domenica 3 marzo 2013

Riciclo (4) - Crostini di polenta con crema di fagioli.

La polenta è stata, per secoli, uno dei piatti alla base dell’alimentazione contadina (e non solo) per il suo basso costo ma, soprattutto, per la sensazione di sazietà che dava dopo averla consumata.
In passato tra alcune popolazioni povere (Sudamerica, Italia del Nord-est, bassa Padana) che si nutrivano quasi esclusivamente di polenta senza l'apporto di altri elementi, come le vitamine, si verificarono molti casi di pellagra. Questa malattia deriva infatti dall'assenza totale di vitamine e da un'alimentazione poverissima di proteine.

Polenta taragna.

Alimento molto diffuso,in particolare al nord, veniva e viene tuttora preparata in diverso modo nelle varie regioni: arricchita, condita, accompagnata con gli ingredienti tipici delle varie zone.
La polenta taragna.
La prima coltivazione di mais a Lovere, in Val Camonica secondo la tradizione locale, giunse con l'importazione di 4 chicchi di granoturco dalle Americhe da parte di Pietro Gajoncelli nel 1658.
La polenta taragna, in molte zone conosciuta come taragna, è una ricetta tipica della cucina valtellinese, camuna e delle valli bresciane bergamasche. Il suo nome deriva dal tarai ("tarel"), un lungo bastone usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui veniva preparata. Come altre polente della montagna lombarda (ad esempio la pulénta vüncia, polenta uncia cioè unta), è preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni di altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell'oncia, nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.
Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) è una pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. Il nome scientifico, Fagopyrum deriva dalla combinazione del latino fagus (con il faggio ha in comune la forma assai caratteristica dei semi triangolari) e gal greco piròs (come dai semi del frumento anche dai semi del grano saraceno si ricava una farina). A causa delle sue caratteristiche nutrizionali e dell’impiego alimentare, questo vegetale viene spesso collocato commercialmente, tra i cereali, nonostante tale classificazione sia scientificamente impropria, non appartenendo il grano saraceno alla famiglia delle Graminacee.

Grano saraceno.

E’ una pianta spontanea nelle zone della Siberia e della Manciuria. La coltura si è propagata in Cina nel X secolo e in Occidente durante il Medioevo. Ci sono diverse fonti di pensiero sul modo in cui è avvenuta la sua propagazione, ma fra tutte due risultano le più accreditate. Secondo il primo filone, i Turchi avrebbero introdotto la pianta in Grecia e nelle penisola balcanica, e da questo deriverebbe il nome grano saraceno, ossia grano dei turchi o dei saraceni. La seconda teoria sostiene che la diffusione sia avvenuta attraverso l’Asia e l’Europa del Nord ad opera delle migrazioni dei popoli mongoli che, dalla Russia meridionale, portarono il grano fino alla Polonia e alla Germania, da dove si sarebbe diffuso nel resto d’Europa. E’ probabile che entrambe le tesi siano valide e che la propagazione sia avvenuta contemporaneamente sia da Nord che da Sud.
Il grano saraceno sopporta male il freddo, e pertanto esige di essere coltivato nella stagione primaverile – estiva durante la quale esso riesce a svolgere rapidamente il proprio ciclo biologico. Per quanto nei paesi del Nord Europa questa pianta compaia come coltura principale, in Italia rappresenta soprattutto una coltura intercalare praticata dopo un cereale autunno‐invernale, come per esempio la segale o più raramente il frumento.
I semi triangolari vengono utilizzati come foraggio per animali d’allevamento, o macinati e ridotti in farina per uso alimentare. Le piante intere vengono anch’esse impiegate dagli allevatori come foraggio o lettiera per il bestiame. Inoltre, dai fiori del grano saraceno le api ottengono un miele scuro e molto saporito.
Il grano saraceno si distingue dai comuni cereali per l’elevato valore biologico delle sue proteine, che contengono gli otto aminoacidi essenziali in proporzione ottimale, mentre i “cereali veri” (il grano saraceno, a dispetto del nome, non è un cereale) contengono poca lisina. Rispetto alla farina di frumento, quella di grano saraceno è priva di glutine ed è quindi adatta per i soggetti celiaci. Il grano saraceno è una buona fonte di fibre e di minerali, soprattutto manganese e magnesio.

Polenta concia.

