La focaccia
ha origini antiche e le sue tracce ci riportano intorno al II sec. a.C. quando
Catone nei suoi scritti parla del Libum, primo antenato di questa delizia. Cibo
di marinai e pescatori la focaccia pare debba la sua nascita ai lunghi tempi
d’attesa che i fornai dovevano affrontare durante le notti di lavoro, ore
ingannate infornando direttamente sulla base del forno pezzi di pasta non
lievitata, che una volta cotti venivano mangiati in compagnia.
Oggi parlare di focaccia significa correre con il pensiero e la gola verso la regione italiana creatrice di vere leggende: la Liguria che con le sue innumerevoli tipologie di focacce si è affermata nel panorama gastronomico mondiale.
Un etto di focaccia è la colazione che gli studenti, da generazioni, fanno prima di entrare a scuola; un etto di focaccia è lo spuntino degli scolari nell’intervallo delle lezioni; un etto di focaccia è l’aperitivo che i ragazzi consumano nel tragitto scuola-casa. Poi a casa, a pranzo, non mangiano perché sono inappetenti e le mamme si preoccupano. E infine un etto di focaccia appena sfornata è la merenda delle ore cinque, come il tè degli inglesi.
Ci fu un tempo, intorno al 1500, in cui veniva consumata persino in chiesa durante i matrimoni, al momento della benedizione degli sposi; un modo goloso per esprimere la gioia di una nuova unione che si sperava feconda.
Però l’amore per questo cibo nei riti religiosi prese un po’ la mano ai cittadini, tanto che ne facevano scorpacciate in chiesa persino durante i funerali; e al funebre odore dell’incenso e dei ceri si mescolava quello allegro e oserei dire sensuale della focaccia, alle meste preghiere il ruminare soddisfatto dei fedeli.
Il vescovado minacciò scomuniche a chi avesse continuato a mangiar focaccia in chiesa e l’usanza terminò, ma scommetto a malincuore.
Ancora oggi la “fugassa” regna sovrana nelle panetterie liguri, diverse le sue versioni, queste le più tradizionali:
Classica di Genova che deve avere lo spessore fra uno e due centimetri, lucida d’olio con crosta mai pallida e chiara, e la superficie caratterizzata dalla presenza di buchi;
focaccia di Recco, la cui nascita sembrerebbe attestarsi nel XII sec. secondo un documento che cita una preparazione offerta ai crociati in partenza verso la Terrasanta, fatta con una sfoglia sottilissima ripiena di formaggio fresco;
focaccia di Voltri, una variante assolutamente; quartiere ponentino della città di Genova, da quasi un secolo qui si usa far lievitare la focaccia su appositi piani cosparsi di farina di polenta.
Oggi parlare di focaccia significa correre con il pensiero e la gola verso la regione italiana creatrice di vere leggende: la Liguria che con le sue innumerevoli tipologie di focacce si è affermata nel panorama gastronomico mondiale.
Un etto di focaccia è la colazione che gli studenti, da generazioni, fanno prima di entrare a scuola; un etto di focaccia è lo spuntino degli scolari nell’intervallo delle lezioni; un etto di focaccia è l’aperitivo che i ragazzi consumano nel tragitto scuola-casa. Poi a casa, a pranzo, non mangiano perché sono inappetenti e le mamme si preoccupano. E infine un etto di focaccia appena sfornata è la merenda delle ore cinque, come il tè degli inglesi.
Ci fu un tempo, intorno al 1500, in cui veniva consumata persino in chiesa durante i matrimoni, al momento della benedizione degli sposi; un modo goloso per esprimere la gioia di una nuova unione che si sperava feconda.
Però l’amore per questo cibo nei riti religiosi prese un po’ la mano ai cittadini, tanto che ne facevano scorpacciate in chiesa persino durante i funerali; e al funebre odore dell’incenso e dei ceri si mescolava quello allegro e oserei dire sensuale della focaccia, alle meste preghiere il ruminare soddisfatto dei fedeli.
Il vescovado minacciò scomuniche a chi avesse continuato a mangiar focaccia in chiesa e l’usanza terminò, ma scommetto a malincuore.
Ancora oggi la “fugassa” regna sovrana nelle panetterie liguri, diverse le sue versioni, queste le più tradizionali:
Classica di Genova che deve avere lo spessore fra uno e due centimetri, lucida d’olio con crosta mai pallida e chiara, e la superficie caratterizzata dalla presenza di buchi;
focaccia di Recco, la cui nascita sembrerebbe attestarsi nel XII sec. secondo un documento che cita una preparazione offerta ai crociati in partenza verso la Terrasanta, fatta con una sfoglia sottilissima ripiena di formaggio fresco;
focaccia di Voltri, una variante assolutamente; quartiere ponentino della città di Genova, da quasi un secolo qui si usa far lievitare la focaccia su appositi piani cosparsi di farina di polenta.
