Il pomodoro (Solanum lycopersicum)
della famiglia delle Solanaceae, è una pianta annuale i cui frutti, bacche dal
caratteristico colore rosso, sono largamente utilizzati in ambito alimentare in
molti paesi del mondo.
Il pomodoro è nativo della zona dell'America centrale, del Sudamerica e della parte meridionale dell'America Settentrionale, zona compresa oggi tra i paesi del Messico e Perù. Gli Aztechi lo chiamarono xitomatl, mentre il termine tomatl indicava vari frutti simili fra loro, in genere sugosi. La salsa di pomodoro era parte integrante della cucina azteca. Si affermava anche che il pomodoro avesse proprietà afrodisiache e sarebbe questo il motivo per cui i francesi anticamente lo definivano pomme d'amour, "pomo d'amore". Si dice inoltre che dopo la sua introduzione in Europa, sir Walter Raleigh avrebbe donato questa piantina carica dei suoi frutti alla regina Elisabetta, battezzandola con il nome di apples of love ("pomi d'amore").
La data del suo arrivo in Europa è il 1540, quando lo spagnolo Hernán Cortés rientrò in patria e ne portò alcuni esemplari; ma la sua coltivazione e diffusione attese fino alla seconda metà del XVII secolo.
In
Italia è documentato in uno scritto del 1544 di Pietro Andrea Mattioli, ma solo
più tardi, trovando condizioni climatiche favorevoli in Emilia Romagna,
Toscana, Liguria, Piemonte, Sicilia, Sardegna, Lazio e nel sud, si ebbe il
viraggio del suo colore dall'originario e caratteristico colore oro, che diede
appunto il nome alla pianta, all'attuale rosso, grazie a selezioni e innesti
successivi.
Inizialmente
si pensò che fosse una pianta velenosa in quanto somigliava all'erba morella.
Difatti, di fronte al dubbio, venne adottata assieme alla patata e a quella
americana, come pianta decorativa. I più ricchi situavano questi alimenti
stranieri in bei vasi che ornavano le finestre e i cortili. I primi pomodori
che arrivarono in Spagna furono piantati nell'orto del medico e botanico
Nicolàs Monardes Alfaro, autore del libro Delle cose che vengono portate
dall'Indie Occidentali pertinenti all'uso della medicina (1565 - 1574): per la
prima volta il pomodoro viene inteso come coltura con proprietà curative.
Gradualmente si comprese che poteva avere un utilizzo farmacologico e
gastronomico.
Non è ben
chiaro come e dove, nell'Europa barocca, il frutto esotico di una pianta
ornamentale, accompagnata da un alone di mistero e da una serie di credenze e
dicerie popolari, comparisse sulla tavola di qualche coraggioso (oppure
affamato) contadino. Infatti, gli stessi indigeni del Perù, i primi coltivatori
del pomodoro, non mangiavano i frutti della pianta, usata invece a solo scopo
ornamentale e come tale fu conosciuta dagli Europei: nel 1640 la nobiltà di
Tolone regalò al cardinale Richelieu, come atto di ossequio, quattro piante di
pomodoro, e sempre in Francia era usanza per gli uomini offrire piantine di
pomodoro alle dame, come atto d'amor gentile. Così la coltivazione del pomodoro,
come pianta ornamentale, dalla Spagna, forse attraverso il Marocco, si diffuse
in tutto il bacino del Mediterraneo, trovando il clima adatto per il suo
sviluppo, soprattutto in Italia, in Piemonte, in Emilia Romagna, in Liguria, in
Sardegna, in Toscana, in Sicilia e nella regione dell'Agro nocerino-sarnese,
tra Napoli e Salerno.