Da tutto questo è evidente che il grano saraceno è nostro cibo da molto più tempo che il grano turco e che la polenta di grano saraceno veniva fatta molto prima che non la polenta normale.
La polenta uncia viene cucinata nelle zone del lago di Como. Dopo aver preparato la polenta con un misto di farina di mais e grano saraceno nel paiolo, la si mischia ad un soffritto di abbondante burro, aglio e salvia con del formaggio tipico semüda o un semigrasso d'alpeggio fino ad ottenere un composto omogeneo.
La polenta concia è uno dei più noti piatti tipici valdostani e biellesi. Molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde, è conosciuta anche come "polenta grassa". Alla farina di mais viene aggiunto formaggio fuso d'Alpeggio. Solitamente la concia ha poca consistenza, cioè è più liquida; non ha una ricetta rigida, ma viene tendenzialmente preparata fondendo, a fine cottura, dei cubetti di Fontina e/o toma e/o latte e/o burro.
Nella variante valdostana, quasi a fine cottura vengono versati nel paiolo: Fontina, Toma valdostana e burro.
Nella variante biellese, il burro viene aggiunto nel paiolo, insieme alla toma o al Maccagno. Dal paiolo la polenta concia si versa nel piatto a mestolate, aggiungendovi poi sopra abbondante burro fuso.

Ciccioli.

Nel Piacentino la pulëinta consa consiste di strati sottili di polenta ricoperti di sugo e alternati con un'abbondante spolverata di Grana Padano.
La polenta con i ciccioli è una ricetta diffusa nella maggior parte dell'Italia settentrionale, assumendo diverse denominazioni. I modi di cucinare la polenta con i ciccioli sono sostanzialmente due. Nel primo, i ciccioli vengono cotti con la polenta, aggiungendoli all'impasto in differenti fasi della cottura, in ossequio alla specifica tradizione locale, come nel caso della pulëinta e graséi consumata nel Piacentino. Nel secondo modo, il più diffuso, i ciccioli vengono inseriti successivamente in una fetta di polenta abbrustolita, come nel caso della pulenta e grepule, tipica del Mantovano.
La polenta carbonera è un piatto della antica tradizione trentina della Valle del Chiese, che deriva dalla necessità dei contadini montani di consumare gli avanzi del formaggio, accompagnandoli appunto con della polenta. La particolarità e gustosità di questa polenta deriva dall'utilizzo del grano marano di Storo, che cresce nella Valle del Chiese e che viene ancora oggi messo ad essiccare all’aria sui ballatoi di legno: la sua granella rossastra e la presenza significativa di proteine e di amidi lo rendono assolutamente unico ed ideale per preparare una polenta morbida e fragrante.

Polenta carbonera.

La polenta carbonera è un piatto ricco, saporito, a base di salamella e formaggi di malga, che diventa una vera e propria squisitezza solo se si usa del formaggio tipico del Trentino come la spressa, che è originaria di Roncone ed ha un colore giallo intenso, un profumo particolare e una pasta magra e saporita.
Si accompagna bene a delle succulente salamelle o ad una minestra di cavoli, in abbinamento ad un buon vino rosso

Nella realizzazione di questi crostini si parte, come descritto nella ricetta, con la preparazione della polenta; nel mio caso ho utilizzato della polenta avanzata qualche giorno fa e conservata in frigorifero.

Crostini di polenta con crema di fagioli.

Ingredienti per 5-6 persone (circa 20 crostini).
250 g di farina per polenta;
250 g di fagioli cannellini in scatola;
½  litro di acqua;
½ litro latte intero;
2 cucchiai di olio di oliva;
1 cucchiaio di prezzemolo tritato;
1 pizzico di aglio in polvere
Sale e pepe q.b.

1 – Preparazione.
Frullate parte dei fagioli con un cucchiaio o due di acqua; lasciate il resto dei fagioli interi per completare i crostini.
Trasferite la crema ottenuta in una ciotola e condite con il sale, l’olio, il pepe, l’aglio in polvere e un poco di prezzemolo tritato.

2 – Cottura.
In una casseruola, far bollire l'acqua insieme con il latte con poco sale grosso; versarvi la farina per polenta, tutta in una volta, mescolando subito per evitare il formarsi di grumi; abbassate a fiamma e quindi cuocere per circa 30-40 minuti mescolando ogni tanto. A fine cottura (La polenta sarà cotta quando tenderà a staccarsi da sola dai bordi della casseruola).
Aggiungere un cucchiaio di olio EVO, quindi trasferite la polenta  in un contenitore di forma quadrata e livellate bene con una spatola umida.
Volendo è possibile preparare questi crostini utilizzando la polenta a cottura rapida (circa 8 min).
Coprire con un foglio di pellicola, per evitare che si formi la pellicina, e lasciarla raffreddare. Quando si sarà completamente solidificata ricavate delle strisce larghe circa 5 cm.
Ricavate da ogni striscia tanti quadrati, grigliateli da entrambi i lati su una piastra già rovente.

3 - Presentazione.
Condite i crostini di polenta con la crema di fagioli, decorate ogni crostino con qualche fagiolo intero e cospargeteli di prezzemolo tritato.

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