino.

sabato 9 gennaio 2016

Spätzle con gorgonzola e speck.

Gli spätzle (spätzle) o spatzen e gli knopfle sono un tipo di pasta sveva o alemanna utilizzata come contorno di altre pietanze o come piatto unico (assieme ad altri ingredienti). Risultano ben presenti anche nella cucina svizzera (spätzli o chnöpfl), ungherese, slovacca, austriaca e tirolese; in italiano, gli spätzle (o toffi) vengono anche intesi come dei piccoli gnocchi o grossi e corti spaghetti, a seconda del tipo.
Di spätzle ne esistono vari tipi: quelli tagliati a mano, gli knopfle e quelli pressati.

Spätzle.

La pasta degli spätzle è composta da pochi ingredienti, principalmente: uova, farina e sale. Per alcune specialità, la pasta può essere arricchita con fegato di maiale macinato (Leberspätzle), spinaci o formaggio grattugiato finemente. La regola “empirica” sveva prevede di utilizzare un uovo in più rispetto al numero di commensali; talvolta si aggiunge acqua per produrre un impasto più liquido, ma è necessario non esagerare. La farina tradizionalmente utilizzata è di un tipo piuttosto grossolano noto come “dunstmehl”, simile alla "first clear" degli Stati Uniti ed alla “hrubá” Ceca. L'utilizzo dell'acqua diventa invece una necessità nel momento in cui si rende necessario ridurre il contenuto di uova per motivi salutistici. Se l'impasto è fatto a regola d'arte, l'acqua ed i lipidi delle uova non richiedono l'aggiunta di altri liquidi.

giovedì 7 gennaio 2016

Limoncello - nuova ricetta.

Secondo la tradizione il limoncello nasce agli inizi del Novecento e la sua paternità viene contesa tra sorrentini, amalfitani e capresi: molto rinomato infatti è quello prodotto in Campania utilizzando il limone di Sorrento (il "femminello") o lo sfusato amalfitano IGP. Molto famoso è quello di Procida.

Limoncello 2016.

In seguito alla popolarità raggiunta dal Limoncello in Italia, anche gli Stati Uniti hanno iniziato a produrre limoncello usando i limoni della California che equivalgono al 90% della produzione nazionale. 
Il limoncello nacque proprio agli inizi del 1900, in una piccola pensione dell’Isola Azzurra, dove la signora Maria Antonia Farace curava un rigoglioso giardino di limoni e arance. Il nipote, nel dopoguerra, aprì un’attività di ristorazione proprio nelle vicinanze della villa di Axel Munte. La specialità di quel bar era proprio il liquore di limoni realizzato con l’antica ricetta della nonna. Nel 1988, il figlio Massimo Canale avviò a sua volta una piccola produzione artigianale di limoncello, registrandone il marchio. Ma in realtà, anche a Sorrento ed a Amalfi, fioccano leggende e racconti sulla produzione del tradizionale liquore giallo.

sabato 2 gennaio 2016

Rotolo di sfoglia con uova e salsiccia.

Dopo le preparazioni natalizie, mi è rimasta una confezione di pasta sfoglia; come utilizzarla? Questo è un secondo piatto semplice e veloce da realizzare e, allo stesso tempo, gustoso e ricco; da provare!


Ingredienti (per 4-6 persone).
1 rotolo di pasta sfoglia (rettangolare);
300 g di salsiccia;
100 g di pangrattato;
60 g di grana grattugiato;
20 g di senape;
3 uova;
1 tuorlo;
1 scalogno;
2-3 rametti di prezzemolo fresco;
2-3 rametti di timo fresco;

1 – Preparazione.
Fate lessare le uova (8 minuti dall’inizio del bollore dell’acqua); quando saranno pronte, fatele raffreddare e sgusciatele.
Nel frattempo, tritate finemente lo scalogno, il prezzemolo e il timo.
Eliminate la pelle alla salsiccia, sgranatela (con una forchetta o con le mani) e mettetela in una ciotola; aggiungete il trito di scalogno, le erbe aromatiche, il pangrattato, il formaggio grattugiato, la senape e mescolate molto bene.
Accendete il forno e portatelo alla temperatura di 200 °C.
Srotolate il foglio di pasta sfoglia sul piano di lavoro e distribuite uniformemente l’impasto di salsiccia lasciando 2-3 centimetri di bordo libero (1).
Disponete le uova sode all’inizio di una dei bordi corti (2) e, aiutandovi con la stessa carta da forno della pasta sfoglia, arrotolate avendo cura di chiudere bene le parti terminali del rotolo (3).
Sequenza-1
Con uno stecchino, praticate dei fori sulla superfice del rotolo mentre, con un coltello, fate qualche taglio. Spennellate la superfice con dell’uovo sbattuto (o con del latte) e trasferite il rotolo in una teglia rivestita con la carta da forno su cui era avvolta la pasta sfoglia. (4)

2 – Cottura.
Infornate e fate cuocere (in modalità statica) per 50-60 minuti o fino a doratura completa della superfice (5).
Sequenza-2
Togliete dal forno in vostro rotolo e posizionatelo sopra una gratella e lasciatelo raffreddare (6).

3 - Presentazione.
Una vota freddo, tagliate (con un coltello da pane) delle fette di 1,5-2 centimetri e servite accompagnate con un'insalata mista.