In Italia
si producono circa 1.500 tonnellate/anno di riso con 126 varietà diverse
iscritte al registro nazionale e il consumo procapite di questo alimento si aggira attorno ai 5 Kg all'anno.
- la tostatura del riso;
- la cottura vera e propria;
- la mantecatura.
La coltivazione del riso in Italia,
introdotta dalla Spagna ove era stata portata dagli arabi verso il VI secolo,
venne favorevolmente accolta dagli agricoltori per la possibilità di usare non
solo i terreni paludosi ma anche quelli incolti e sterili, comprese le baraggie
e le brughiere, tanto il cereale si adatta ad ogni terreno purché allagabile.
La coltivazione di riso era sicuramente presente nel quattrocento nelle zone paludose della Lombardia e del Veneto, come testimoniano due lettere del duca Galeazzo Maria Sforza che nel novembre del 1475, concedevano l'autorizzazione a esportare dal ducato di Milano 12 sacchi di riso da semina verso il Ferrarese. Se ne deduce con certezza che la coltivazione di riso fosse da tempo già in atto in Lombardia e probabilmente anche nel Novarese e nel Vercellese.
Una disposizione emanata dal duca Lodovico il moro nel 1498 riguardava gli operai che lavoravano alla pilatura del riso nel contado novarese, il che significa che il cereale aveva un certo rilievo nell'economia della zona e del tempo, tale da richiedere norme per la gestione politica.
Anche le contese giuridiche per la gestione delle acque si moltiplicano: alle liti sulle acque per i mulini e per l'agricoltura si aggiungono quelle per la fornitura di acqua per le risaie.
Nel censimento economico effettuato nel 1710, sotto il regno di Giuseppe I, appare che l'estensione delle risaie era di 9533 ettari nel contado di Novara e di 2574 ettari in quello di Vigevano, su un totale di 38664 ettari di risaia censita nella Lombardia austriaca.
Stando ai successivi dati del 1851 nel circondario novarese la risaia, in poco più di centoquarant'anni era salita a 13640 ettari, 13 anni dopo raggiungeva 22.405 ettari, dei quali oltre 19.200 nel basso novarese.
È da notare che nel 1870 la produzione di riso italiana superava i 48 milioni di quintali, ottenuti su 232.670 ettari di superficie.
Le regioni più interessate alle risaie erano il Piemonte e la Lombardia, seguite dal Veneto e l'Emilia. Riso era coltivato anche in Sicilia (600 ettari), Toscana (480), Abruzzo (70) e Campania (30).
Particolarmente estesa la produzione risicola nell'allora provincia di Novara, che comprendeva anche la provincia di Vercelli: da 50 mila ettari del 1860 giunse 11 anni dopo a oltre 70 mila, continuando a salire anche negli anni successivi raggiungendo oltre i 90 mila ettari nel quadriennio 1879-83; e questo proprio quando in tutta Italia gli impianti a risaia diminuivano di 30mila ettari, in gran parte a causa dell'apertura del canale di Suez che consentiva la concorrenza dei risi asiatici sui mercati europei.
Il sistema di coltivazione in provincia di Novara e di Pavia era prevalentemente a risaie stabili; a fine ottocento raggiungevano ancora il 21% dell'intera superficie coltivata a riso, fatto questo che non solo limitava i rendimenti unitari produttivi ma contribuiva anche, a detta di alcuni, a rendere malsano l'ambiente favorendo il diffondersi della malaria che in quegli anni mieteva numerose vittime. Le autorità sanitarie premevano perciò, ma senza risultato, per una riduzione della coltivazione del cereale.
In passato gli spagnoli per mezzo del loro governatore, marchese di Ayamonte, avevano già nell'anno 1575 emesso una grida che impediva di coltivare riso a meno di cinque miglia dalla città, per impedire il rischio della malaria.
Ma la risaia non era la vera causa della malaria in quanto l'acqua della coltura normalmente non ristagna ma scorre in continuazione tra una camera e l'altra degli appezzamenti; erano piuttosto le condizioni dei contadini, l'alimentazione scarsa e la mancanza di igiene delle abitazioni che favorivano le morti per malaria, oltre naturalmente alla mancanza di farmaci. Alle coltivazioni stabili col tempo si sostituirono quelle a rotazione che consentivano rese più alte mantenendo i terreni in alta efficienza produttiva.
