In Abruzzo sono comuni i
maccheroni, o meglio maccheroni alla chitarra.
Si tratta di un formato di pasta lunga a sezione quadrata, vengono detti anche caratelle.
Si tratta di un formato di pasta lunga a sezione quadrata, vengono detti anche caratelle.
Ma cos’è la
chitarra? E’ uno “strumento”, certo (ma non si può suonare), infatti,
il nome deriva dal fatto che si tratta di un vero e proprio strumento a corde:
un telaio rettangolare di legno di faggio prodotto artigianalmente in cui
vengono tesi dei sottilissimi fili d'acciaio, alla distanza di 2 millimetri
l'uno dall'altro. Non si sa chi abbia inventato la chitarra con cui vengono
prodotti questi maccheroni, il piatto abruzzese per eccellenza anche se si è
diffuso negli anni anche in Lazio e Molise.
L'impasto, che è “semplicemente” un classico impasto di uova e farina, viene lavorato a lungo e quindi viene ridotto in sfoglie dette pèttole, queste vengono messe una alla volta sulla chitarra. Passandovi sopra col matterello; i fili della chitarra tagliano la pasta a striscioline dalla tipica sezione quadrata che conservano l'antico nome di “maccheroni”, la dizione autentica è infatti “maccheroni alla chitarra”. Si tratta di una pasta che ha notevoli caratteristiche: dura, elastica, di un bel colore dorato e resistentissima alla cottura.
Sull’origine dei maccheroni o della pasta in genere non ci sono molte certezze. Varie sono le ipotesi in merito. Una prima teoria vedrebbe i cinesi come inventori dei maccheroni: uno scavo effettuato in Cina portò alla luce un villaggio del neolitico e tra gli oggetti di uso quotidiano ritrovati, c’era una specie di piatto capovolto, rigirandolo vennero ritrovati dei filamenti fatti con un impasto d’acqua e farina. Non si trattava di farina di grano duro bensì di miglio; erano color giallo paglierino e lunghi anche cinquanta centimetri: erano degli antenati della pasta. Le analisi col carbonio 14 hanno dimostrato che questo piatto di pasta ha circa 4000 anni.
Secondo molti comunque i maccheroni sono nati in Italia. Della pasta ne sapevano qualcosa gli Etruschi: nella tomba della “Grotta Bella”, a Cerveteri (IV secolo a.C.) c’è la raffigurazione dell’interno di una casa, con tutto ciò che serve per preparare la pasta: il matterello, la spianatoia, la rotella per tagliarla. Sempre rimanendo in tempi piuttosto remoti ritroviamo la làgana. Una schiacciata di farina considerata la progenitrice della lasagna. Cicerone e Orazio se ne cibavano con piacere. Verso l’anno 1000 vengono alla ribalta i siciliani di Trabìa, vicino Palermo. Là si faceva un tipo di pasta lavorata in forma di filamenti, che avevano il nome arabo di “itriyah”. Questo nome è rimasto, e non solo lui, visto che ancora oggi i palermitani mangiano i “vermicelli di Tria”.
Che li avessero inventati loro, o glieli avessero portati a domicilio gli arabi, i siciliani furono considerati sino al Medioevo dei formidabili mangiatori di pasta. Erano detti infatti “mangia maccarruna”.
Un’altra teoria sostiene che i maccheroni siano stati portati in Italia da Marco Polo, di ritorno a Venezia dal Catai nel 1292, ma questa ipotesi si scontra con ben due testimonianze documentate antecedenti a questo periodo: una prescrizione medica del 1244 in cui un medico bergamasco, Ruggero di Bruca, prometteva ad un paziente che sarebbe guarito, a patto che smettesse di mangiare carne, frutta e pasta (“…et non debes comodare aliquo frutamine neque de pasta lissa nec de caulis…”); nel 1279 il notaio Ugolino Scarpa, in un legato, indicava, tra i beni lasciati in eredità dal suo cliente Ponzio Bastone, “bariscella una plena de macaronis”, una cesta piena di maccheroni.
