Il saccarosio è un composto chimico organico della famiglia dei glucidi disaccaridi, comunemente chiamato zucchero, sebbene quest'ultimo termine indichi un qualsiasi generico glucide (detto anche carboidrato o idrato del carbonio semplice), al quale appartiene anche il saccarosio. In relazione alla sua struttura chimica, il saccarosio è classificabile come disaccaride, in quanto la sua molecola è costituita da due monosaccaridi, più precisamente glucosio e fruttosio.
A temperatura ambiente e pressione atmosferica si presenta sotto forma di solido (in cristalli) o disciolto in saluzione. Lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele (in percentuale più bassa rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).
Il saccarosio così estratto viene utilizzato nell'ambito dell'industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera, prendendo il nome di comune zucchero da cucina (raffinato bianco oppure integrale "grezzo").
Già
nel 5000 a.C. si produceva un succo zuccherino attraverso la bollitura e
spremitura della canna da zucchero, che pare sia stata esportata dai
polinesiani col nome di poba, dapprima in Cina e in India, quindi in Australia.
Altre tracce storiche di tale lavorazione vi sono anche nell'America Latina del
X secolo a.C. circa.
In
Europa, i persiani di Dario I nel 510 a.C. trovarono un vegetale dal quale si
ricavava uno "sciroppo denso e dolcissimo". Fatto asciugare su larghe
foglie, esso produceva cristalli che duravano a lungo, e dalle spiccate
proprietà energetiche. I Persiani ne estesero la coltivazione a tutto il Medio
Oriente.
Nel
325 a.C., Alessandro Magno portò la notizia che nei territori orientali si
trovava un «...miele che non aveva bisogno di api». Furono però gli arabi,
presso cui era già in uso nel VI secolo d.C., che ne estesero la coltivazione.
La
canna da zucchero venne importata in Sicilia e in Spagna dagli Arabi nel IX
secolo. Lo scrittore arabo Ibn Ankal scriveva: «Lungo la spiaggia, nei dintorni
di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il
suolo; da essa il sugo si estrae per pressione.» Nell'XI secolo, i Genovesi e i
Veneziani presero ad importare modeste quantità di ciò che veniva chiamato
"sale arabo", che le crociate resero ancora più diffuso. Federico II
di Svevia provvide a far coltivare la canna da zucchero in Sicilia (dov’era già
stata introdotta dagli arabi), ma lo zucchero restò per molto tempo una spezia
rara e preziosa, venduta dagli speziali e dai farmacisti a carissimo prezzo
come medicina in uso per sciroppi, impacchi ed enteroclismi. Solo i ricchi
potevano permettersi di usarlo come dolcificante, anche se il suo più antico
surrogato, il miele, non era certo prodotto in quantità tali da poter comparire
sulla tavola della popolazione come un dolcificante di tutti i giorni.
Con
la scoperta dell'America, gli spagnoli introdussero la coltivazione della canna
da zucchero sia a Cuba che nel Messico, i portoghesi in Brasile, inglesi e
francesi nelle Antille, in quei territori cioè dell'America centrale e
meridionale che ancora oggi ne sono tra i maggiori produttori. Poiché lo
zucchero delle Americhe era migliore e meno costoso, le coltivazioni spagnole e
italiane scomparvero, insieme ai traffici con i territori arabi. Nacque un
fiorente traffico d'importazione, che rese il prodotto, per quanto di lusso,
più comune. Questo diede una spinta notevole all'arte culinaria, permettendo la
nascita della pasticceria europea come arte autonoma, anche grazie al connubio
di zucchero con cacao, con latte e con caffè.
Nel
1575, l'agronomo francese Olivier de Serres osservò che un ortaggio comunissimo
ed ampiamente coltivato, prevalentemente ad uso foraggio, la barbabietola (Beta
vulgaris), se cotto produce uno sciroppo simile a quello della canna da
zucchero, molto dolce. L'osservazione rimase tuttavia lettera morta e lo
zucchero di canna rimase l'unico disponibile ancora per molto tempo. Nel giro
di un secolo, tra il 1640 e il 1750, il consumo della sostanza triplicò,
incentivando il fenomeno della tratta degli schiavi dall'Africa, che venivano
catturati e deportati per lavorare nelle piantagioni.
