martedì 28 aprile 2015

Riciclo (3) - Torta di polenta e mele.

La polenta (conosciuta anche come polenda  o pulenda, in Veneto come poenta) è un antichissimo piatto a base di farina di cereali.
Pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull'intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l'alimento base della dieta in alcune zone settentrionali alpine e prealpine di Lombardia, Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Trentino, Emilia e Friuli-Venezia Giulia, nelle quali è tuttora piuttosto diffuso.


Il cereale di base più usato è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XV secolo, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché si usava soprattutto farro o segale e, più tardivamente anche il grano saraceno, importato dall'Asia. La prima coltivazione di mais documentata nel Nord Italia risale a Lovere, in Val Camonica, da parte di un nobile, Pietro Gajoncelli che, nel 1658 pare che avesse importato i primi 4 chicchi di mais dalle Americhe.
La polenta è un ammasso semi-consistente costituito da un impasto di acqua e una farina (solitamente a grana grossa) di cereale.
Oggi la più comune in Europa è quella a base di mais, detto granoturco, cioè la classica polenta gialla.
Questa si versa nell'acqua bollente e salata, quindi cotta in un paiolo e rimestata con un bastone di legno di nocciolo, chiamato cannella (la tradizione vuole che sia di rame), per almeno un'ora. Tuttavia, le moderne polente hanno una più rapida cottura, cioè di alcuni minuti. La farina da polenta è solitamente macinata a pietra ("bramata") più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta viene presentata in tavola su di un'asse circolare coperta da uno straccio e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio o tagliata a fette, con un coltello di legno, o con un filo di cotone, dal basso verso l'alto.


Il termine polenta deriva dal latino puls, specie di polenta di farro (in latino far da cui deriva farina) che costituiva la base della dieta delle antiche popolazioni italiche. I greci usavano invece solitamente l'orzo.

domenica 26 aprile 2015

Trippa (3).....a modo mio.

Questa ricetta, in realtà è la terza che ha come ingrediente principale la trippa; dopo la trippa fritta e la trippa alla Milanese (descritta qualche giorno fa), ho preparato questo piatto aggiungendo alla trippa alla Milanese alcuni ingredienti previsti per la trippa alla Genovese: i pinoli, i funghi secchi e le olive Taggiasche.
Devo ammettere che il risultato mi à sembrato molto interessante.


Trippa (2).....a modo mio.

Ingredienti (per 4 persone) 
800 g di trippa di manzo (foiolo) (*);
230 g fagioli corona (lessati in scatola) (**);
150 g di pancetta affumicata;
80 g di olive taggiasche;
40 g di pinoli;
20 g di funghi porcini secchi;
1 carota;
1 costa di sedano;
1 scalogno;
1 ciuffetto di prezzemolo;
2 spicchi d’aglio;
5 cucchiai di olio EVO;
2 cucchiai di concentrato di pomodoro; 
4 bacche di ginepro;
Grana grattugiato a piacere;
Sale e pepe q.b.

1 – Preparazione. 
Mettete i funghi secchi in ammollo con acqua calda per almeno 30 minuti e, successivamente, strizzateli, tagliateli grossolanamente e conservate l’acqua dopo averla filtrata (per eliminate l’eventuale presenza di terriccio).
Lavate accuratamente la trippa e poi tagliatela a listarelle non troppo grandi.
Tritate finemente lo scalogno, la carota, il sedano, l’aglio, il prezzemolo e , dopo aver eliminato la cotenna, tagliate a dadini la pancetta.
Eliminate il liquido di conservazione dei fagioli. 
Schiacciate, con la lama di un coltello le bacche di ginepro. 

2 – Cottura. 
In un tegame (meglio se di coccio) mettete l’olio EVO, quindi aggiungete il trito di scalogno, sedano, carata, aglio e prezzemolo tritati.
Fate appassire il battuto a fuoco lento per 5 minuti;  successivamente unite la pancetta a dadini e fate rosolare per altri 5 minuti.
Aggiungete i funghi tagliati a pezzi, i pinoli e le bacche di ginepro; mescolate e fate insaporire per altri 5 minuti.
Unite quindi la trippa tagliata a listarelle e l’acqua di ammollo dei funghi; salate e mescolate molto bene.
Coprite con un coperchio e fate cuocere per una decina di minuti: la trippa inizierà a rilasciare la propria acqua
Aggiungete quindi il concentrato di pomodoro e lasciate cuocere lentamente per un’ora abbondante, aggiungendo un po’ di acqua calda se la trippa si asciugasse troppo.
A cottura quasi ultimata, aggiungete i fagioli scolati, le olive denocciolate,  aggiustate di sale e portate a cottura mescolando di tanto in tanto. 

3 - Presentazione. 
Impiattate e servite con abbondante grana grattugiato (se piace), una generosa spolverata di pepe e qualche fetta di pane tostato.