Varie pure le leggende o i miracoli. Per fare un esempio, si narra che il beato Guglielmo Eremita, siciliano, venne invitato a pranzo nella casa di un signorotto locale. Questi per prendersene gioco, gli fece servire un piatto di maccarones” (così riferisce il cronista dell’epoca) ripieni di fango, anziché di ricotta. Il beato Guglielmo non fece una piega: benedisse il cibo, e cominciò a mangiare. Il fango si mutò all’istante in ricotta, per lo scorno del suo maleducatissimo ospite. Sulla veridicità di questa storia si può certo discutere, ma grazie ad essa sappiamo che prima del 1247, anno di morte del beato Guglielmo, i “maccaroni” facevano già parte della cucina siciliana. C’è poi un’ipotesi che potremmo definire antropologica: secondo questa teoria, la pasta non l’avrebbe inventata nessuno. Sarebbe nata da sola, in modo naturale: il frumento è noto all’uomo da più di diecimila anni, e la farina, che deriva dallo schiacciamento dei chicchi di frumento, è quasi altrettanto antica. Impastandola semplicemente con acqua, venivano fuori delle focaccine sottili, magari non belle a vedersi, ma nutrienti, una volta cotte su pietre calde. Da qui a far bollire in acqua questo impasto, il passo è breve: nel senso che dalle focacce cotte alla “pasta” cotta in acqua passano “solo” settemila anni.
La chitarra (in dialetto maccarunàre) è l’attrezzo tradizionale Abruzzese che si usa per fare gli spaghetti alla chitarra o maccheroni alla chitarra.
Nella versione più moderna, si può usare da entrambi i lati: un lato ha dei fili molto ravvicinati (con uno spazio di circa 2 mm.) dall'altro fili sono più staccati (circa 4-5 mm.); un lato viene usato per preparare gli spaghetti e dall'altreo le fetuccine.
Per questa ricetta ho voluto utilizzare il lato con i fili più distaccati, ottenendo questo piatto di splendide fettuccine.
Ingredienti (per 4 persone)
Per la pasta:
300 g di semola di grano duro rimacinata;
100 g di farina tipo”0”;
4 uova;
Sale q.b.
Per le polpettine e il sugo:
400 g di polpa di pomodoro;
300 g trito di carni miste (*);
50 g di lardo o strutto;
Noce moscata q.b.;
2-3 cucchiai di farina tipo “0”;
1 cipolla media;
2 spicchi d’aglio;
1 mazzetto di prezzemolo;
1 peperoncino;
sale e pepe q.b.
Olio EVO q.b.
Pecorino q.b. (**).
1 – Preparazione.
Prepariamo la pasta.
Ponete, a fontana, le due farine miscelate sulla spianatoia; aggiungete le uova, un pizzico di sale e iniziate la lavorazione con una forchetta (1) o con la punta delle dita, portando progressiva mente la farina verso il centro; quando la massa avrà raggiunto una certa consistenza, continuare ad impastare con ambedue le mani fino ad ottenere un impasto duro (2), ma non eccessivamente, aggiungendo o togliendo, se necessario, un po' di farina: la pasta va lavorata il più a lungo possibile.
A lavorazione ultimata, versare qualche goccia d'olio sul palmo delle mani e dare un'ultima... carezza, un po' energica, all'impasto. Avvolgete l’impasto con un a pellicola (3) e metterlo a riposare per un paio d'ore (anche di più) in un luogo fresco e riparato dall'aria.
Al momento opportuno, dividete l’impasto in 4 porzioni e, una porzione alla volta, stendere con il matterello (o con una sfogliatrice) sfoglie rettangoli larghi secondo la larghezza della chitarra e con lo spessore desiderato (4).
Posare i rettangoli, uno alla volta, sulla chitarra (5) ed appoggiarvi sopra il matterello che, in seguito ad un movimento più di pressione che di distensione, ridurrà la pasta (6), tagliata dai fili d'acciaio dell'arnese, in biondi fili che cadranno sulla spianatoia.
Lasciar asciugare le fettuccine, per una mezzora, spolverando con un poco di semola (7).
Nel caso non avete a disposizione la chitarra, potete utilizzare una sfogliatrice (a) o, ancora meglio, ottenere con le sfoglie dei rotoli di pasta ben infarinati con la semola e, utilizzando un coltello affilato, tagliare trasversalmente delle rondelle larghe di 3-5 mm. (b) che andranno aperte e distribuite sulla spianatoia ad asciugare.
Prepariamo il sugo.
Tritate finemente la cipolla, i due spicchi d’aglio e il prezzemolo.
In padella aggiungere il lardo a pezzettini (o lo strutto), la cipolla tritata, metà dell’aglio tritato e, a fuoco moderato, fate appassire gli odori, evitando che prendano troppo colore. Aggiungere la polpa di pomodoro, il peperoncino, il sale e, a fiamma viva, portare a bollore; abbassare un poco la fiamma e cuocere per 20-30 min.