Scarsissima è, inoltre, la documentazione relativa
all'uso alimentare: le prime sporadiche segnalazioni di impiego del suo frutto
come alimento commestibile, fresco o spremuto e bollito per farne un sugo, si
registrano in varie regioni dell'Europa meridionale del XVII secolo. Soltanto
alla fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro
conobbe un forte impulso in Europa. In Francia veniva consumato soltanto alla
corte dei re; nell'Italia meridionale nella zona di Napoli si diffuse
rapidamente tra la popolazione, storicamente oppressa dai morsi della fame,
facendolo diventare un ortaggio tipico e fondamentale della cucina campana,
dove oggi sono diffuse parecchie industrie e coltivazioni di pomodoro. Nel 1762
ne furono definite le tecniche di conservazione in seguito agli studi di
Lazzaro Spallanzani che, per primo, notò come gli estratti fatti bollire e
posti in contenitori chiusi non si alterassero. In seguito, nel 1809, un cuoco
parigino, Nicolas Appert, pubblicò l'opera L'art de conserver les substances
alimentaires d'origine animale et végétale pour pleusieurs années, dove fra gli
altri alimenti era citato anche il pomodoro.
Tutte le parti verdi della pianta sono tossiche,
in quanto contengono solanina, un glicoalcaloide steroidale che non viene
eliminato nemmeno per mezzo dei normali processi di cottura; per tale motivo,
il fusto e le foglie non vengono utilizzati a scopo alimentare.
Anche il frutto contiene solanine (α-tomatina e
deidrotomatina) ma in quantità molto basse: il frutto maturo rosso ne contiene
da 0,03 a 2,3 mg/100 gr di peso fresco, il pomodoro giallo-rossastro per
insalata ne contiene mediamente 6 mg/100 gr di peso fresco, mentre il pomodoro
verde per insalata ne contiene mediamente 9 mg/100 gr di peso fresco.
Va
precisato che il pomodoro verde per insalata si trova in realtà all'inizio
della maturazione e contiene una quantità di solanine assai inferiore al frutto
verde completamente immaturo, dove il contenuto di solanine può superare i 50
mg/100 gr di peso fresco.
Il frutto
maturo è ricco di principi nutritivi seppure a basso contenuto calorico, ed è
comunemente utilizzato a scopi alimentari, in insalata o come ingrediente nella
preparazione di salse e piatti cotti, come la pizza. Il succo o il centrifugato
di pomodoro, assunti come bevanda rendono disponibile all'organismo una
quantità significativa di licopene, un antiossidante che si ritiene possa
svolgere una certa funzione protettiva rispetto al rischio di tumori alla
prostata. Il succo di pomodoro costituisce anche, con l'aggiunta di vodka,
tabasco, limone, sale e pepe, la base di un cocktail Bloody Mary solitamente
servito come aperitivo (viene talora chiamata Virgin Mary la versione
analcolica dello stesso cocktail, che si riduce a succo di pomodoro condito come
sopra).
Per la realizzazione di questa ricetta ho voluto
sperimentare (per la prima volta) una tecnica di cottura diversa: risottare la
pasta.
In pratica si prepara in un’unica pentola
aggiungendo la pasta direttamente nel sugo o nel suo condimento. La cottura
della pasta “risottata” avviene aggiungendo a poco a poco i liquidi e
mescolando proprio come si farebbe con un risotto. Il risultato sarà un piatto
ben amalgamato, cremoso e saporito.
Ho preferito però sbollentare in acqua salata e bollente
la pasta per 3-5 minuti; l’ho scolata e trasferitela in padella (con il
condimento) per continuare la cottura aggiungendo brodo, acqua di cottura o
altro liquido.
In questo modo buona parte dell’amido della pasta
resterà nell’acqua di “pre-cottura” e il risultato finale sarà meno cremoso ma
con un gusto più deciso (a parer mio).
Ingredienti (per 4 persone).
1,5
kg di cozze;
300 g
di orecchiette fresche;
250 g
di ceci lessati in scatola (*);
250 g
di pomodorini a grappolo;
3-4
cucchiai di olio EVO;
2
rametti di rosmarino;
Qualche
gambo di prezzemolo;
½
bicchiere di vino bianco secco;
Qualche
rametto di timo;
3-4
foglie di alloro;
3
spicchi d’aglio;
1
acciuga dissalata;
2
peperoncini freschi;
Sale q.b.
1 –
Preparazione.
Preparate
le cozze.
Lavate accuratamente le cozze, con acqua corrente,
eliminando le eventuali aderenze utilizzando un coltello o strofinandole con
della paglietta.