L'utilità economica e ancor più agronomica della risaia a rotazione venne totalmente riconosciuta dal "Primo congresso internazionale sulla risicoltura", tenutosi a Novara nel 1901, ove si parlò anche delle prime concimazioni minerali, quelle che oggi, accuratamente mirate alla natura del terreno, consentono risultati allora incredibili.
Il riso, quindi, fa parte della storia, della tradizione e della cultura contadina del nord d’Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto) sin dal lontano XV secolo.
Il risotto non è semplicemente un piatto con del riso ma rappresenta un modo di cucinare il riso stesso che, a differenza del resto d’Italia, sfrutta l’amido liberatosi durante la cottura per ottenere quella cremosità tipica di questo piatto unico nel suo genere.
In realtà fonti storiche attendibili ci dicono che fino al 1700 non si parla di un risotto cucinato in questo modo e la tecnica predominante sembra essere la lessatura in acqua, procedura tutt’oggi in uso nel centro-sud d’Italia.
Il risotto al limone e gamberi è un primo piatto molto gustoso dal sapore delicato; è una ricetta semplice e che può essere realizzata in tutti i periodi dell'anno.
Il risotto sarà decisamente più buono utilizzando gamberi o gamberetti freschi (*), ma in loro assenza si possono utilizzare anche quelli surgelati.
Il sapore dei gamberi viene esaltato da quello aspro del limone, che dona a questo risotto un gusto nuovo e insolito.
Descrivendo nel dettaglio questa ricetta parlerò di alcune regole base, nella preparazione, valide per questo e per ogni risotto si voglia preparare.
I gamberi si prestano molto bene alla preparazione del risotto, a patto di evitare un errore molto grave: quello di pensare che sia la polpa dei gamberi a insaporire il risotto.
Per quanti gamberi userete nel risotto, infatti, se non preparate un ottimo brodo di gamberi, non otterrete che un risultato deludente, cioè un risotto per nulla saporito; tutto il sapore à rimasto nelle teste e nel carapace dei gamberi. Vediamo allora come preparare un ottimo risotto di gamberi analizzando, passo dopo passo, ogni singola passaggio nella preparazione; le varie procedure descritte (opportunamente adeguate agli ingredienti) restano comunque valide e utilizzabili nella preparazione di ogni tipo di risotto; volendo riassumere per preparare un ottimo risotto occorre:
- un buon brodo (in questo caso di gamberi);
- un
fondo di cottura o soffritto;La coltivazione di riso era sicuramente presente nel quattrocento nelle zone paludose della Lombardia e del Veneto, come testimoniano due lettere del duca Galeazzo Maria Sforza che nel novembre del 1475, concedevano l'autorizzazione a esportare dal ducato di Milano 12 sacchi di riso da semina verso il Ferrarese. Se ne deduce con certezza che la coltivazione di riso fosse da tempo già in atto in Lombardia e probabilmente anche nel Novarese e nel Vercellese.
Una disposizione emanata dal duca Lodovico il moro nel 1498 riguardava gli operai che lavoravano alla pilatura del riso nel contado novarese, il che significa che il cereale aveva un certo rilievo nell'economia della zona e del tempo, tale da richiedere norme per la gestione politica.
Anche le contese giuridiche per la gestione delle acque si moltiplicano: alle liti sulle acque per i mulini e per l'agricoltura si aggiungono quelle per la fornitura di acqua per le risaie.
Nel censimento economico effettuato nel 1710, sotto il regno di Giuseppe I, appare che l'estensione delle risaie era di 9533 ettari nel contado di Novara e di 2574 ettari in quello di Vigevano, su un totale di 38664 ettari di risaia censita nella Lombardia austriaca.
Stando ai successivi dati del 1851 nel circondario novarese la risaia, in poco più di centoquarant'anni era salita a 13640 ettari, 13 anni dopo raggiungeva 22.405 ettari, dei quali oltre 19.200 nel basso novarese.
È da notare che nel 1870 la produzione di riso italiana superava i 48 milioni di quintali, ottenuti su 232.670 ettari di superficie.
