giovedì 27 ottobre 2016

Confettura di fichi e fichi d'india.

Brandy è il nome generico dell'acquavite ricavata dalla distillazione del vino, dopo un periodo di invecchiamento in botte; questa denominazione è universalmente impiegata. In alcune zone l'acquavite di vino riceve una denominazione d'origine legata al territorio di produzione (Armagnac, Cognac). Il brandy si può produrre in qualunque Paese dove viene coltivata l'uva.

Brandy.

L'etimologia della parola viene fatta derivare dall'abbreviazione dell'inglese brandywine, a sua volta tradotto dall'olandese brandewijn, cioè vino bruciato (distillato). Gli olandesi nel XVII secolo erano i più attivi mercanti di vini e di spiriti, e si rifornivano lungo le coste atlantiche, dalla Francia al Portogallo, per esportarli in Inghilterra e in tutto il Nord Europa.
Le prime testimonianze letterarie del termine risalgono al 1622: nella commedia inglese Beggar's Bush attribuita a John Fletcher si leggono le parole «Buy brand wine». Un'altra testimonianza si ritrova nelle Roxburghe Ballads del 1650: «it is more fine than brandewine». Pare quindi che all'epoca il termine fosse già di uso corrente per il distillato di vino. Ancora oggi nel Regno Unito brandy si usa per indicare il cognac.
Il brandy viene prodotto dalla distillazione del vino sano, o guasto ma non acetificato, e da sottoprodotti come vinacce e fecce. Le sue qualità organolettiche derivano dal pregio della materia prima.
I vini impiegati possono essere indifferentemente bianchi, rosati o rossi; i distillati migliori vengono ricavati da vini ad alta acidità, scarso tenore alcolico, e aromaticamente neutri; a livello mondiale il vitigno più impiegato è il trebbiano, detto ugni blanc in Francia. I vini non devono contenere solfiti.
Lo strumento per ricavare l'acquavite è l'alambicco, nei tipi continuo o discontinuo. Le tecniche di distillazione sono varie secondo lo strumento impiegato, ma come per altri spiriti vengono scartate le frazioni iniziali (teste) e finali (code), contenenti sapori e odori sgradevoli. Secondo i metodi se ne ricavano acquaviti da 52% a 72% di alcol, talvolta oltre. La resa ordinaria è di un litro di distillato ogni dieci di vino.

Brandy.

Appena distillata, l'acquavite non è ancora brandy: deve essere sottoposta ad un periodo di invecchiamento in botte, secondo la legislazione del paese di produzione, prima di poter essere imbottigliata, previa filtrazione a freddo. Sono generalmente indicati i tipi di legno permessi, e la durata minima di soggiorno in botte.
Al brandy così prodotto vengono generalmente aggiunti caramello per colorarlo, zucchero per ammorbidirlo, estratti di trucioli di quercia per aumentarne gli aromi di legno; infine viene diluito con acqua distillata alla gradazione voluta. Eccezionalmente il brandy può venire imbottigliato come esce dalla botte (cask strenght o grado pieno), dopo un adeguato invecchiamento.
Il brandy viene abitualmente consumato come digestivo dopo i pasti, o come distillato da meditazione; talvolta accompagnandolo al fumo di un sigaro, o di qualche pezzetto di cioccolato amaro. In Italia ed in Spagna si usa anche come correttore del caffè.
Si serve in bicchieri a forma di uovo tronco, chiamati ballon o snifter o, molto meglio, in bicchieri a tulipano; il brandy non va mai riscaldato con fiamme o calore vivace, né diluito con ghiaccio, per non rovinarne gli aromi, ma il bicchiere può essere scaldato con il calore delle mani (humanizer, dicono i francesi).
Il brandy può essere prodotto in qualunque Paese, con i metodi più diversi. Poiché viene distillato dal vino, i Paesi a tradizione vinicola sono i principali produttori ed esportatori di questo tipo di distillato: l'Europa meridionale ed i Paesi del bacino del Mar Nero sono i maggiori produttori mondiali.

Brandy.

Il brandy è usato come ingrediente in alcuni cocktail, quando si vuole sostituire il più costoso cognac, per esempio:
Sidecar cocktail
Alexander - cocktail a base di brandy o cognac e panna
East india - cocktail a base di brandy, succo d'arancia e Curaçao
Sidecar - cocktail a base di brandy, liquore d'arancia e succo di limone.
I disciplinari di produzione del brandy variano da Paese a Paese. In Italia, nella UE, nonché in Argentina è possibile produrre brandy solo a partire da acquavite di vino. In Australia, Stati Uniti d'America, Sudafrica ed altre nazioni a vocazione vinicola è invece possibile utilizzare, oltre al vino, anche fecce e vinacce.
Una convenzione italo-francese (28 maggio 1948) stabilì che i termini cognac e armagnac fossero riservati ai soli prodotti francesi le cui aree di produzione sono delimitate da apposite norme. Il termine brandy viene utilizzato per i distillati di vino delle altre zone della Francia e di tutti gli altri Paesi.

Nella preparazione di marmellate, confetture e composte, uso spesso un liquore o un distillato come brandy, rum, grappa, ecc. che, una volta evaporata la parte alcolica, conferiscono al prodotto finito, aromi e gusti particolari.

Confettura di fichi e fichi d'india.

Ingredienti (per 3-4 vasetti da 250 ml).
600 g di polpa di fichi;
600 g di polpa di fichi d’india;
500 g di zucchero di canna;
2 mele renetta;
Succo e buccia di un limone non trattato;
1 baccello di vaniglia;
1 busta di Fruttapec 2:1 della Cameo (facoltativo) (a);
100 ml di Brandy.

