martedì 18 agosto 2015

Risotto con fichi e pistacchi.

Lo scalogno (Allium ascalonicum) (detto anche scalogna) è una pianta della famiglia Liliaceae (Amaryllidaceae secondo la moderna classificazione APG). Affine alla cipolla con la quale condivide molte caratteristiche e similitudini di utilizzo. Il nome designa tanto la pianta quanto il suo bulbo.

Scalogno.

Le prime zone in cui lo scalogno è comparso si trovano in Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan), regione in cui molte specie esistono ancora allo stato selvaggio. Da qui la pianta si sarebbe diffusa verso l'India e verso il Mediterraneo orientale, anche se le zone esatte in cui le prime varietà di scalogno sarebbero state addomesticate non sono ancora state individuate.
Il nome, scientifico quanto volgare, sembra derivare da quello dell'antico porto mediterraneo di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Gaza. Plinio scrive che i greci avevano sei tipi di cipolle, tra cui appunto la scalogna, mentre lo scrittore del I secolo Columella sostiene le virtù dello scalogno, affermando che questa cipolla è la migliore di tutte le varietà. Non è tuttavia certo, date le somiglianze fra alcune varietà di cipolle e gli scalogni, se gli Antichi si riferissero alle stesse varietà a noi note.
Lo scalogno che coltiviamo attualmente arrivò in Europa tra il XII-XIII secolo per opera dei crociati che rientravano dalla Terra santa (si ricordi la Battaglia di Ascalona durante la prima crociata); già nel Duecento in Francia, lo scalogno aveva un ruolo importante nella cucina tradizionale. In un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno.
Alcune fonti riportano che lo scalogno sia stato introdotto nelle Americhe da Hernando de Soto durante la sua esplorazione della Louisiana.
Lo scalogno era ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale è citato anche da Ovidio) e nelle campagne di tutta Italia molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprietà afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586.

Pianta di scalogno.

Lo scalogno è una pianta di circa 20–30 cm di altezza, con foglie cilindriche.
Tutte le varietà di scalogno rassomigliano alle cipolle, ma a differenza di queste posseggono un bulbo composito (non unico) e, almeno tradizionalmente, prediligono una riproduzione per via vegetativa.
L'infiorescenza, quando si manifesta in alcune varietà appositamente selezionate, è, come in tutte le specie del genere Allium, di tipo ombrellifero, ed i semi sono piccoli e neri.
Il bulbo è tunicato come quello della cipolla, ma più piccolo (generalmente il suo diametro una volta pelato non supera i 4–5 cm), ed è spesso composto da due o tre più piccoli bulbilli uniti in un bulbo tunicato unico poco più grande, nel complesso leggermente più affusolato della cipolla. In genere raggiunge un peso che varia da 5 a 25 grammi circa ed è di diverse varietà, che si distinguono tra loro in funzione del colore delle guaine esterne (verde violaceo, rosso, rosso-bruno, rosso rosaceo, viola, giallo, grigio e bianco), della loro forma (sferica, rotondeggiante ed allungata) e infine dal sapore, il quale è molto influenzato anche dalla zona di coltivazione.

Fiore di scalogno.

In base al colore della buccia si raggruppano in genere le varietà coltivate in Europa:

  • Rosa. La più importante di queste varietà è lo scalogno di Jersey, fra i più sofisiticati, che ha un bulbo sferico rigonfio (corto e piuttosto largo), una buccia dal rame al rosa, una polpa venata e un aroma poco piccante; altre varietà sono la Pesandor e la Rondeline;
  • Grigi. Famosa è la varietà di scalogno comune, che ha un bulbo piccolo di forma allungata, guaine di colore grigio con testa violacea, una polpa soda ed un aroma pungente; varietà comuni sono la Griselle e la Grisor.
  • Gialli. Tipici dell'Olanda, hanno un bulbo relativamente arrotondato e corto, fra i più simili alla cipolla.
  • Bruno rossastri. La più diffusa in Italia è certamente lo Scalogno di Romagna, prodotto IGP (dal 1997) coltivato dall'inizio del XX secolo nelle zone tra Faenza, Forlì ed Imola, che possiede foglie slanciate, un bulbo a forma di fiaschetto talvolta contorto, un apparato radicale ben sviluppato, guaine di colore scuro dorato o ramato, una polpa dalle sfumature rosa-lilla e un sapore piccante. Altre varietà sono la Arvro, la Germor e la Longor.

