sabato 7 gennaio 2017

Cotechino con lenticchie.

Il cotechino è un tipo di insaccato consumato cotto. Deve il suo nome alla presenza nell'impasto della cotica, la cotenna di maiale, e prende nomi locali a seconda della zona in cui viene prodotto. La tradizione vuole che sia il piatto che si consuma il primo giorno dell'anno (o l'ultimo) accompagnato dalle lenticchie.
Si prepara riempiendo il budello con:
  • cotenna,
  • carne, solitamente non di prima scelta,
  • grasso,
impastati con sale e spezie, nella produzione industriale vengono aggiunti per la conservazione nitriti e nitrati.

Cotechino artigianale.

La pezzatura varia da pochi etti (formato salsiccia) a più di un chilo (formato grosso salame). Richiede tempi lunghi di cottura, a fuoco basso per non rompere il budello, in modo che le cotenne diventino morbide.
Il cotechino è universalmente riconosciuto come il padre dello zampone.
L’idea di sistemare il contenuto del maiale in piccoli contenitori fatti con le budella stesse dell’animale è antichissima e ha permesso  di avere a disposizione un sistema di conservazione assai efficace. Il cotechino è per questo considerato l’antesignano di ogni tipo di “insaccato”. Dalla mortadella al salame. L’idea di utilizzare come involucro la pelle e non le budella è successiva,di molti secoli dopo,ma questa è un’altra storia. Quella dello zampone. La storia dello zampone è abilmente impastata con la leggenda. Come spesso accade quando non si hanno notizie certe, la nascita dello  zampone viene concordemente fatta risalire al  1511, Anno del Signore.

Cotechino artigianale.

Lo afferma, tra gli altri, il grande mutinologo (studioso di Mutina; il nome romano di Modena) Marco Cesare Nannini. In quel tempo le truppe di Papa Giulio II Della Rovere assediano Mirandola, presso Modena: la patria di Giovanni Pico della Medesima (per non ripetere: della Mirandola), alleata fedele della Francia. Vero la fine dell’assedio i mirandolesi  ormai erano alla frutta. Anzi gli sarebbe piaciuto esserlo, visto che ormai erano alla fame. Restavano  loro soltanto dei maiali. Non macellarli era un peccato: significava regalarli al nemico, ormai prossimo ad entrare in città. Macellarli? Peggio: una volta ucciso, il maiale andava consumato subito. E nonostante la fame blu che avevano, non ce l’avrebbero fatta a mangiarseli tutti. Che fare?
L’idea giusta non venne al famoso Pico, nonostante fosse chiamato “la Fenice degli Ingegni”, ma venne a un suo cuoco, meno colto, ma più sveglio. “Macelliamo gli animali, e infiliamo la carne più magra in un involucro formato dalla pelle delle sue zampe”, disse costui. “Così non marcirà, e la potremo conservare. Per cuocerla più avanti”.
Troppo avanti le cose, in verità, non sarebbero andate: il 20 gennaio del 1511 i mirandolesi capitolarono, e probabilmente il capostipite dello zampone (perché questo aveva inventato l’anonimo cuoco di Pico della Mirandola) se lo mangiarono in gran parte  i papalini.
Mentre sull’involucro dello zampone, così come sulla sua storia, non ci sono dubbi (il sacco è sempre stato costituito dalla pelle della zampa anteriore del maiale), la ricetta dell’impasto ha subito nel tempo parecchie modifiche.

Zampone.

Nel 1667 il bolognese Vincenzo Tanara, nel suo “Economia del cittadino in villa”, si occupa a lungo  “del porco e delle 110 maniere di farne vivande”.
Nel 1841 Vincenzo Agnoletti,  cuoco romano al servizio di Maria Luigia, granduchessa di Parma, sentenzia che “…l’impasto deve essere per metà di cotenna e per metà di nervetti e carne magra”. Al Tanara si deve la sistematizzazione pressoché definitiva dello zampone: ne “La nuovissima cucina economica” compaiono per la prima volta gli “Zampetti alla modenese”. Destinati a diventare zamponi  con l’aumento delle dimensione dei maiali.
Oggi (ma domani le cose potrebbero cambiare) l’impasto prevede il 60% di carni magre fresche selezionate (polpa di spalla, gamba, collo e geretto), il 20% di cotenna tenera e il 20% di gola, guanciale e pancetta. Tutto  ovviamente dopo depilazione ed accurate operazioni di  pulizia.
Le spezie e gli aromi da aggiungere all’impasto sono un segreto:  ciascun fabbricante ha la sua propria miscela, che non rivelerebbe nemmeno sotto tortura. A mo’ di orientamento, ecco cosa recita un lunario modenese del 1866: “aromi polverizzati, cannella regina, macis, pepe garofanato, noce moscata, pepe forte franto”.
 Lo zampone è un insaccato di puro suino. Il termine “insaccato”, participio passato del verbo insaccare, allude all’esistenza di un sacco, e di qualcosa che ci viene infilato dentro. Il sacco è la pelle dell’arto anteriore del maiale, vale a dire della zampa davanti.
Quello che viene infilato nella pelle della zampa suina è in definitiva,un impasto di carne magra di maiale, così composto: 35% di muscoli di spalla, estensori e flessori della gamba, 30% di cotenna macinata e 30% di parti carnose e ghiandolari del guanciale. A tutto questo vengono aggiunti sali, aromi e spezie varie (noce moscata, cannella, ecc.).
Le proteine ammontano al 22%, i grassi al 30%.

