Brandy è il nome generico dell'acquavite
ricavata dalla distillazione del vino, dopo un periodo di invecchiamento in botte;
questa denominazione è universalmente impiegata. In alcune zone l'acquavite di
vino riceve una denominazione d'origine legata al territorio di produzione
(Armagnac, Cognac). Il brandy si può produrre in qualunque Paese dove viene
coltivata l'uva.
L'etimologia della parola viene fatta derivare
dall'abbreviazione dell'inglese brandywine, a sua volta tradotto dall'olandese
brandewijn, cioè vino bruciato (distillato). Gli olandesi nel XVII secolo erano
i più attivi mercanti di vini e di spiriti, e si rifornivano lungo le coste
atlantiche, dalla Francia al Portogallo, per esportarli in Inghilterra e in
tutto il Nord Europa.
Le prime testimonianze letterarie del termine
risalgono al 1622: nella commedia inglese Beggar's Bush attribuita a John
Fletcher si leggono le parole «Buy brand wine». Un'altra testimonianza si
ritrova nelle Roxburghe Ballads del 1650: «it is more fine than brandewine».
Pare quindi che all'epoca il termine fosse già di uso corrente per il
distillato di vino. Ancora oggi nel Regno Unito brandy si usa per indicare il
cognac.
Il brandy viene prodotto
dalla distillazione del vino sano, o guasto ma non acetificato, e da
sottoprodotti come vinacce e fecce. Le sue qualità organolettiche derivano dal
pregio della materia prima.
I vini impiegati possono
essere indifferentemente bianchi, rosati o rossi; i distillati migliori vengono
ricavati da vini ad alta acidità, scarso tenore alcolico, e aromaticamente
neutri; a livello mondiale il vitigno più impiegato è il trebbiano, detto ugni
blanc in Francia. I vini non devono contenere solfiti.
Lo strumento per ricavare
l'acquavite è l'alambicco, nei tipi continuo o discontinuo. Le tecniche di
distillazione sono varie secondo lo strumento impiegato, ma come per altri
spiriti vengono scartate le frazioni iniziali (teste) e finali (code),
contenenti sapori e odori sgradevoli. Secondo i metodi se ne ricavano acquaviti
da 52% a 72% di alcol, talvolta oltre. La resa ordinaria è di un litro di
distillato ogni dieci di vino.
Appena
distillata, l'acquavite non è ancora brandy: deve essere sottoposta ad un
periodo di invecchiamento in botte, secondo la legislazione del paese di
produzione, prima di poter essere imbottigliata, previa filtrazione a freddo.
Sono generalmente indicati i tipi di legno permessi, e la durata minima di
soggiorno in botte.
Al brandy così prodotto
vengono generalmente aggiunti caramello per colorarlo, zucchero per ammorbidirlo,
estratti di trucioli di quercia per aumentarne gli aromi di legno; infine viene
diluito con acqua distillata alla gradazione voluta. Eccezionalmente il brandy
può venire imbottigliato come esce dalla botte (cask strenght o grado pieno),
dopo un adeguato invecchiamento.
Il brandy viene
abitualmente consumato come digestivo dopo i pasti, o come distillato da
meditazione; talvolta accompagnandolo al fumo di un sigaro, o di qualche
pezzetto di cioccolato amaro. In Italia ed in Spagna si usa anche come
correttore del caffè.
Si serve in bicchieri a
forma di uovo tronco, chiamati ballon o snifter o, molto meglio, in bicchieri a
tulipano; il brandy non va mai riscaldato con fiamme o calore vivace, né
diluito con ghiaccio, per non rovinarne gli aromi, ma il bicchiere può essere
scaldato con il calore delle mani (humanizer, dicono i francesi).
Il brandy può essere prodotto in qualunque Paese,
con i metodi più diversi. Poiché viene distillato dal vino, i Paesi a
tradizione vinicola sono i principali produttori ed esportatori di questo tipo
di distillato: l'Europa meridionale ed i Paesi del bacino del Mar Nero sono i
maggiori produttori mondiali.
Il brandy è usato come ingrediente in alcuni
cocktail, quando si vuole sostituire il più costoso cognac, per esempio:
Sidecar cocktail
Alexander - cocktail a base di brandy o cognac e
panna
East india - cocktail a base di brandy, succo
d'arancia e Curaçao
Sidecar - cocktail a base di brandy, liquore
d'arancia e succo di limone.
I disciplinari di produzione del brandy variano da
Paese a Paese. In Italia, nella UE, nonché in Argentina è possibile produrre
brandy solo a partire da acquavite di vino. In Australia, Stati Uniti
d'America, Sudafrica ed altre nazioni a vocazione vinicola è invece possibile
utilizzare, oltre al vino, anche fecce e vinacce.
Una convenzione italo-francese (28 maggio 1948)
stabilì che i termini cognac e armagnac fossero riservati ai soli prodotti
francesi le cui aree di produzione sono delimitate da apposite norme. Il
termine brandy viene utilizzato per i distillati di vino delle altre zone della
Francia e di tutti gli altri Paesi.
Nella preparazione di marmellate, confetture e
composte, uso spesso un liquore o un distillato come brandy, rum, grappa, ecc.
che, una volta evaporata la parte alcolica, conferiscono al prodotto finito,
aromi e gusti particolari.
Ingredienti (per 3-4 vasetti da 250 ml).
600 g di polpa di fichi;
600 g di polpa di fichi d’india;
500 g di zucchero di canna;
2 mele renetta;
Succo e buccia di
un limone non trattato;
1 baccello di vaniglia;
1 busta di Fruttapec
2:1 della Cameo (facoltativo) (a);
100 ml di Brandy.
1 –
Preparazione.
Per prima cosa puliamo i fichi d’india.