Prepariamo le polpettine.
Mentre cucina il sugo, poniamo in una ciottola il trito di carni, sale e pepe, una generosa grattugiata di noce moscata, il restante aglio tritato, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di pecorino grattugiato e, utilizzando le mani, amalgamate molto bene tutto l’impasto. Lasciate riposare per 30 min. in modo che tutti gli aromi diffondano nella massa.
Ora, con pazienza, prelevate delle porzioni di impasto e, modellandole con il palmo delle mani, ricavate delle polpettine tonde del diametro di circa 1-1,5 cm. sino ad esaurimento dell’impasto stesso.
A questo punto, mettete 1 cucchiaio di farina bianca in un sacchetto di plastica non troppo grande (del tipo utilizzato per congelare gli alimenti), aggiungiamo una decina di polpettine e, tenendo il sacchetto gonfio (come un palloncino) agitiamo il tutto non troppo energicamente. In questo modo, le polpettine verranno avvolte da un leggero velo di farina. Togliete le polpettine infarinate e continuate questa operazione sino ad esaurimento dell’impasto; quando la farina nel sacchetto termina, aggiungetene un altro cucchiaio.
Terminata questa operazione, in un’ampia padella, mettiamo abbondante olio EVO e portate a temperatura. Friggete le polpettine sino a completa doratura; toglietele dalla padella e ponetele su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
2 – Cottura.
Alzate la fiamma sotto il tegame con il sugo, aggiungete tutte le polpettine e, mescolando bene ma con delicatezza, completate la cottura per circa 15 min.
In una padella adeguata, portate a bollore abbondante acqua; salate e aggiungete la pasta alla chitarra, mescolate il tutto e cuocete sino a quando la pasta non verrà in superficie o sino al raggiungimento della cottura da voi desiderata.
Scolate la pasta conservando ½ mestolo dell’acqua di cottura; rimettete la pasta nella padella, aggiungete l’acqua di cottura conservata, 2-3 cucchiai di solo sugo per persona e mescolate bene il tutto.
3 - Presentazione.
Distribuite la pasta nei singoli piatti, aggiungete 6-8 polpettine (per ogni porzione), una generosa spolverata di pecorino e servite.
L'impasto, che è “semplicemente” un classico impasto di uova e farina, viene lavorato a lungo e quindi viene ridotto in sfoglie dette pèttole, queste vengono messe una alla volta sulla chitarra. Passandovi sopra col matterello; i fili della chitarra tagliano la pasta a striscioline dalla tipica sezione quadrata che conservano l'antico nome di “maccheroni”, la dizione autentica è infatti “maccheroni alla chitarra”. Si tratta di una pasta che ha notevoli caratteristiche: dura, elastica, di un bel colore dorato e resistentissima alla cottura.
Sull’origine dei maccheroni o della pasta in genere non ci sono molte certezze. Varie sono le ipotesi in merito. Una prima teoria vedrebbe i cinesi come inventori dei maccheroni: uno scavo effettuato in Cina portò alla luce un villaggio del neolitico e tra gli oggetti di uso quotidiano ritrovati, c’era una specie di piatto capovolto, rigirandolo vennero ritrovati dei filamenti fatti con un impasto d’acqua e farina. Non si trattava di farina di grano duro bensì di miglio; erano color giallo paglierino e lunghi anche cinquanta centimetri: erano degli antenati della pasta. Le analisi col carbonio 14 hanno dimostrato che questo piatto di pasta ha circa 4000 anni.
Secondo molti comunque i maccheroni sono nati in Italia. Della pasta ne sapevano qualcosa gli Etruschi: nella tomba della “Grotta Bella”, a Cerveteri (IV secolo a.C.) c’è la raffigurazione dell’interno di una casa, con tutto ciò che serve per preparare la pasta: il matterello, la spianatoia, la rotella per tagliarla. Sempre rimanendo in tempi piuttosto remoti ritroviamo la làgana. Una schiacciata di farina considerata la progenitrice della lasagna. Cicerone e Orazio se ne cibavano con piacere. Verso l’anno 1000 vengono alla ribalta i siciliani di Trabìa, vicino Palermo. Là si faceva un tipo di pasta lavorata in forma di filamenti, che avevano il nome arabo di “itriyah”. Questo nome è rimasto, e non solo lui, visto che ancora oggi i palermitani mangiano i “vermicelli di Tria”.