Zampone e cotechino.

Il cotechino è un insaccato di maiale identico allo zampone per il  contenuto, ma differente per il contenitore: nel caso del cotechino il “sacco” è costituito infatti da budello di maiale.
Il cotechino molto più antico dello zampone,è nato come insaccato povero: veniva consumato abitualmente col minestrone e con la zuppa di legumi.
Il cotechino lo facevano, ovviamente a mano, i “lardaroli e salsicciari” modenesi, gli ex “beccai”, che si riunirono in corporazione autonoma solo a partire dal 1547. Ma è di circa duecento anni dopo: del 1745 (curiosamente, una “data anagrammatica” rispetto alla precedente) la prima citazione ufficiale del cotechino: in un “calmiere” ne viene indicato il prezzo, e la prima ricetta compare l’anno successivo. Praticamente l’altro ieri, se si pensa che la prima raffigurazione di un salame è stata trovata a Tebe nella tomba di Ramsete II, e risale al 1166 a.C.
La vera nobiltà culinaria il cotechino l’acquisisce però soltanto all’inizio del secolo scorso: nel 1910 il grande Pellegrino Artusi dedica al “Cotechino Fasciato” la ricetta n. 322 del suo famosissimo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, arrivato in meno di vent’anni a ben 13 edizioni.

La tradizione vuole che il cotechino (o lo zampone) con le lenticchie, sia una portata importante del menù di fine/inizio d’ anno: poiché è di buon auspicio. Io non credo molto a questo tipo di cose e, finché la temperatura lo permette (è un piatto piuttosto calorico), lo consumo con molto piacere.
In realtà, al cotechino, preferisco lo zampone che, pur avendo una composizione simile, possiede una grana un poco più grossa e inoltre lo zampetto che rappresenta l’involucro, contribuisce a dargli più sapore. Per contro però, uno zampone che si rispetta pesa più di 1 kg e spesso (troppo spesso purtroppo) si lacera durante le oltre 2 ore di cottura.
Ho ricevuto in regalo, da parte di amici, 2 cotechini freschi (appena preparati); ho quindi deciso di prepararli nel classico modo (o almeno nel mio classico modo).

Cotechino con lenticchie.

Ingredienti (per 4 persone).
1 cotechino fresco (circa 800 g);
250 g di lenticchie;
30 g di pancetta;
1 costa di sedano;
1 carota;
1 scalogno;
1 spicchio d’aglio;
2 cucchiai di olio EVO;
1 litro di brodo;
Sale e pepe q.b.

1 – Preparazione.
Se il cotechino è fresco (come in questo caso), non è necessario metterlo in ammollo in acqua; nel caso si volesse cucinare il cotechino acquistato in salumeria, mettetelo a bagno in acqua la sera prima,  dopo averlo bucherellato, con una forchetta, in più punti.

Per quanto riguarda le lenticchie, in commercio ne esistono molte qualità più o meno tenaci alla cottura: è opportuno seguire le indicazioni riportate sulla confezione.
Non è strettamente necessario metterle in ammollo con acqua; comunque, questo passaggio, contribuisce ad abbreviate il tempo di cottura.
L'ammollo dovrebbe durare almeno 4-6 ore avendo l'accortezza di cambiare l'acuqua almeno un paio di volte.
Tritate finemente in un mixer  il sedano, lo scalogno e l'aglio.

2 – Cottura.
In una casseruola, aggiungete l’olio EVO e rosolate per 3-4 minuti la pancetta tagliata a piccoli dadini; unite il trito di odori e fate imbiondire qualche minuto.
Aggiungete le lenticchie e fate cuocere a fiamma viva un paio di minuti; unite quindi un paio di mestoli di brodo, coprite con un coperchio e fate cuocere a fuoco basso fino a che le lenticchie saranno tenere ma non sfatte; a seconda della qualità, potrebbero richiedere 30-40 minuti di cottura e, a volte, anche oltre.
Aggiungete altro brodo, un poco per volta, se dovessero asciugare troppo; a fine cottura dovranno risultare morbide ma con pochissimo liquido di cottura.
Durante la cottura, non aggiungete sale (renderebbe la buccia dura).
A cottura ultimata, aggiustate di sale, togliete dal fuoco, coprite con un coperchio e lasciate riposare sino al loro utilizzao.

Cotechino fresco.

Nel frattempo, prendete il cotechino e posizionate alcuni stecchini di legno in modo che facciano da “piedini”; in questo modo, durante la cottura, il cotechino non toccherà il fondo del tegame. Coprite con acqua e, raggiunto il bollore, cuocete per 15 minuti.
Eliminate l’acqua di cottura, coprite il cotechino con altra acqua e, raggiunto nuovamente il bollore, cuocete per altri 15 min.
Cambiate ancora l'acqua e portate a cottura finale: normalmente i tempi di cottura del cotechino sono di circa 1 ora per ogni chilogrammo di peso.

3 - Presentazione.
Una volta che il cotechino sarà pronto, spegnere la fiamma e lasciatelo nella sua acqua sino al momento di servire.
Nel caso le lenticchie si fossero freddate troppo, ponetele sul fuoco e fatele riscaldare: vanno servite ben calde.
Prelevate le lenticchie cotte e disponetele su un piatto da portata, adagiate sulle lenticchie le fette di cotechino tagliate non troppo sottili e servite il vostro cotechino con le lenticchie ben caldo.


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