1 – Preparazione.
Per prima cosa puliamo i fichi d’india.
Lavare accuratamente i fichi d’india lasciandoli a bagno in una bacinella colma d’acqua per un paio d’ore e cambiando l’acqua 2-3 volte. Scolate i frutti e passateli con della carta assorbente; in questo modo la maggior parte delle minuscole spine, se presenti, nei punti scuri della buccia, dovrebbero essere state eliminate e possiamo maneggiare i frutti con le mani senza pericolo.
Un mio caro amico una volta mi disse che sua madre, quando doveva pulire i fichi d’india, lasciava i frutti a bagno tutta la notte e, il mattino successivo, li spellava tranquillamente con le mani.
Con l’ausilio di un coltellino affilato, tagliate prima una estremità del frutto (1) e poi l’altra (2) per circa 1 cm di spessore.
Ora incidete la pelle del fico d’india, con la lama del coltellino, da un ‘estremità all’altra ma senza toccare la polpa (3).
Tenete fermo il lembo di buccia con la forchetta e staccate il fico d’india dalla sua pelle srotolandolo fino a staccarlo completamente (4).
Ripetete questa operazione per tutti i fichi d’india e poi tagliateli in 4-5 pezzi.
Prepariamo il resto della frutta.
Eliminate, dai fichi, il picciolo e la buccia; se i fichi sono ben maturi e non trattati non eliminate la buccia, lavateli molto bene, eliminate il picciolo e tagliateli in 4 spicchi.
Grattugiate la buccia, spremete il succo del limone e mettete tutto da parte.
Private le mele della buccia, del torsolo e tagliatele a pezzettoni.
Mettete, in una pentola in acciaio, i fichi, i fichi d’india, le mele, buccia e succo dei limoni, lo zucchero di canna (tenetene da parte 2 cucchiai) e il baccello di vaniglia inciso per la lunghezza e tagliato in 3 pezzi; mescolate bene, coprite e lasciate riposare per 3-4 ore in un luogo fresco (va bene anche il frigorifero).
Trascorso il tempo, mettete da parte i pezzi di mela (verranno frullati più avanti dopo la cottura) e, con una forchetta, schiacciate, molto bene, tutta la polpa di frutta sino ad ottenere una purea; a questo punto, passare il tutto in un setaccio a maglie non troppo larghe, aiutandovi con un cucchiaio o una forchetta, per eliminare i semi. La stessa operazione la si può effettuare utilizzando un passaverdura; io preferisco il setaccio perché con il passaverdura è possibile che alcuni semini, rompendosi, passano nella polpa setacciata.

2 – Cottura.
Unite i pezzi di mela al resto della polpa di frutta, mettete sul fuoco la pentola; portate ad ebollizione e fate cuocere, a fuoco moderato, per 40-50 minuti mescolando ogni tanto e schiumando se necessario.
Nel frattempo, dopo aver lavato bene e asciugato i vasetti, con i relativi tappi, mettete in forno solo i vasetti (i tappi a temperatura alta si rovinerebbero) e portate a 150 °C. Raggiunta la temperatura, lasciare nel forno i vasetti per 20-30 min.
Riducete la temperatura del forno a 90-100 °C; raggiunta la temperatura, introducete nel forno anche i tappi e lasciate il tutto al suo interno sino al loro utilizzo.
Dopo 20 minuti di cottura, prelevate i pezzi di mela e, con l’ausilio di un frullatore ad immersione, spappolate le mele, rimettete la polpa in padella e proseguite nella cottura.
Trascorsi 30 minuti iniziate controllare la consistenza della confettura con la prova “del piattino” (b); nel caso risultasse ancora troppo liquida, aggiungete ½ bustina di pectina (Fruttapec) che avrete mescolato con lo zucchero tenuto da parte e fate cuocere per altri 10 minuti controllando ogni nuovamente la consistenza della vostra confettura con la prova “del piattino”.
Se ancora non bastasse, aggiungete l’altra metà della bustina (con lo zucchero rimasto) e procedete allo stesso modo dell’aggiunta precedente.
Ottenuta la consistenza desiderata, aggiungete il brandy e fate svaporare l’alcol (a fiamma viva) per 3-4 minuti; eliminate i pezzi di baccello di vaniglia e riempite con la confettura bollente i vasetti, ben caldi, sino a 1-1,5 cm dal bordo; chiudete con il tappo, capovolgete i vasetti e lasciate raffreddare a temperatura ambiente in modo che si ottenga il sottovuoto (c)..
Nel caso che qualche vasetto non risulti sottovuoto, porli in frigorifero e consumare la confettura nell’arco di qualche giorno.

3 - Presentazione.
I vasetti correttamente preparati vanno conservati, sempre capovolti, in dispensa e hanno una durata di qualche mese (sino ad 1 anno in funzione del contenuto di zucchero).
Una volta aperti, i vasetti vanno riposti in frigorifero sempre capovolti, e la confettura va consumata nell’arco di una settimana.
Questa confettura è ottima, per colazione o merenda, spalmata su crostini di pane o in accompagnamento con formaggi stagionati.



(a) La quantità di addensante a base di pectina (per esempio Fruttapec della Cameo) è molto soggettivo: più pectina si usa, più la confettura risulterà soda e compatta; personalmente io preferisco che la confettura resti abbastanza morbida e spalmabile.
(b) La prova del piattino consiste nel versare un cucchiaino di confettura sul piattino, lasciare raffreddare e inclinare il piattino; se la confettura non scivola via, è pronta.
(c) Quando i vasetti si saranno raffreddati, se in sottovuoto si sarà formato correttamente, premendo al centro del tappo deve rimanere un avvallamento e non fare più clic-clac.


Nessun commento:

Posta un commento