Le regioni più interessate alle risaie erano il Piemonte e la Lombardia, seguite dal Veneto e l'Emilia. Riso era coltivato anche in Sicilia (600 ettari), Toscana (480), Abruzzo (70) e Campania (30).
Particolarmente estesa la produzione risicola nell'allora provincia di Novara, che comprendeva anche la provincia di Vercelli: da 50 mila ettari del 1860 giunse 11 anni dopo a oltre 70 mila, continuando a salire anche negli anni successivi raggiungendo oltre i 90 mila ettari nel quadriennio 1879-83; e questo proprio quando in tutta Italia gli impianti a risaia diminuivano di 30mila ettari, in gran parte a causa dell'apertura del canale di Suez che consentiva la concorrenza dei risi asiatici sui mercati europei.
Il sistema di coltivazione in provincia di Novara e di Pavia era prevalentemente a risaie stabili; a fine ottocento raggiungevano ancora il 21% dell'intera superficie coltivata a riso, fatto questo che non solo limitava i rendimenti unitari produttivi ma contribuiva anche, a detta di alcuni, a rendere malsano l'ambiente favorendo il diffondersi della malaria che in quegli anni mieteva numerose vittime. Le autorità sanitarie premevano perciò, ma senza risultato, per una riduzione della coltivazione del cereale.
In passato gli spagnoli per mezzo del loro governatore, marchese di Ayamonte, avevano già nell'anno 1575 emesso una grida che impediva di coltivare riso a meno di cinque miglia dalla città, per impedire il rischio della malaria.
Ma la risaia non era la vera causa della malaria in quanto l'acqua della coltura normalmente non ristagna ma scorre in continuazione tra una camera e l'altra degli appezzamenti; erano piuttosto le condizioni dei contadini, l'alimentazione scarsa e la mancanza di igiene delle abitazioni che favorivano le morti per malaria, oltre naturalmente alla mancanza di farmaci. Alle coltivazioni stabili col tempo si sostituirono quelle a rotazione che consentivano rese più alte mantenendo i terreni in alta efficienza produttiva.
L'utilità economica e ancor più agronomica della risaia a rotazione venne totalmente riconosciuta dal "Primo congresso internazionale sulla risicoltura", tenutosi a Novara nel 1901, ove si parlò anche delle prime concimazioni minerali, quelle che oggi, accuratamente mirate alla natura del terreno, consentono risultati allora incredibili.
Il riso, quindi, fa parte della storia, della tradizione e della cultura contadina del nord d’Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto) sin dal lontano XV secolo.
Il risotto non è semplicemente un piatto con del riso ma rappresenta un modo di cucinare il riso stesso che, a differenza del resto d’Italia, sfrutta l’amido liberatosi durante la cottura per ottenere quella cremosità tipica di questo piatto unico nel suo genere.
In realtà fonti storiche attendibili ci dicono che fino al 1700 non si parla di un risotto cucinato in questo modo e la tecnica predominante sembra essere la lessatura in acqua, procedura tutt’oggi in uso nel centro-sud d’Italia.
Il risotto al limone e gamberi è un primo piatto molto gustoso dal sapore delicato; è una ricetta semplice e che può essere realizzata in tutti i periodi dell'anno.
Il risotto sarà decisamente più buono utilizzando gamberi o gamberetti freschi (*), ma in loro assenza si possono utilizzare anche quelli surgelati.
Il sapore dei gamberi viene esaltato da quello aspro del limone, che dona a questo risotto un gusto nuovo e insolito.
Descrivendo nel dettaglio questa ricetta parlerò di alcune regole base, nella preparazione, valide per questo e per ogni risotto si voglia preparare.
I gamberi si prestano molto bene alla preparazione del risotto, a patto di evitare un errore molto grave: quello di pensare che sia la polpa dei gamberi a insaporire il risotto.
Per quanti gamberi userete nel risotto, infatti, se non preparate un ottimo brodo di gamberi, non otterrete che un risultato deludente, cioè un risotto per nulla saporito; tutto il sapore à rimasto nelle teste e nel carapace dei gamberi. Vediamo allora come preparare un ottimo risotto di gamberi analizzando, passo dopo passo, ogni singola passaggio nella preparazione; le varie procedure descritte (opportunamente adeguate agli ingredienti) restano comunque valide e utilizzabili nella preparazione di ogni tipo di risotto; volendo riassumere per preparare un ottimo risotto occorre:
- un buon brodo (in questo caso di gamberi);
- la tostatura del riso;
- la cottura vera e propria;
- la mantecatura.
