Il Carnevale è una festa cattolica e inizia con la Domenica di
Settuagesima e finisce il martedì precedente il mercoledì delle Ceneri che
segna l'inizio della Quaresima. Il momento culminante si ha dal giovedì grasso
fino al martedì grasso. Il Carnevale non ha ricorrenza fissa ma variabile e può
variare da febbraio a marzo.
Il periodo di carnevale è
considerato dalla chiesa come un momento per riflettere e riconciliarsi con Dio.
Si celebrano le Quarantore che si concludono la sera dell'ultima domenica di
carnevale.
Etimologicamente le
opinioni sono diverse: potrebbe derivare da Carna
aval (non mangiare carne), o da Carnalia
(festa romana dedicata a Saturno), o da carne
levamen (digiunare), o ancora da carrum
navalis (carro navale) carro allegorico su ruote che apriva la festa.
Il Carnevale ha radici antichissime: dai
festeggiamenti degli Egizi in onore della Dea Iside alle "Grandi
Dionisiache" greche in onore del Dio Bacco, fino ai Saturnali dell'epoca
romana, in cui venivano sospese le leggi in vigore.
Nell'antica
Roma i festeggiamenti in onore di Bacco si svolgevano lungo le strade della
città e prevedevano l'uso di maschere tra fiumi di vino e danze. Poi c'era la
festa di Cerere e Proserpina, che si svolgeva di notte dove tutti senza distinzioni
si univano per festeggiare. Poi c'era la festa dei Saturnali, dedicata a
Saturno; duravano sette giorni durante i quali gli schiavi diventavano padroni
e viceversa e veniva eletto il "Re della Festa" che organizzava i
giochi nelle piazze.
Questo rovesciamento delle
norme ha portato alla tradizione di mascherarsi, che dura tutt'oggi ed è il
tratto più caratteristico del Carnevale.
Poi iniziarono le Opalia,
in onore della dea Ope moglie di Saturno, e le Sigillaria, in onore di Giano e
Strenia; e in ricordo della lupa che allattò Romolo e Remo, i Lupercali che
erano considerate feste della fecondità.
Ma perché a Carnevale si
usa friggere? Tutti i festeggiamenti in passato chiamavano a raccolta un gran
numero di persone e quindi era necessario preparare dei dolci veloci e a basso
costo con l’aiuto di una bella fiamma. Da qui nasce la tradizione delle
chiacchiere, delle frittelle o dei tortelli.
Tanti i carnevali italiani che sono diventati
famosi e meritano una visita, come Cento, Acireale, Putignano, Ivrea,
Milano...ma due spiccano su tutti: il Carnevale di Viareggio e il Carnevale di
Venezia.
In molte città d'Italia sfilano carri allegorici
con maschere e vestiti tradizionali di Carnevale. È una festa molto attesa dai
bambini ma anche dai più grandi, con feste in piazza e nei locali, dove molto
spesso si organizzano concorsi per premiare i costumi e i vestiti di carnevale
più belli e originali.
Le chiacchiere, o cenci o frappe, ecc.
Quanti nomi hanno questi dolci fritti
tipici del Carnevale? Almeno tanti quante sono le regioni italiane. Come quasi
tutti i dolci tipici di questa festività, le chiacchiere portano con sé
l’antica tradizione romana dei
dolci fritti nel grasso di maiale per accontentare un gran numero di persone,
in poco tempo e con una spesa minima. I frictilia, così venivano chiamati tutti i dolci fritti come
chiacchiere, tortelli e frittelle, erano e sono tutt’ora molto amati
soprattutto, come dicevamo, per la velocità e facilità di preparazione. Senza
dubbio la ricetta delle chiacchiere portano alto il nome del Carnevale perché sono i dolci più
diffusi, interpretati in tanti modi diversi sia per il nome che per la
composizione della ricetta originale. Si tratta, in effetti, di preparazioni
dolci povere, realizzate con un impasto
semplice a base di farina, zucchero e uova e fritte in abbondante olio.
Il nome stesso rende l’idea del fatto che la loro forma sia irregolare,
movimentata, sempre diversa e perfetta per chi ha poco tempo.
Sebbene l’impasto base sia realizzato pressoché
con gli stessi e nelle stesse quantità, non è raro imbattersi in ricette che
prevedono l’aggiunta di liquori, panna, burro, spezie e cioccolato. Si sa, le tradizioni regionali impreziosiscono
ogni piatto rendendolo unico e inimitabile, ma noi ci soffermeremo sui numerosi
attribuiti a questi particolari
dolcetti
fritti. Le chiamiamo, per comodità, chiacchiere perché probabilmente è il nome
utilizzato in un numero maggiore di regioni e città: Sicilia, Calabria,
Basilicata, Campania, Puglia, Lazio e Umbria, ma anche Milano, Parma e Sassari.