(*) In commercio si trova la trippa (normalmente foiolo) già tagliata a listarelle e precotta; io preferisco utilizzare la trippa non precotta poiché ha più sapore; richiede più tempo di cottura ma, utilizzando la pentola a pressione, è pronta in 30-40 min.

(**) Si possono utilizzare i fagioli secchi, al posto di  quelli in scatola; in questo caso, dopo averli lasciati a bagno per una notte, si cuociono in circa 30 min. in pentola a pressione.


Trippa (2) alla Milanese.

Nella tradizione gastronomica Lombarda e in particolare in quella milanese, sono spesso presenti preparazioni storiche dalle umili origini contadine: una delle ricette più famose è la trippa alla milanese che viene anche chiamata "busecca".
Sembra che in passato i milanesi ne fossero dei grandi consumatori, tanto che venivano chiamati scherzosamente “busecconi”.
Il vocabolo busecca deriva dalla parola tedesca butze, che significa viscere; italianizzando la parola, diventa buzzo e in dialetto lombardo busa, che significa pancia. Da qui poi il termine busecch (intestini, viscere) che diventa infine busecca.
La busecca era un piatto che accompagnava la vita dei contadini nelle occasioni importanti; veniva principalmente consumata la notte di Natale, quando i contadini si riunivano nelle stalle dopo la messa di mezzanotte ma, veniva preparata anche in occasione delle fiere e dei mercati del bestiame.
Esistono molte varianti in merito alla preparazione della Trippa alla milanese, dovuta al fatto che ogni famiglia, paese e città aveva una sua tradizione.
Questa ricetta e quella del prossimo post, sono i due modi di cucinare la trippa che normalmente io uso.

Trippa alla milanese.

Ingredienti (per 4 persone)
800 g di trippa mista (foiolo, cuffia, lampredotto) (*);
200 g di fagioli bianchi di Spagna (lessati in scatola) (**);
40 g di strutto;
100 g di pancetta tesa;
1 costa di sedano;
1 carota;
1 scalogno;
2 spicchi d’aglio;
dadi da brodo;
1-2 cucchiai di concentrato di pomodoro;
½ bicchiere di vino bianco secco;
4-5 chiodi di garofano;
3-4 bacche di ginepro;
2-3 foglie di salvia;
Grana grattugiato a piacere;
Pepe a piacere;
Sale q.b.

1 – Preparazione.
Lavate accuratamente la trippa e poi tagliatela a listarelle non troppo grandi.
Tritate finemente lo scalogno, la carota, il sedano, l’aglio e , dopo aver eliminato la cotenna, tagliate a dadini la pancetta.
Schiacciate, con la lama di un coltello, i chiodi di garofano e le bacche di ginepro.
Preparate del brodo con i dadi, 1 litro di acqua e mantenetelo ben caldo.

2 – Cottura.
In una casseruola, mettete lo strutto e fatelo sciogliere a fuoco moderato.
Unite il trito di scalogno, aglio, sedano, carota e fate soffriggere il tutto per 5 min.
Aggiungete la pancetta e le foglie di salvia; fate rosolare per altri 5 min, quindi sfumate con il vino bianco continuando a mescolare.
Quando il vino sarà completamente evaporato, aggiungete la trippa e, sempre a fuoco moderato, fatela asciugare.
Unite il concentrato di pomodoro, pepate e aggiungete del brodo caldo, tanto da consentire la cottura prolungata.
Coprire e fate cuocere per almeno un’ora a fuoco moderato, sempre controllando che non si asciughi troppo.
Trascorsa l’ora, la trippa dovrebbe essere quasi cotta; aggiungete i fagioli bianchi in scatola scolati e rimescolate, continuando la cottura per altri 15 min. o comunque fino a quando la trippa sarà cotta e avrà raggiunto una consistenza densa.
Nel caso asciugasse troppo, aggiungete altro brodo caldo.
La cottura della trippa alla milanese richiede molto tempo: se volete risparmiarne almeno la metà del tempo, potete utilizzare la pentola a pressione, almeno per la prima fase di cottura (quella che richiede un ora), prima di aggiungere i fagioli.
In questo caso il tempo di cottura può essere ridotto a circa mezz’ora.
Se volete, potete sostituire i fagioli bianchi con i borlotti.

3 - Presentazione.
A cottura ultimata, aggiustate di sale e servite la trippa alla milanese in ciotole di cotto, accompagnandola con crostini di pane e, se piace,  un ampia spolverata di grana grattugiato.

(*) In commercio si trova la trippa (normalmente foiolo) già tagliata a listarelle e precotta; io preferisco utilizzare la trippa non precotta poiché ha più sapore; richiede più tempo di cottura ma, utilizzando la pentola a pressione, è pronta in 30-40 min.