Che li avessero inventati loro, o glieli avessero portati a domicilio gli arabi, i siciliani furono considerati sino al Medioevo dei formidabili mangiatori di pasta. Erano detti infatti “mangia maccarruna”.
Un’altra teoria sostiene che i maccheroni siano stati portati in Italia da Marco Polo, di ritorno a Venezia dal Catai nel 1292, ma questa ipotesi si scontra con ben due testimonianze documentate antecedenti a questo periodo: una prescrizione medica del 1244 in cui un medico bergamasco, Ruggero di Bruca, prometteva ad un paziente che sarebbe guarito, a patto che smettesse di mangiare carne, frutta e pasta (“…et non debes comodare aliquo frutamine neque de pasta lissa nec de caulis…”); nel 1279 il notaio Ugolino Scarpa, in un legato, indicava, tra i beni lasciati in eredità dal suo cliente Ponzio Bastone, “bariscella una plena de macaronis”, una cesta piena di maccheroni.
Varie pure le leggende o i miracoli. Per fare un esempio, si narra che il beato Guglielmo Eremita, siciliano, venne invitato a pranzo nella casa di un signorotto locale. Questi per prendersene gioco, gli fece servire un piatto di maccarones” (così riferisce il cronista dell’epoca) ripieni di fango, anziché di ricotta. Il beato Guglielmo non fece una piega: benedisse il cibo, e cominciò a mangiare. Il fango si mutò all’istante in ricotta, per lo scorno del suo maleducatissimo ospite. Sulla veridicità di questa storia si può certo discutere, ma grazie ad essa sappiamo che prima del 1247, anno di morte del beato Guglielmo, i “maccaroni” facevano già parte della cucina siciliana. C’è poi un’ipotesi che potremmo definire antropologica: secondo questa teoria, la pasta non l’avrebbe inventata nessuno. Sarebbe nata da sola, in modo naturale: il frumento è noto all’uomo da più di diecimila anni, e la farina, che deriva dallo schiacciamento dei chicchi di frumento, è quasi altrettanto antica. Impastandola semplicemente con acqua, venivano fuori delle focaccine sottili, magari non belle a vedersi, ma nutrienti, una volta cotte su pietre calde. Da qui a far bollire in acqua questo impasto, il passo è breve: nel senso che dalle focacce cotte alla “pasta” cotta in acqua passano “solo” settemila anni.
La chitarra (in dialetto maccarunàre) è l’attrezzo tradizionale Abruzzese che si usa per fare gli spaghetti alla chitarra o maccheroni alla chitarra.
Nella versione più moderna, si può usare da entrambi i lati: un lato ha dei fili molto ravvicinati (con uno spazio di circa 2 mm.) dall'altro fili sono più staccati (circa 4-5 mm.); un lato viene usato per preparare gli spaghetti e dall'altreo le fetuccine.
Per questa ricetta ho voluto utilizzare il lato con i fili più distaccati, ottenendo questo piatto di splendide fettuccine.
Per la pasta:
300 g di semola di grano duro rimacinata;
100 g di farina tipo”0”;
4 uova;
Sale q.b.
Per le polpettine e il sugo:
400 g di polpa di pomodoro;
300 g trito di carni miste (*);
50 g di lardo o strutto;
Noce moscata q.b.;
2-3 cucchiai di farina tipo “0”;
1 cipolla media;
2 spicchi d’aglio;
1 mazzetto di prezzemolo;
1 peperoncino;
sale e pepe q.b.
Olio EVO q.b.
Pecorino q.b. (**).
1 – Preparazione.
Prepariamo la pasta.
Ponete, a fontana, le due farine miscelate sulla spianatoia; aggiungete le uova, un pizzico di sale e iniziate la lavorazione con una forchetta (1) o con la punta delle dita, portando progressiva mente la farina verso il centro; quando la massa avrà raggiunto una certa consistenza, continuare ad impastare con ambedue le mani fino ad ottenere un impasto duro (2), ma non eccessivamente, aggiungendo o togliendo, se necessario, un po' di farina: la pasta va lavorata il più a lungo possibile.
A lavorazione ultimata, versare qualche goccia d'olio sul palmo delle mani e dare un'ultima... carezza, un po' energica, all'impasto. Avvolgete l’impasto con un a pellicola (3) e metterlo a riposare per un paio d'ore (anche di più) in un luogo fresco e riparato dall'aria.
Al momento opportuno, dividete l’impasto in 4 porzioni e, una porzione alla volta, stendere con il matterello (o con una sfogliatrice) sfoglie rettangoli larghi secondo la larghezza della chitarra e con lo spessore desiderato (4).