Altrettanto famosi sono i cenci,
tipici della Toscana e arricchiti dal vin santo aggiunto all’impasto. Le bugie interessano soprattutto Genova e
Torino, i galani il Veneto
mentre le frappe Roma e Ancona.
Ma la fantasia non si esaurisce qui, perché le chiacchiere sono conosciute
anche come stracci, lasagne, crostoli, fiocchetti e risòle.
Sempre ricordando che ogni
regione vuole la sua personalissima ricetta di questi dolci fritti della
tradizione carnevalesca, si può affermare con certezza che hanno tutte un
comune denominatore legato alla consistenza e alla composizione di base della
ricetta. Le chiacchiere sono dolcetti fritti in abbondante olio bollente,
sempre molto friabili e realizzate con un impasto di farina, uova e zucchero
arricchito da panna, latte, burro o margarina. In alcuni casi, le chiacchiere
si realizzano formando un nodo intorno alle dita con una striscia di pasta o
intrecciando su sé stesso un rettangolo di pasta tagliato al centro. Una volta
fredde, le chiacchiere si spolverizzano con lo zucchero a velo che conferisce
loro la dolcezza tipica, essendo l’impasto in sé dal sapore neutro. C’è chi
decide di realizzarne una versione light cuocendo le chiacchiere in forno
invece che nell’olio o nel grasso di maiale anche se, come si può immaginare,
il risultato non soddisfa nello stesso modo.
Quest’anno
la Pasqua cade alla fine di marzo e quindi il carnevale si festeggerà a metà di
febbraio (a Milano, che si osserva il rito Ambrosiano, inizia martedì “grasso”
il 12 febbraio e termina sabato “grasso” il 16 febbraio).
Anche
per questa occasione la mia famiglia ha una ricetta per il dolce simbolo di
carnevale: “le chiacchiere”.
Ingredienti.
1 Kg farina tipo “00”;
250 g zucchero semolato (*);
6 uova (solo tuorlo);
150 g burro;
Scorza di 1 limone BIO grattugiata;
1 pizzico di sale;
¼ Vino bianco secco;
150 g di zucchero a velo per guarnire;
Olio di arachidi per friggere.
1
– Preparazione.
In una ciotola miscelare la farina, lo zucchero
semolato (usando lo zucchero a velo si riesce ad amalgamare meglio) e la scorza
di limone grattugiata.
In un padellino, fondere il burro senza farlo
bollire.
In una ciottolina mettere i tuorli d’uovo,
aggiungere il sale e sbattere il tutto.
Aggiungere alla farina e zucchero, il burro fuso, le uova sbattute ed il vino bianco amalgamando
bene dopo ogni aggiunta.
Impastare energicamente con le mani e formare una
palla, avvolgerla in una pellicola per alimenti e lasciar riposare per almeno 1
ora.
Fate passare l’impasto (1), di ogni porzione, una
dozzina di volte attraverso i rulli della sfogliatrice (manuale o elettrica
chiamata anche “nonna papera”), partendo dal massimo spessore sino ad arrivare
ad una sfoglia molto sottile (dovrebbe corrispondere alla posizione 6).
Adagiare le strisce di pasta, via via che si
ottengono, sul piano di lavoro e, utilizzando una rotellina a bordi seghettati,
ricavare delle strisce più piccole (12 cm x 5 cm).
Praticare, sempre con la rotella, al centro di
ogni chiacchiera un taglio per i 2/3 della lunghezza (2).
Prendere uno dei due bordi corti della chiacchiera
e passarlo attraverso la fessura centrale, ottenendo la forma arricciata tipica
di questo dolce (3); continuate sino ad esaurimento dell’impasto (4).
2
– Cottura.
In una padella a bordi alti, mettere abbondante
olio di semi; quando l’olio sarà ben caldo, immergervi 2-3 chiacchiere alla volta;
friggere da entrambi i lati e togliere appena prendono colore (5) .
Deporre le chiacchiere in un recipiente foderato
con carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
3
- Presentazione.
Quando le chiacchiere si saranno raffreddate,
disporle a strati su un ampio piatto da portata e, utilizzando
un setaccio a maglia fine, aggiungere abbondante zucchero a velo sopra ogni
strato (6).
(*)Usando lo zucchero a velo, al posto di quello semolato, le quantità divengono: 200 g per l'impasto e 150 g per la guarnizione finale.
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