(**) Si possono utilizzare i fagioli secchi, al posto di  quelli in scatola; in questo caso, dopo averli lasciati a bagno per una notte, si cuociono in circa 30 min. in pentola a pressione.

venerdì 24 aprile 2015

Trippa fritta (1).

La trippa è una frattaglia, costituita dalle diverse parti dello stomaco dei ruminanti (bovini, ovini, caprini e bufalini); non è affatto l'intestino come molti erroneamente credono, fatta eccezione per la Lombardia che, con questo nome, comprende anche la prima parte dell'intestino tenue del bue e del vitello, dall'aspetto di un nastro ricco di ghiandole e sormontato da una parte riccia da cui deriva appunto il nome (è una parte molto saporita ma piuttosto grassa). Oltre allo stomaco dei ruminanti, viene usato anche quello del maiale (il cosiddetto "trippino") e, molto raramente, specie in Abruzzo, la trippa dell'agnello

Trippa riccia + cuffia

Più precisamente, l'apparato digerente dei ruminanti è costituito da tre prestomaci (rumine, reticolo ed omaso) e da uno stomaco vero e proprio:

  • il rumine, dalla forma di un grosso sacco rigonfio (il più grande dei tre prestomaci), è atto a contenere tutto il cibo ingerito e viene chiamato anche "croce", "crocetta", "pancia", "trippa liscia" e "busecca"; è particolarmente saporito e piuttosto magro;
  • il reticolo, un sacco più piccolo collegato al rumine, ha una struttura spugnosa con un gran numero di rilievi incrociati a forma di lamina aventi la funzione di trattenere il cibo grossolano e lasciar passare nell'omaso quello sminuzzato; viene chiamato anche "cuffia", "nido d'ape", "bonetto" e "beretta"; anche il reticolo, come il rumine, è gustoso e piuttosto magro;
  • l'omaso è un sacco costituito da molte lamine che servono a trattenere le particelle di cibo grossolane e lasciar passare nell'abomaso quelle più fini; viene chiamato anche "millefoglie", "foiolo", "centopelli" e "libro": è la parte della trippa dal sapore più delicato;
  • l'abomaso, infine,  il vero stomaco nel quale iniziano le secrezioni gastriche per preparare ciò che rimane al passaggio verso l'intestino; viene chiamato anche "frangiata", "riccia", "riccioletta" e "lampredotto".
L’uso della trippa in cucina è molto diffuso, in Italia, in quanto questo alimento è molto antico. Ogni regione ha una propria ricetta caratteristica legata a questa frattaglia: troveremo la trippa alla romana, alla fiorentina, alla bresciana, alla milanese, alla sarda e così via! E’ un eccellente secondo piatto che va consumato specialmente nei mesi più freddi.
Solitamente la trippa che si trova in macelleria è quella bianca, già pulita ed anche parzialmente lessata. Per sbiancare la trippa però, vengono utilizzati dei detergenti chimici che la deteriorano, alterandone le qualità organolettiche.

Cuiffia


Se vi servite da un macellaio di fiducia , potete chiedere il tipo definito grigio (o scura), che viene lavata accuratamente e appena sbollentata. Questo tipo di trippa, per il suo colore, non si presenta molto bene e necessita una cottura più lunga ma, per contro, più saporita e gustosa.
Il tipo scuro può essere conservato in frigo per 3 giorni avendo subito pochi trattamenti; il tipo bianco, fino a 4-5 giorni.
E’ sconsigliata a chi soffre di colesterolo e gotta.

giovedì 23 aprile 2015

Ravioli di patate e speck al burro fuso e Raspadüra.

La raspadüra è un modo di servire il formaggio grana presentandolo come sottilissime sfoglie, raschiate con un particolare coltello da una forma di Tipico Lodigiano oppure di Grana Padano giovane, stagionato dai quattro ai sei mesi.

Raspadüra.

La raspadüra è tipica della gastronomia lodigiana, ma è diffusa anche nei territori limitrofi delle province di Pavia e Cremona, dove conserva lo stesso nome. La raspadüra viene solitamente servita come antipasto, spesso accompagnata da salumi, noci o funghi, ma può anche essere utilizzata per guarnire primi piatti come il risotto o la polenta.
La raspadüra nacque come cibo povero: in passato era ricavata da forme di Granone Lodigiano imperfette, mentre oggi sono impiegate forme sane, di stagionatura adatta per essere tagliate senza sfaldarsi.

Raspadüra.