Lavare accuratamente i fichi d’india
lasciandoli a bagno in una bacinella colma d’acqua per un paio d’ore e
cambiando l’acqua 2-3 volte. Scolate i frutti e passateli con della carta assorbente;
in questo modo la maggior parte delle minuscole spine, se presenti, nei punti
scuri della buccia, dovrebbero essere state eliminate e possiamo maneggiare i
frutti con le mani senza pericolo.
Un mio caro amico una volta mi disse che sua
madre, quando doveva pulire i fichi d’india, lasciava i frutti a bagno tutta la
notte e, il mattino successivo, li spellava tranquillamente con le mani.
Con l’ausilio di un coltellino affilato,
tagliate prima una estremità del frutto (1) e poi l’altra (2) per circa 1 cm di
spessore.
Ora incidete la pelle del fico d’india, con la
lama del coltellino, da un ‘estremità all’altra ma senza toccare la polpa
(3).
Tenete fermo il lembo di buccia con la
forchetta e staccate il fico d’india dalla sua pelle srotolandolo fino a
staccarlo completamente (4).
Ripetete questa operazione per tutti i fichi
d’india e poi tagliateli in 4-5 pezzi.
Prepariamo il resto della frutta.
Eliminate, dai
fichi, il picciolo e la buccia; se i fichi sono ben maturi e non trattati non
eliminate la buccia, lavateli molto bene, eliminate il picciolo e tagliateli in
4 spicchi.
Grattugiate la
buccia, spremete il succo del limone e mettete tutto da parte.
Private le mele
della buccia, del torsolo e tagliatele a pezzettoni.
Mettete, in una pentola in acciaio, i fichi, i fichi
d’india, le mele, buccia e succo dei limoni, lo zucchero di canna (tenetene da
parte 2 cucchiai) e il baccello di vaniglia inciso per la lunghezza e tagliato
in 3 pezzi; mescolate bene, coprite e lasciate riposare per 3-4 ore in un luogo
fresco (va bene anche il frigorifero).
Trascorso il tempo, mettete da parte i pezzi di
mela (verranno frullati più avanti dopo la cottura) e, con una forchetta,
schiacciate, molto bene, tutta la polpa di frutta sino ad ottenere una purea; a
questo punto, passare il tutto in un setaccio a maglie non troppo larghe,
aiutandovi con un cucchiaio o una forchetta, per eliminare i semi. La
stessa operazione la si può effettuare utilizzando un passaverdura; io
preferisco il setaccio perché con il passaverdura è possibile che alcuni
semini, rompendosi, passano nella polpa setacciata.
2 –
Cottura.
Unite i pezzi di mela al resto della polpa di
frutta, mettete sul fuoco la pentola; portate ad ebollizione e fate cuocere, a
fuoco moderato, per 40-50 minuti mescolando ogni tanto e schiumando se
necessario.
Nel frattempo, dopo aver lavato bene e
asciugato i vasetti, con i relativi tappi, mettete in forno solo i vasetti (i
tappi a temperatura alta si rovinerebbero) e portate a 150 °C. Raggiunta la
temperatura, lasciare nel forno i vasetti per 20-30 min.
Riducete la temperatura del forno a 90-100 °C;
raggiunta la temperatura, introducete nel forno anche i tappi e lasciate il
tutto al suo interno sino al loro utilizzo.
Dopo 20 minuti di cottura, prelevate i pezzi di
mela e, con l’ausilio di un frullatore ad immersione, spappolate le mele,
rimettete la polpa in padella e proseguite nella cottura.
Trascorsi 30 minuti iniziate controllare la consistenza
della confettura con la prova “del piattino” (b); nel caso
risultasse ancora troppo liquida, aggiungete ½ bustina di pectina (Fruttapec)
che avrete mescolato con lo zucchero tenuto da parte e fate cuocere per altri
10 minuti controllando ogni nuovamente la consistenza della vostra confettura
con la prova “del piattino”.
Se ancora non bastasse, aggiungete l’altra metà
della bustina (con lo zucchero rimasto) e procedete allo stesso modo dell’aggiunta
precedente.
Ottenuta la consistenza
desiderata, aggiungete il brandy e fate svaporare l’alcol (a fiamma viva) per
3-4 minuti; eliminate i pezzi di baccello di vaniglia e riempite con la confettura bollente i vasetti, ben caldi, sino a
1-1,5 cm dal bordo; chiudete con il tappo, capovolgete i vasetti e lasciate
raffreddare a temperatura ambiente in modo che si ottenga il sottovuoto (c)..
Nel caso che qualche vasetto non risulti
sottovuoto, porli in frigorifero e consumare la confettura nell’arco di qualche
giorno.
3 -
Presentazione.
I vasetti correttamente preparati vanno conservati,
sempre capovolti, in dispensa e hanno una durata di qualche mese (sino ad 1
anno in funzione del contenuto di zucchero).
Una volta aperti, i vasetti vanno riposti in
frigorifero sempre capovolti, e la confettura va consumata nell’arco di una
settimana.
Questa confettura è ottima, per colazione o
merenda, spalmata su crostini di pane o in accompagnamento con formaggi
stagionati.
(a) La quantità di
addensante a base di pectina (per esempio Fruttapec della Cameo) è molto
soggettivo: più pectina si usa, più la confettura risulterà soda e compatta;
personalmente io preferisco che la confettura resti abbastanza morbida e
spalmabile.
(b) La prova del piattino consiste nel versare un
cucchiaino di confettura sul piattino, lasciare raffreddare e inclinare il
piattino; se la confettura non scivola via, è pronta.
(c) Quando i vasetti si saranno raffreddati, se in
sottovuoto si sarà formato correttamente, premendo al centro del tappo deve
rimanere un avvallamento e non fare più clic-clac.
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