Con
l'ascesa di Napoleone, s'intensificarono i contrasti tra Francia e Inghilterra,
che portarono ad un blocco delle importazioni inglesi (decreto di Berlino,
1806). Lo zucchero di canna, che giungeva in Europa via mare, sparì in breve
tempo dagli scaffali dei negozi, poiché gli inglesi reagirono al blocco
sequestrando a loro volta le navi dirette a porti francesi o dei loro alleati
aderenti al blocco (in un secondo tempo si "limitarono" a costringere
queste navi a passare da porti inglesi e pagare una forte tassa sul carico).
Sulla
spinta della necessità, gli europei si adoperarono per trovare un'alternativa.
Nel 1747, il chimico tedesco Andreas Sigismund Marggraf era riuscito a
dimostrare la presenza di saccarosio nelle barbabietole e alcuni decenni dopo
il suo allievo Franz Karl Achard selezionò alcune varietà di barbabietola ad
elevato contenuto zuccherino e ideò un processo industriale idoneo alla sua
estrazione: è a lui che si deve il primo zuccherificio industriale, sorto a
Kunern (Slesia) nel 1801.
Per
espressa volontà di Napoleone, la produzione di zucchero da bieta fu
incoraggiata in tutti i territori sotto il suo controllo e furono aperti altri
stabilimenti in Francia, grazie anche ai perfezionamenti apportati
dall'imprenditore francese Benjamin Delessert al procedimento di Achard.Con il
Congresso di Vienna (1814-1815) e la conseguente fine del blocco continentale,
il "ritorno" dello zucchero di canna provocò un calo dei prezzi,
mentre la produzione di quello dalla bieta non aveva ancora potuto raggiungere
livelli quantitativi tali da farne scendere il prezzo alla portata di tutte le
tasche. Il processo di coltivazione della bieta e di estrazione industriale
dello zucchero subì quindi un arresto, stante la minor rimuneratività
dell'investimento in stabilimenti ed in coltivazioni.
Tuttavia
il processo "sostitutivo" sul mercato europeo fu lento, ma
inarrestabile e lo zucchero da bieta cominciò a far concorrenza a quello di
canna dalla seconda metà dell'Ottocento; il fenomeno fu favorito anche dalla
graduale abolizione dello schiavismo nei paesi dell'America ove veniva
prodotto, che determinò un aumento dei costi di raccolta e lavorazione della
canna e quindi anche del prodotto finito.
In
Italia, negli anni '80 del novecento, l'industria zuccheriera, per contrastare
la concorrenza crescente dei dolcificanti, diede luogo a una massiccia campagna
pubblicitaria in cui si collegava l'utilizzo dello zucchero allo sviluppo
cerebrale, ma senza alcun fondamento scientifico.
Il
saccarosio viene prodotto dalle piante all'interno del citosol
(*) come prodotto intermedio del loro
metabolismo, a partire da uridina difosfoglucosio
e fruttosio 6-fosfato. Tale processo di
formazione del saccarosio avviene attraverso tre reazioni catalizzate grazie
all'intervento degli enzimi UDP–glucosio pirofosforilasi,
sucrosio-fosfato sintasi e sucrosio
fosfatasi. È stato stimato che nel caso della
canna da zucchero una singola pianta può produrre intorno a 2,14 kg di
saccarosio all'ora.
In
alcune piante come la canna da zucchero e la barbabietola da zucchero, il
saccarosio è presente in elevate percentuali in quanto viene utilizzato dalla
pianta come riserva energetica. In particolare la concentrazione
di saccarosio è intorno a 7-18% in peso nella canna da zucchero
e intorno a 8-22% in peso nella barbabietola da zucchero.