Ingredienti (per 4 persone)
1 Kg di gamberi freschi (*);
320 g di riso Vialone nano;
40 g di burro;
4 cucchiai di olio EVO;
1 limone BIO;
1 bicchiere di vino bianco secco;
Erba cipollina (o timo) a piacere;
1 spicchio d’aglio;
1 cipolla media;
½ gamba di sedano;
1 carota piccola;
Sale e pepe q.b.
1 – Preparazione.
Prepariamo il brodo di gamberi.
Il brodo di gamberi si prepara con il carapace e le teste. Ma non basta: per ottenere un risotto veramente saporito bisogna tostare in forno le carcasse prima di utilizzarle per il brodo.
Avete presente la differenza tra il gusto (sapore e aroma) dei gamberi bolliti e di quelli alla griglia? Il gusto dei secondi è molto più intenso. Per ottenere questo gusto nel brodo bisogna sviluppare quelle reazioni di Maillard che si ottengono solo portando ad alta temperatura (oltre i 100 gradi) il carapace dei gamberi.
Dopo aver separato il carapace e le teste dalla carne dei gamberi, si mettono in primi in forno 180 °C per 10-15 minuti, mescolandoli di tanto in tanto, finché non si avverte chiaramente l'odore di gambero arrostito. Nel frattempo, si prepara un soffritto di cipolla tritata (al quale si può aggiungere anche sedano e carota) con poco olio in una casseruola e si mette a bollire 500 g di acqua per porzione in un'altra pentola. Si uniscono gli scarti dei gamberi al soffritto di cipolla e si aggiunge l'acqua bollente, si fa bollire per 20-30 minuti a fuoco basso, coperto; alla fine si filtra e il brodo è pronto da usare nella cottura del risotto.
Prepariamo il fondo di cottura o soffritto.
Spesso si iniziano la preparazione dei risotti con un fondo di cottura, burro (o olio) e cipolla tritata. Tuttavia, non è possibile tostare il riso che necessita di alte temperature per la tostatura, che brucerebbero il fondo di cipolla. Cioè se tostiamo il riso nel fondo di cottura, in realtà non stiamo tostando un bel niente perché la temperatura è troppo bassa. Dunque, o si rinuncia alla tostatura e si fa il fondo di cottura, o si rinuncia al fondo di cottura e si tosta il riso: non è possibile effettuare entrambe le cose contemporaneamente.
Una possibile soluzione è quella di preparare il fondo di cottura in una padella a parte e poi lo si unisce al risotto una volta completatala tostatura, operando nel seguente modo (1):
in una padella con 2 cucciai d’olio EVO si aggiunge la cipolla tritata molto finemente e si lascia soffriggere per alcuni min. a fuoco moderato. Si spegne il gas e si filtra l’olio con un colino eliminando tutta la cipolla.
Un altro sistema è il seguente (2):
in un pentolino si mette la cipolla tagliata a fette sottili, 2 cucchiai di olio EVO, ½ bicchiere di vino bianco, 50 ml di acqua e si porta a bollore; continuare la cottura sino a quasi completa asciugatura del liquido.
Utilizzando un frullino ad immersione, si frulla il tutto sino ad ottenere una purea piuttosto densa; un cucchiaio di questa purea verrà poi aggiunta al riso dopo la tostatura. Questo sistema ha, rispetto al precedente, un sapore un poco più delicato; scegliere il sistema secondo mi propri gusti.
2 – Cottura.
La tostatura del riso.
È una operazione che viene effettuata nella casseruola utilizzata per cuocere il risotto, a fuoco medio-alto, della durata di un paio di minuti.
Il riso va portato ad alta temperatura, a secco o con l'aggiunta di una piccola quantità di olio o burro, con lo scopo di tostare la superficie del chicco, che modifica la sua struttura mantenendolo più croccante a fine cottura (evitando che scuocia) e di rilasciare più facilmente l'amido superficiale garantendo la formazione della cremosità necessaria al risotto.