Trasferitele le cozze in una casseruola con un
cucchiaio d’olio EVO, uno spicchio d’aglio, un rametto di timo, qualche gambo
di prezzemolo, 1 peperoncino, ½ bicchiere di vino bianco secco, ½ bicchiere
d’acqua, coprite e fatele aprire a fuoco vivace per qualche minuto.
Ogni tanto agitare la pentola per far sì che
quelle aperte vengano in superficie e quelle chiuse, ancora pesanti, rimangano
sotto ad aprirsi.
Non cuocetele per lungo tempo, le cozze devono
stare sul fuoco solo per il tempo necessario alla loro apertura.
Toglietele dal fuoco, lasciatele raffreddare ed
estraete i mitili, eliminando quelle che fossero rimaste chiuse; lasciate
qualche cozza con il guscio da usare come decorazione dei piatti (2-3 per
porzione).
Mettete
le cozze sgusciate in una ciotola con parte dell’acqua che hanno rilasciato, in
cottura, filtrata con un telo pulito; la parte restante mettetela da parte
tenendola ben calda.
Preparate
i pomodorini.
Lavate i
pomodorini ed eliminate il picciolo; praticate un’incisione a croce su ogni pomodoro e
tuffateli in un padellino con dell’acqua che bolle; fate riprendere il bollore
e lasciateli scottare per 1 min.
Scolateli e immergeteli in una bacinella con
dell’acqua fredda (questa procedura favorirà una più rapida eliminazione della
buccia).
Eliminate dai pomodori, la buccia, i semi, l’acqua
di vegetazione, tagliateli a cubetti non troppo piccoli e metteteli da parte.
2 –
Cottura.
In un’ampia padella, in grado di contenere tutta
la pasta, fate scaldare 2 cucchiai d’olio EVO e aggiungete: 2 spicchi d’aglio
schiacciati, 2 rametti di rosmarino, 1 rametto di timo, le foglie d’alloro, 1
peperoncino tritato e fate insaporire per un paio di minuti.
Unite i pomodorini, un paio di cucchiai di acqua
delle cozze e, nel caso aveste lessato voi i ceci, un paio di cucchiai della
loro acqua di cottura.
Fate rosolare per 2-3 minuti, eliminate l’aglio,
gli aromi, aggiungete le orecchiette (precedentemente precotte per 3-5 min.), un
mestolo di acqua di cottura delle cozze e fate cuocere aggiungendo, via via che
il fondo si asciuga, altra acqua delle cozze.
A metà cottura, unite i ceci e proseguite nella
cottura, sempre aggiungendo acqua delle cozze quando necessita.
A cottura quasi ultimata, aggiungete le cozze,
fate insaporire per 1-2 minuti.
Spegnete il fuoco e mantecate la pasta con il
restante olio EVO, un po’ di acqua delle cozze e una spolverata di foglioline
di timo.
3 -
Presentazione.
Il piatto deve avere una consistenza morbida, ma non
troppo liquida.
Servite in piatti piani caldi guarnendo con 2-3
cozze per porzione e qualche fogliolina di timo.
(*) Se avete voglia e tempo, potete utilizzare i ceci
secchi che andrete a lessare nel seguente modo:
- lasciare i ceci a bagno in abbondante acqua tiepida (18-20 °C) per 30 min.
- poi metteteli a bagno in acqua fredda per 8-12 ore, cambiando l’acqua 2-3 volte almeno;
- mettere i ceci in una pentola, alta e stretta, aggiungete abbondante acqua fredda (in rapporto 1:6-1:8);
- aggiungete 2 rametti di rosmarino, 2 spicchi d’aglio e 1 peperoncino;
- portate, molto lentamente, a bollore;
- raggiunto il bollore, coprite e cuocete, a fuoco bassissimo, per almeno 40 min. (controllate la cottura);
- a cottura ultimata, togliate dal fuoco, salate e lasciate raffreddare nell’acqua di cottura;
- una volta raffreddati, scolateli e utilizzateli nella preparazione;
- nel caso dobbiate aspettate, riponeteli in frigorifero sino al loro utilizzo.
- Anche l’acqua di cottura potrà essere usata per altre preparazioni.
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