Gli scalogni coltivati in Asia sono generalmente di buccia rossa o rosso-violaceo. Nell'India meridionale le varietà più amate sono particolarmente piccole (circa la larghezza di un dito).
Nella Louisiana meridionale è invece diffusa la coltivazione di una varietà di scalogno gigante bianco (giant white shallot), che è in realtà un incrocio fra lo scalogno e la cipolla di inverno (Allium fistulosum).
Dopo l’estirpazione e la loro essiccazione, i bulbi di scalogno possono essere conservati a temperatura ambiente, in un luogo buio, fresco, asciutto (umidità relativa sotto il 70%) e ben ventilato per circa 2-3 settimane, controllando, come nel caso di altri bulbi, che non avvengano fenomeni di germogliazione. Dopo questa prima fase i bulbi possono essere venduti

Scalogno.

Al momento dell'acquisto lo scalogno deve presentarsi ben sodo (forma compatta), con una buccia liscia priva di muffe, ammaccature e macchie; i bulbi che presentano fenomeni di germogliazione sono in generale molli al tatto e hanno la buccia rovinata.
Una volta acquistato, lo scalogno, se conservato in locali freschi, asciutti e ben aerati o ventilati (tettoie o alcune cantine), può durare fino a sei mesi senza perdere le sue caratteristiche. Il bulbo con un poco di stelo può essere ad esempio conservato in mazzetti, oppure nelle regioni francofone in trecce, poi appese, come si usa fare con l'aglio. Si deve evitare di conservare i bulbi in frigorifero o di riporli in confezioni impermeabili che ne favoriscono la decomposizione.
Lo scalogno non processato ha nel complesso un periodo di conservazione limitato ai sei mesi, un fatto di fondamentale importanza per la propagazione di varietà tradizionali, le quali devono quindi essere ripiantate ogni anno. I bulbi più piccoli hanno una durata minore, per questo se non possono essere piantati vengono consumati per primi.
Per il consumo alimentare, lo scalogno viene processato in molti modi diversi. Una volta tagliato, lo scalogno può essere conservato, avvolto nella pellicola per alimenti, in frigorifero, dove può rimanere al massimo per una settimana, mentre, come le cipolle, i bulbi possono essere grossolanamente tritati e conservati in congelatore.

Scalogno.

Un altro metodo di conservazione è quello di porli, preventivamente sbucciati, in contenitori di vetro sott’olio o sott'aceto.
Prima dell'utilizzo si deve eliminare la parte esterna (di consistenza cartacea) e tagliarne le estremità. Non si devono mai mettere gli scalogni sotto l'acqua per mitigare il bruciore che provocano agli occhi, poiché questo influisce negativamente sul loro sapore.
I bulbi hanno un sapore meno intenso della cipolla, più aromatico e leggermente agliaceo, ma, a differenza dell’aglio, non sono troppo acri. In generale proprio per il suo delicato e caratteristico apporto aromatico lo scalogno è proposto come sostituto della cipolla per l’elaborazione di antipasti e piatti di portata nella cucina più raffinata o più attenta ai gusti delicati (ha inoltre il vantaggio di appesantire di meno l’alito).
Lo scalogno viene consumato sia cotto che crudo, anche se quest'ultimo uso è più consigliato perché, ad esempio, nei soffritti, di cui è suggerito come base per zuppe o risotti, lo scalogno tende a divenire amaro. Lo scalogno contiene inoltre leggermente meno acqua della cipolla, pertanto è più soggetto a carbonizzare durante la cottura.
Nella cucina regionale italiana, i bulbi finemente tagliati a mano sono presenti in molti sughi per tagliolini o tagliatelle all’uovo. Nella cucina mediterranea, lo scalogno viene talvolta utilizzato al posto del limone per aromatizzare i frutti di mare crudi.
Come molte piante, lo scalogno è prevalente composto da acqua. A questa ed alle fibre si aggiungono oligo nutrienti indispensabili per un buon funzionamento del nostro organismo, a cui sono imputate le possibili proprietà benefiche di questo bulbo: lo scalogno è ricco di sodio, potassio, calcio, fosforo, selenio, silicio.
Il selenio (Se) è un elemento che si lega bene con lo zolfo di cui lo scalogno è ricco, ed è presente in moltissimi tessuti del nostro organismo: è importante per l’accrescimento, ha un'azione antiossidante e gli vengono pertanto attribuite proprietà antinvecchiamento.
Il buon contenuto di silicio (Si) renderebbe invece lo scalogno utile contro l'osteoporosi e per il rafforzamento di unghie e capelli, data la relazione fra quest'ultimo e il calcio.