I chicchi di riso vanno mantenuti in movimento agitando la casseruola o mescolando con un cucchiaio di legno in modo delicato per non rompere subito la cuticola del chicco e liberare, troppo presto, l’amido che farebbe attaccare il riso al fondo della padella. Durante questa operazione il rumore che fanno i chicchi di riso quando urtano la superficie della casseruola cambia, passando da "sabbioso" a metallico. Questo cambiamento indica che la tostatura è avvenuta con successo.
Unire ½ bicchiere di vino bianco secco e svaporare muovendo delicatamente il riso.
Aggiungere 2 mestoli di brodo bollente, mescolare un paio di volte (sempre dolcemente) e non toccare più sino alla prossima aggiunta di brodo; continuando a mescolare si rompe la cuticola del riso troppo presto, si libera l’amido e il riso si attacca al fondo della padella.
Continuare con le aggiunte di brodo (2 mestoli alla volta). A metà cottura (circa dopo 10 min.) aggiungere il succo e la buccia grattugiata del limone e un mestolo di brodo.
A cottura quasi ultimata (un 5 min. prima) aggiungere i gamberi tagliati e completare la cottura; spegnere il fuoco, aggiustare di sale, unire il resto del burro e mescolare energicamente per un minuto: questo è il momento della “mantecatura” e sbattere il riso serve a montare il burro e, allo stesso tempo, rompere la cuticola dei chicchi per far uscire tutto l’amido e ottenere una consistenza cremosa.
Coprire con un coperchio e lasciar riposare per 2-3 min.
3 - Presentazione.
1 Kg di gamberi freschi (*);
320 g di riso Vialone nano;
40 g di burro;
4 cucchiai di olio EVO;
1 limone BIO;
1 bicchiere di vino bianco secco;
Erba cipollina (o timo) a piacere;
1 spicchio d’aglio;
1 cipolla media;
½ gamba di sedano;
1 carota piccola;
Sale e pepe q.b.
1 – Preparazione.
Prepariamo il brodo di gamberi.
Il brodo di gamberi si prepara con il carapace e le teste. Ma non basta: per ottenere un risotto veramente saporito bisogna tostare in forno le carcasse prima di utilizzarle per il brodo.
Avete presente la differenza tra il gusto (sapore e aroma) dei gamberi bolliti e di quelli alla griglia? Il gusto dei secondi è molto più intenso. Per ottenere questo gusto nel brodo bisogna sviluppare quelle reazioni di Maillard che si ottengono solo portando ad alta temperatura (oltre i 100 gradi) il carapace dei gamberi.
Dopo aver separato il carapace e le teste dalla carne dei gamberi, si mettono in primi in forno 180 °C per 10-15 minuti, mescolandoli di tanto in tanto, finché non si avverte chiaramente l'odore di gambero arrostito. Nel frattempo, si prepara un soffritto di cipolla tritata (al quale si può aggiungere anche sedano e carota) con poco olio in una casseruola e si mette a bollire 500 g di acqua per porzione in un'altra pentola. Si uniscono gli scarti dei gamberi al soffritto di cipolla e si aggiunge l'acqua bollente, si fa bollire per 20-30 minuti a fuoco basso, coperto; alla fine si filtra e il brodo è pronto da usare nella cottura del risotto.
Prepariamo il fondo di cottura o soffritto.
Spesso si iniziano la preparazione dei risotti con un fondo di cottura, burro (o olio) e cipolla tritata. Tuttavia, non è possibile tostare il riso che necessita di alte temperature per la tostatura, che brucerebbero il fondo di cipolla. Cioè se tostiamo il riso nel fondo di cottura, in realtà non stiamo tostando un bel niente perché la temperatura è troppo bassa. Dunque, o si rinuncia alla tostatura e si fa il fondo di cottura, o si rinuncia al fondo di cottura e si tosta il riso: non è possibile effettuare entrambe le cose contemporaneamente.
Una possibile soluzione è quella di preparare il fondo di cottura in una padella a parte e poi lo si unisce al risotto una volta completatala tostatura, operando nel seguente modo (1):
in una padella con 2 cucciai d’olio EVO si aggiunge la cipolla tritata molto finemente e si lascia soffriggere per alcuni min. a fuoco moderato. Si spegne il gas e si filtra l’olio con un colino eliminando tutta la cipolla.