Il disco di pasta molto sottile viene, quindi,
schiacciato con le dita formando piccole fossette, cosparso di abbondante olio
d’oliva, poco sale grosso e infornato utilizzando una pala anch’essa cosparsa
di farina di polenta. Con un abile gesto del polso, il fornaio pone la pala al
centro del forno e dà alla pasta una forma allungata fino a diventare una
focaccia di almeno 1,5 metri. Ne deriva un prodotto particolarmente saporito e
croccante ma non pesante, sottile ma non troppo secco, oleoso ma non troppo
unto.
La focaccia “alla Pugliese” prevede l’utilizzo della patata nell’impasto; questo ingrediente la rende più soffice delle focacce di altro tipo.
La presenza della patata ha come altro effetto di assorbire un poco più di olio EVO, rendendo il tutto piacevolmente succoso.
Per quanto riguarda la farina utilizzata, c’è chi impiega tutta farina “0”, chi farina di semola di grano duro, chi ancora una miscela delle due farine.
La rifinitura più classica di questa focaccia è rappresentata da pomodorini e abbondante origano, io però la preferisco con tante le olive verdi.
Quella che propongo oggi è la ricetta che mia nonna Sabina (nonna materna) ogni tanto preparava per i suoi nipoti.
Io e mia sorella, negli anni, abbiamo cercato di rifarla sulla base dei nostri ricordi; viene sempre molto buona ma, nonostante gli sforzi e le numerose modifiche, non siamo mai riusciti a farla come la faceva Lei, ci andiamo vicini, ma non à proprio uguale.
Ogni volta che dal forno si libera il profumo di focaccia, mi torna alla mente questa piccola vecchietta che, con le sue ossute mani, impastava quella “cosa” che sarebbe, di li a poco, diventata una succosa golosità. A volte ho l’impressione di sentire ancora quell’antico sapore.
Nonostante non riusciremmo mai a rifarla uguale, ogni volta rappresenta un motivo per ricordare la nostra nonna Sabina.
La focaccia “alla Pugliese” prevede l’utilizzo della patata nell’impasto; questo ingrediente la rende più soffice delle focacce di altro tipo.
La presenza della patata ha come altro effetto di assorbire un poco più di olio EVO, rendendo il tutto piacevolmente succoso.
Per quanto riguarda la farina utilizzata, c’è chi impiega tutta farina “0”, chi farina di semola di grano duro, chi ancora una miscela delle due farine.
La rifinitura più classica di questa focaccia è rappresentata da pomodorini e abbondante origano, io però la preferisco con tante le olive verdi.
Quella che propongo oggi è la ricetta che mia nonna Sabina (nonna materna) ogni tanto preparava per i suoi nipoti.
Io e mia sorella, negli anni, abbiamo cercato di rifarla sulla base dei nostri ricordi; viene sempre molto buona ma, nonostante gli sforzi e le numerose modifiche, non siamo mai riusciti a farla come la faceva Lei, ci andiamo vicini, ma non à proprio uguale.
Ogni volta che dal forno si libera il profumo di focaccia, mi torna alla mente questa piccola vecchietta che, con le sue ossute mani, impastava quella “cosa” che sarebbe, di li a poco, diventata una succosa golosità. A volte ho l’impressione di sentire ancora quell’antico sapore.
Nonostante non riusciremmo mai a rifarla uguale, ogni volta rappresenta un motivo per ricordare la nostra nonna Sabina.
Ingredienti (per 6 persone).
500
g di farina tipo “0”;
400
g di patate;
1
cucchiaino di zucchero;
40
g di olio EVO + 10 g per la teglia;
20
g di sale per l’impasto + 5 g da spolverare sopra;
20
g di lievito di birra;
Per
guarnire pomodori ciliegino, olive denocciolate, origano a piacere.
L’impasto dovrebbe bastare per preparare una
teglia da 30 cm. di diametro o due teglie rettangolari da 30x20 cm.
1
– Preparazione.
Sbucciare le patate, tagliarle a pezzi e lessarle
in acqua salata.
Scolare le patate (conservando l’acqua di
cottura), schiacciarle con lo sciaccia patate e raccogliere la purea in un’ampia
ciotola.
Aggiungere la farina, l’olio EVO, il lievito
sciolto in un poco d’acqua tiepida, il sale, lo zucchero e impastare
energicamente sino ad ottenere un impasto omogeneo.
Aggiungere, poco alla volta e continuando ad
impastare, l’acqua di cottura delle patate sino a quando l’impasto risulterà
morbido ed elastico.
Ungere molto bene con l’olio EVO la teglia;
versare l’impasto e, utilizzando le dita aperte delle mani (ben unte con di
olio), distribuirlo uniformemente nella teglia.
Aggiungere i pomodorini (tagliati a metà), le
olive denocciolate (o entrambi) e completare con un’abbondante spolverata di
origano.
Accendete il forno e portatelo ad una temperatura di cica 40 °C; spegnetelo
lasciando la luce interna accesa, mettere la teglia all’interno e fate lievitare
per almeno 1 ora (l’impasto deve raddoppiare).
2
– Cottura.
Terminata la lievitazione, aggiungere un poco di
sale sopra la focaccia, infornare in forno preriscaldato a 220 °C per 30 min o,
comunque, sino a quando la focaccia avrà preso un bel colore ambrato.
3
- Presentazione.
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