Le forme di Granone Lodigiano prodotte nelle casere delle cascine, entro il sesto mese venivano verificate per guasti di stagionatura: potevano presentare dei difetti di compattezza, crepe o bolle interne, che si sentono martellando le forme: allora il casaro scartava le forme difettose, che venivano tagliate a metà e talvolta donate ai contadini della cascina, ma più comunemente portate a Lodi per essere vendute come raspadüra. Dunque la raspadüra fu dapprima un sottoprodotto della lavorazione del grana, a basso costo per i poveri che non potevano permettersi il formaggio stagionato da grattugia, mentre ora è una pietanza ricercata anche da golosi gourmet.
In molti paesi del Lodigiano, in occasione dei giorni di mercato, è possibile assistere ancora oggi alla raspada, ossia la raschiatura delle forme di formaggio grana giovani, che va fatta sul momento a richiesta del cliente.
Raspadüra è un termine della lingua lombarda occidentale che in italiano significa raschiatura: le sottili lamine di raspadüra sono, infatti, raschiate progressivamente dalla superficie della mezza forma con l'aiuto talvolta di un tornio manuale che fa girare su sé stesso il formaggio, e di un particolare coltello flessibile, piatto e ricurvo che nei mesi più freddi può essere anche scaldato, in modo da ottenere nastri soffici di grana che si arriccino su loro stessi.

Ravioli di patate e speck al burro fuso e Raspadüra.

Ingredienti (per 6-8 persone)
Per la pasta all’uovo:
250 g farina 00;
50 farina di grano tenero integrale;
3 uova;
1 pizzico di sale.
Per il ripieno:
300 g patate giù lessate;
100 g speck a fette;
1 cucchiaio di olio EVO;
1 uovo;
60 g parmigiano grattugiato;
Sale e pepe.
Per il condimento:
100 g d speck tagliato a fette;
100 g di Raspadüra;
Burro q.b.
Qualche foglia di salvia;
Pepe nero macinato fresco a piacere.

1 – Preparazione.
Prepariamo il ripieno dei ravioli.
Lessate le patate e fatele raffreddare e pelatele.
Tagliate a listarelle lo speck e fatelo rosolare brevemente in un tegame con un cucchiaio d’olio evo.
In una ciotola mettete le patate schiacciate, lo speck fatto rosolare, 1 uovo, il grana grattugiato, sale e pepe (1).

Sequenza 1.

Amalgamate il tutto molto bene, correggete di sale (se necessario), coprite e lasciate riposare sino al suo utilizzo (2).
Prepariamo la pasta all’uovo.
In una ciotola versare le farine, aggiungere le uova e un pizzico di sale (3). Mescolate poco per volta con le mani, amalgamando man mano la farina, sino ad ottenere un composto liscio, che farete riposare avvolto con pellicola a temperatura ambiente per almeno mezz’ora (4).

Sequenza 2.

A questo punto, con il mattarello o, come nel mio caso, con la sfogliatrice (manuale o elettrica che sia), stendete porzioni di pasta dello spessore che più vi aggrada (5); con questo tipo di ripieno io preferisco avere una sfoglia molto sottile, dato che il ripieno stesso non richiede una cottura lunga. Considerate che più spessa sarà la pasta e più lungo dovrà essere il tempo di cottura; più tempo i ravioli, restando all’aria, seccheranno e più tempo dovranno cuocere.
Prepariamo i ravioli.
Utilizzando un coppa pasta da 8 cm. di diametro (un bicchiere o una tazzina), ricavate dei dischi di pasta (6). Riempite un sac-a-pche con il ripieno (o più semplicemente usando un cucchiaio) e distribuite il ripieno al centro di ogni disco di pasta (7).

Sequenza 3.

Con la punta di un dito, inumidite leggermente il bordo del disco di pasta, ripiegatelo a mezzaluna e premete leggermente lungo il bordo per far aderire i due lembi (8). Con i rebbi di una forchetta, premete lungo tutto il bordo del raviolo (9).
Posizionate i ravioli pronti su un panno, spolverate con un poco di farina e copriteli con un panno pulito.
Continuate con la stesa procedura siano esaurimento degli ingredienti.

Ravioli di patate e speck.

2 – Cottura.
Mettete a bollire una pentola con dell’acqua salata (8-10 g di sale per litro d’acqua). Raggiunto il bollore, tuffate i ravioli, mescolate e portate a cottura; ci vorranno circa 10 min.; come accennato prima, il tempo è indicativo e dipende dai motivi succitati.
Nel frattempo, in un’ampia padella fate fondere il burro, aggiungete le foglie di salvia e fate rosolare, a fuoco moderato, per 4-5 min.
Unite lo speck, tagliato a listarelle e continuate a rosolare per altri 3-4 min.
A questo punto i ravioli saranno cotti, scolateli e aggiungeteli nella padella con la salvia e lo speck, unitamente con un ½ mestolo di acqua di cottura dei ravioli.

3 - Presentazione.
Fate quasi completamente asciugare e servite con una spolverata di pepe nero (macinato fresco) e un ciuffo di Raspadüra.