Un altro sistema è il seguente (2):
in un pentolino si mette la cipolla tagliata a fette sottili, 2 cucchiai di olio EVO, ½ bicchiere di vino bianco, 50 ml di acqua e si porta a bollore; continuare la cottura sino a quasi completa asciugatura del liquido.
Utilizzando un frullino ad immersione, si frulla il tutto sino ad ottenere una purea piuttosto densa; un cucchiaio di questa purea verrà poi aggiunta al riso dopo la tostatura. Questo sistema ha, rispetto al precedente, un sapore un poco più delicato; scegliere il sistema secondo mi propri gusti.
Preparazione
degli altri ingredienti.
Grattugiare la buccia e ricavare il succo di un limone.
In una padella aggiungere 2 cucchiai di olio EVO e far rosolare per 2-3 min i gamberi sgusciati che prenderanno un bel colore rosso-arancio.
Tenere da parte qualche gambero intero (2-3 a persona) per la rifinitura del piatto e tagliare il resto dei gamberi in 2-3 pezzi.
Grattugiare la buccia e ricavare il succo di un limone.
In una padella aggiungere 2 cucchiai di olio EVO e far rosolare per 2-3 min i gamberi sgusciati che prenderanno un bel colore rosso-arancio.
Tenere da parte qualche gambero intero (2-3 a persona) per la rifinitura del piatto e tagliare il resto dei gamberi in 2-3 pezzi.
2 – Cottura.
La tostatura del riso.
È una operazione che viene effettuata nella casseruola utilizzata per cuocere il risotto, a fuoco medio-alto, della durata di un paio di minuti.
Il riso va portato ad alta temperatura, a secco o con l'aggiunta di una piccola quantità di olio o burro, con lo scopo di tostare la superficie del chicco, che modifica la sua struttura mantenendolo più croccante a fine cottura (evitando che scuocia) e di rilasciare più facilmente l'amido superficiale garantendo la formazione della cremosità necessaria al risotto.
I chicchi di riso vanno mantenuti in movimento agitando la casseruola o mescolando con un cucchiaio di legno in modo delicato per non rompere subito la cuticola del chicco e liberare, troppo presto, l’amido che farebbe attaccare il riso al fondo della padella. Durante questa operazione il rumore che fanno i chicchi di riso quando urtano la superficie della casseruola cambia, passando da "sabbioso" a metallico. Questo cambiamento indica che la tostatura è avvenuta con successo.
Unire ½ bicchiere di vino bianco secco e svaporare muovendo delicatamente il riso.
Aggiungere 2 mestoli di brodo bollente, mescolare un paio di volte (sempre dolcemente) e non toccare più sino alla prossima aggiunta di brodo; continuando a mescolare si rompe la cuticola del riso troppo presto, si libera l’amido e il riso si attacca al fondo della padella.
Continuare con le aggiunte di brodo (2 mestoli alla volta). A metà cottura (circa dopo 10 min.) aggiungere il succo e la buccia grattugiata del limone e un mestolo di brodo.
A cottura quasi ultimata (un 5 min. prima) aggiungere i gamberi tagliati e completare la cottura; spegnere il fuoco, aggiustare di sale, unire il resto del burro e mescolare energicamente per un minuto: questo è il momento della “mantecatura” e sbattere il riso serve a montare il burro e, allo stesso tempo, rompere la cuticola dei chicchi per far uscire tutto l’amido e ottenere una consistenza cremosa.
Coprire con un coperchio e lasciar riposare per 2-3 min.
3 - Presentazione.
Porzionare il risotto in piatti singoli
aggiungendo 2-3 gamberi interi a persona e, se gradito, una spolverata di pepe
nero.
(*) Si possono utilizzare gamberi/gamberetti surgelati e/o precotti; in questo caso si dovranno utilizzare 400-500 g di gamberi/gamberetti e proseguire con la ricetta dal punto in cui si fanno saltare in padella per 2-3 min.
Al posto del brodo di gamberi, è possibile utilizzare un normale brodo vegetale.
Al posto del brodo di gamberi, è possibile utilizzare un normale brodo vegetale.
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