Altre
piante che contengono un'elevata percentuale di saccarosio sono la palma
da datteri, il mais dolce,
il sorgo dolce, l'acero
e la palma da cocco.
A
livello industriale, lo zucchero viene estratto principalmente dalla barbabietola
da zucchero (in Europa)
e dalla canna da zucchero
(nel resto del mondo). La produzione di zucchero da altre fonti, quali ad
esempio l'acero e la palma
da dattero, riveste invece un ruolo minoritario.
Da
tali vegetali si estrae il cosiddetto "sugo zuccherino", di colore
bruno, ma le modalità con le quali lo si estrae sono differenti nei due casi,
in quanto sono differenti le parti della pianta da cui viene estratto e le
impurità che è necessario allontanare.
Dalla canna da zucchero.
Raggiunta
la maturità della pianta Saccharum officinarum, ne vengono raccolti i soli
fusti, lavati e quindi macinati meccanicamente già nello zuccherificio
industriale. Quindi ne viene estratto un liquido, detto "sugo",
fluido e di colore bruno-scuro, e quindi immagazzinato. Gli scarti della canna
vengono chiamati bagassa ed usati come concime o come combustibile organico
naturale. Da qualche tempo, questi scarti vengono utilizzati anche per estrarne
dell'alcol per il mercato di biocombustibile per i veicoli (specialmente in
Brasile), tuttavia questi processi di estrazione sono ancora molto costosi.
Dalla barbabietola da zucchero
Il
fittone della pianta viene raccolto, lavato, selezionato e sminuzzato in
piccoli pezzi bislunghi, di circa 4 cm, e di aspetto colore bruno scuro, detti
cossettes o "fettucce". Vengono dunque spediti allo zuccherificio e
passati al processo di "diffusione", e cioè posti sotto un flusso
torrentizio di acqua molto calda, che estrae la gran parte delle sostanze,
compresi gli zuccheri, e generando anche qui il "sugo" di colore
bruno-scuro. Il sugo poi viene purificato per mezzo di calce e di anidride
carbonica, quindi viene filtrato. Il sugo che si ricava viene decolorato e
concentrato. La massa cotta viene centrifugata e si ottiene lo zucchero grezzo.
Lo zucchero grezzo successivamente viene raffinato e assume un colore bianco. I
residui delle biete passate vengono usati, poi, come mangime per animali o
fertilizzante per piante.
Esistono
in commercio vari tipi di zucchero:
- zucchero agglomerato: quando è ancora umido gli viene dato la forma a zolletta ed essiccato;
- zuccheri macinati e setacciati: in uscita alla raffinazione lo zucchero viene macinato e setacciato, la parte più grossolana è lo zucchero semolato mentre quella più fine viene ulteriormente macinata e diviene zucchero a velo;
- zuccheri speciali: fanno parte di questa categoria gli sciroppi (soluzioni acquose al 70%), lo zucchero candito (zucchero in cristalli di 1-2 cm) e lo zucchero istantaneo (zucchero molto solubile ottenuto portando a secchezza uno sciroppo di elevata purezza).
In
relazione al tipo di materia prima utilizzata per la sua produzione, si hanno i
seguenti tipi di zucchero:
- zucchero di canna;
- zucchero di barbabietola;
- zucchero d'acero;
- zucchero di palma;
- zucchero di cocco.
Inoltre
esistono diverse tipologie di zucchero non raffinato, quali ad esempio il jaggery
e lo zucchero muscovado.
Secondo
i dati al 2005 del Ministero dell'Agricoltura statunitense, i principali
produttori sono:
- per lo zucchero di barbabietola l'Europa a 25 (21,6 milioni di tonnellate), gli Stati Uniti d'America (4,0), la Russia (2,5) e l'Ucraina (1,85);
- per lo zucchero di canna il Brasile (27,1 milioni di tonnellate), l'India (20,3), la Cina (8,7), il Messico (5,6), l'Australia (5,3), la Thailandia (4,8).