Posare i rettangoli, uno alla volta, sulla chitarra (5) ed appoggiarvi sopra il matterello che, in seguito ad un movimento più di pressione che di distensione, ridurrà la pasta (6), tagliata dai fili d'acciaio dell'arnese, in biondi fili che cadranno sulla spianatoia.
Lasciar asciugare le fettuccine, per una mezzora, spolverando con un poco di semola (7).
Nel caso non avete a disposizione la chitarra, potete utilizzare una sfogliatrice (a) o, ancora meglio, ottenere con le sfoglie dei rotoli di pasta ben infarinati con la semola e, utilizzando un coltello affilato, tagliare trasversalmente delle rondelle larghe di 3-5 mm. (b) che andranno aperte e distribuite sulla spianatoia ad asciugare.
Prepariamo il sugo.
Tritate finemente la cipolla, i due spicchi d’aglio e il prezzemolo.
In padella aggiungere il lardo a pezzettini (o lo strutto), la cipolla tritata, metà dell’aglio tritato e, a fuoco moderato, fate appassire gli odori, evitando che prendano troppo colore. Aggiungere la polpa di pomodoro, il peperoncino, il sale e, a fiamma viva, portare a bollore; abbassare un poco la fiamma e cuocere per 20-30 min.
Prepariamo le polpettine.
Mentre cucina il sugo, poniamo in una ciottola il trito di carni, sale e pepe, una generosa grattugiata di noce moscata, il restante aglio tritato, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di pecorino grattugiato e, utilizzando le mani, amalgamate molto bene tutto l’impasto. Lasciate riposare per 30 min. in modo che tutti gli aromi diffondano nella massa.
Ora, con pazienza, prelevate delle porzioni di impasto e, modellandole con il palmo delle mani, ricavate delle polpettine tonde del diametro di circa 1-1,5 cm. sino ad esaurimento dell’impasto stesso.
A questo punto, mettete 1 cucchiaio di farina bianca in un sacchetto di plastica non troppo grande (del tipo utilizzato per congelare gli alimenti), aggiungiamo una decina di polpettine e, tenendo il sacchetto gonfio (come un palloncino) agitiamo il tutto non troppo energicamente. In questo modo, le polpettine verranno avvolte da un leggero velo di farina. Togliete le polpettine infarinate e continuate questa operazione sino ad esaurimento dell’impasto; quando la farina nel sacchetto termina, aggiungetene un altro cucchiaio.
Terminata questa operazione, in un’ampia padella, mettiamo abbondante olio EVO e portate a temperatura. Friggete le polpettine sino a completa doratura; toglietele dalla padella e ponetele su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
2 – Cottura.
Alzate la fiamma sotto il tegame con il sugo, aggiungete tutte le polpettine e, mescolando bene ma con delicatezza, completate la cottura per circa 15 min.
In una padella adeguata, portate a bollore abbondante acqua; salate e aggiungete la pasta alla chitarra, mescolate il tutto e cuocete sino a quando la pasta non verrà in superficie o sino al raggiungimento della cottura da voi desiderata.
Scolate la pasta conservando ½ mestolo dell’acqua di cottura; rimettete la pasta nella padella, aggiungete l’acqua di cottura conservata, 2-3 cucchiai di solo sugo per persona e mescolate bene il tutto.
3 - Presentazione.
Distribuite la pasta nei singoli piatti, aggiungete 6-8 polpettine (per ogni porzione), una generosa spolverata di pecorino e servite.
Buon appetito!
(*)
Per un
gusto più vicino a quello tradizionale, occorrerebbe preparare le polpettine
con carne di agnello o, ancora meglio, di castrato; purtroppo in una Milano e
in questo periodo dell’anno risulta abbastanza difficile reperire questi tipi
di carne. Ho quindi optato per un trito di questo tipo: 1/3 manzo, 1/3 maiale e
1/3 vitello; devo dire che il risultato è stato buono.
(**)Anche per il pecorino, vale il discorso appena fatto per la carne: l’ideale sarebbe stato di utilizzare del pecorino abruzzese (sempre per il rispetto della tradizione) di non semplice reperibilità. In questo caso ho usato del pecorino romano a media stagionatura.
(**)Anche per il pecorino, vale il discorso appena fatto per la carne: l’ideale sarebbe stato di utilizzare del pecorino abruzzese (sempre per il rispetto della tradizione) di non semplice reperibilità. In questo caso ho usato del pecorino romano a media stagionatura.
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