Scalogno.

Buono l'apporto di vitamina C (anche se c'è da considerare che per assimilarla al meglio, lo scalogno dovrà essere mangiato crudo, visto che la cottura la distrugge), nonché di vitamina A, e delle vitamine del gruppo B.
In letteratura scientifica è stato riportato che gli scalogni contengano più flavonoidi e fenoli che ogni altro membro della famiglia delle cipolle. Fra i flavonoidi, sostanze vegetali ed azione antibiotica, compaiono in particolare le antocianine, sostanze che conferiscono il colore violaceo al bulbo, utilissime per i capillari e per la circolazione in generale, e la quercetina, molecola studiata in campo oncologico sperimentale e regolatrice della pressione diastolica (la minima).
I componenti volatili responsabili dell'aroma sono invece trattenuti dalla guaina che avvolge il bulbo, e si attivano quando essa viene incisa.
L’enzima allinasi, che fa parte del sistema difensivo che le piante del genere Allium adottano per contrastare gli erbivori, è responsabile della catalisi delle reazioni chimiche implicate nella produzione dei composti volatili che conferiscono a questi alimenti i caratteristici aromi, odori e proprietà lacrimogene.
In particolare fra questi ultimi è rilevante il solfuro di allile, un tioetere volatile che ha effetto diuretico, nonché disinfettante (vermifugo e battericida). Per il suo potenziale effetto disinfettante, nella tradizione indiana lo scalogno, mescolato con lo zucchero (anche non raffinato, come lo jaggery), è usato come rimedio casalingo per il mal di gola.

Mi sono lasciato tentare dall’aspetto molto invitante dei fichi, in bella mostra, al mercato; anche se non ero troppo sicuro della loro bontà, ho deciso di acquistarne qualcuno per fare “quel risotto” che avevo in mente da molto: per fortuna erano ottimi.

Risotto con fichi e pistacchi.

Ingredienti (per 4 persone) 
300 g di riso Carnaroli (o vialone nano);
6 fichi sodi e maturi (meglio se BIO);
40 g di pistacchi al naturale sgusciati;
20 g di burro;
30 g di grana grattugiato;
2 cucchiai di olio EVO;
1 scalogno;
1 litro di brodo vegetale;
100 ml di vino bianco secco;
Sale q.b. 

1 – Preparazione. 
Tritate grossolanamente i pistacchi; nel caso fossero muniti ancora della pellicina, eliminatela operando nel seguente modo: in un padellino scaldate un po’ d’acqua; quando bollirà, aggiungete i pistacchi e lasciateli scottare per 1-2 minuti, scolateli e metteteli in una tazza con dell’acqua fredda; la pellicina si staccherà molto facilmente.
In una casseruola, portate a bollore il brodo.
Tritate finemente lo scalogno.
Dopo aver eliminato i piccioli, lavate accuratamente i fichi; asciugateli e mettetene da parte due che serviranno per la finitura dei piatti. Tagliate i restanti a cubetti e, nel caso non fossero BIO, prima dovrà essere eliminata la buccia. 

2 – Cottura. 
In una casseruola, mettete l’olio EVO, il trito di scalogno e fate rosolare pe 2 minuti a fuoco moderato. Quando lo scalogno sarà diventato trasparente, toglietelo e mettetelo da parte. Durante la tostatura del riso, la temperatura sarà molto alta e lo scalogno brucerebbe, conferendo un sapore amarogno al piatto.
Aggiungete il riso e fatelo tostate, mescolando di continuo, per 2-3 minuti (dovrebbe diventare trasparente); sfumate con il vino bianco e quando il vino sarà completamente asciugato, aggiungete un mestolo di brodo bollente; mescolate e continuate la cottura senza mescolare sino alla prossima aggiunta di brodo; aggiungete altro brodo quando la porzione precedente sarà assorbita.
A metà cottura, aggiungete i fichi e i pistacchi tritati (conservatene un po’ per la finitura del piatto).
A cottura ultimata (riso al dente), togliete la casseruola dal fuoco, unite il burro, il grana grattugiato e mescolate molto energicamente; in questo modo si romperà la cuticola che ricopre il chicco di riso liberando l’amido che conferirà al risotto un aspetto cremoso; coprite e lasciate riposare per circa 5 minuti. 

3 - Presentazione. 
Suddividete il riso nei singoli piatti distribuendo sopra qualche granello di pistacchio tritato, 3-4 fettine di fico e servite.

Riepilogo costi-Kcal.

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