Significativo
l'exploit del Brasile, che è passato da un tasso medio annuo di aumento della
produzione del 2,23% (1960-1990) all'8,1% (1990-2006); l'Europa produce solo
288 migliaia di tonnellate di zucchero di canna, gli Stati Uniti 2,8 milioni di
tonnellate.
Il
commercio internazionale è piuttosto sviluppato: il totale di importazioni ed
esportazioni è leggermente inferiore al 65% della produzione. I principali
esportatori sono il Brasile (17 milioni di tonnellate), l'Europa (7,2),
l'Australia (4,3) e la Thailandia (2,9). Gli Stati Uniti, che importano 2,8
milioni di tonnellate, esportano solo 159.000 tonnellate.
Nel
2002 si è aperta una vertenza internazionale sullo zucchero. L'Australia, il
Brasile e la Thailandia hanno contestato presso l'Organizzazione Mondiale del
Commercio il sostegno accordato dall'Europa ai produttori nazionali, che
consente loro di vendere a prezzi inferiori ai costi di produzione. L'OMC ha
riconosciuto la fondatezza delle accuse, ma le trattative per addivenire ad una
soluzione sono ancora in corso.
Lo zucchero nell'alimentazione.
Il
saccarosio è usato principalmente nell'alimentazione, aggiunto a cibi e bevande
in percentuali più o meno considerevoli; è immediatamente assimilabile e
apporta circa 17 kJ (4 chilocalorie) per grammo.
In
Italia, il consumo annuo pro capite di zucchero è di circa 24 kg, più basso della
media europea che è di circa 32 kg.
Un
consumo eccessivo di zucchero è considerato dall'Organizzazione mondiale della
sanità tra le probabili cause di varie patologie, tra cui le principali sono
l'iperglicemia, l'obesità, danni cardiovascolari in genere, diabete e carie
dentaria.
La
stessa organizzazione consiglia pertanto di non aggiungere lo zucchero ai cibi
che già contengono altre tipologie di zuccheri e carboidrati: pane, frutta,
pasta e latte già ne contengono in quantità sufficiente per il fabbisogno
umano. Un eccesso nell'organismo di zuccheri non immediatamente utilizzati come
fonte di energia, ne provoca la conversione in glicogeno il quale viene
depositato nelle cellule dei muscoli scheletrici e del fegato per poter essere
ritrasformato, quando necessario, in glucosio.
In
alcuni soggetti può essere presente un'intolleranza alimentare al saccarosio,
causata principalmente dalla carenza dell'enzima invertasi (o saccarasi), che
facilita la scissione del saccarosio in glucosio e fruttosio. Per
diagnosticarla occorrono esami specifici. Tuttavia, l'intolleranza alimentare
ai glucidi più comune è quella al lattosio, mentre le altre intolleranze sono
genericamente legate al normale invecchiamento dell'età.
Vi sono diverse
alternative al saccarosio come dolcificante, sia naturali che di sintesi; la
principale è senz'altro il miele, utilizzato almeno dalla preistoria, oltre a
sciroppi ricavati da alberi come l'acero o da cereali e frutta, contenenti
principalmente fruttosio. Un dolcificante naturale è anche la stevia. Esistono
poi molti dolcificanti di sintesi come lo xilitolo, sorbitolo ed il sucralosio,
tutti di origine naturale e adatti per i soggetti diabetici, o completamente
artificiali come l'acesulfame e l'aspartame.
Oltre all'utilizzo
alimentare (che assorbe la maggior parte del mercato del saccarosio), viene
utilizzato sotto forma di melassa nell'ambito della biotecnologia, come
substrato per la sintesi di etanolo, acido citrico, amidi, amminoacidi, enzimi
e antibiotici.
In Brasile il sugo dello
zucchero di canna viene utilizzato inoltre per la produzione di bioetanolo che
viene a sua volta utilizzato come combustibile (puro o in miscela con benzina).
In
analogia agli altri zuccheri, se sottoposto ad
elevate temperature il saccarosio subisce la cosiddetta "caramellizzazione"
che porta alla produzione di sostanze chimiche che conferiscono un colore scuro
e un aroma differente. Il prodotto della caramellizzazione è il caramello,
utilizzato come colorante nell'industria alimentare.
All'aumentare
della temperatura, si ha dapprima la fusione dello zucchero sotto forma di
liquido viscoso, quindi intorno a 160-170 °C si produce il cosiddetto
"caramello chiaro"; aumentando ulteriormente la temperatura intorno a
165-177 °C si forma il "caramello scuro". Oltre 177 °C viene
innescato il processo di combustione del caramello, che lo rende amaro e non
più adatto all'uso alimentare.
Per
temperature superiori a 250 °C, il processo di combustione dello zucchero
avviene velocemente, rilasciando anidride carbonica e idrogeno sotto forma di
gas e il residuo solido risultante sarà carbone di zucchero.
Quest’anno, a Carisolo
(TN), c’è stata una produzione eccezionalmente abbondante di noci; in tutta la
zona le tantissime piante di noce erano “stracariche” di bellissime noci.
Alla fine di Giugno,
come da tradizione (a San Giovanni tra il 23 e il 24 Giugno) ho raccolto delle
fantastiche noci da utilizzare per la preparazione del Nocino che, dopo 5 mesi
di “riposo”, tra qualche giorno sarà pronto per la degustazione.
Tra Settembre e Ottobre
ho raccolto le noci da consumare come frutta secca durante le prossime
festività.
Vista la “grande”
quantità e bontà di questi gherigli, ho deciso di preparare questa torta di
semplice preparazione, gustosa, veloce e ricco di noci e nocciole.
Ingredienti (per una tortiera con Ø 20-21 cm.).
4 uova;
150 g di zucchero
semolato;
150 g di gherigli di
noce;
80 g di granella di
nocciole tostate;
100 g di burro
ammorbidito;
2-3 cucchiai colmi di
farina tipo “00” (circa 50-60 g);
1 bustina di vanillina;
1 pizzico di sale;
Zucchero a velo per
decorare.
1 –
Preparazione.
Tritate grossolanamente
a coltello i gherigli di noce.
Con una frusta, lavorare
il burro morbido con lo zucchero sino ad ottenere una crema liscia, aggiungere
poi i tuorli e continuate a mescolare.
Quando il composto
risulterà ben omogeneo, aggiungere le noci tritate grossolanamente, la granella
di nocciole, la vanillina, la farina setacciata, il sale e amalgamate molto
bene il tutto.
Montate a neve ferma gli
albumi.
Aggiungere al composto
gli albumi montati a neve e, con una spatola, mescolate dal basso l’alto il
preparato (per evitare che l’albume si smonti) sino a completa miscelazione.
Imburrate e spolverate
con farina una tortiera con cerniera o foderata con carta da forno e versate il
composto al suo interno; livellate bene anche “sbattendo” la tortiera su di un
piano rigido (1).
2 – Cottura.
Mettete in forno
preriscaldato a 180° per 30 minuti o comunque sino a quando la torta avrà preso
un bel colore nocciola.
Verificare la cottura
con il metodo dello stecchino (2).
3 -
Presentazione.
Una volta che la torta
si sarà raffreddata, eliminare la tortiera, posizionatela su di un piatto di
portata, spolverizzate di zucchero a velo e servite (3).
(*) Il citosol è la sostanza gelatinosa che, assieme agli
organelli, costituisce il citoplasma, cioè la porzione interna della cellula.
Nel citosol si svolge gran parte del metabolismo cellulare. Esso costituisce il
50% del volume di una cellula e contiene proteine enzimatiche che catalizzano
varie reazioni: dalla demolizione degli zuccheri alla sintesi dei grassi, dei
nucleotidi, degli zuccheri e delle proteine.
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